L'ultimo samurai

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Un film di Edward Zwick. Con Tom Cruise, Ken Watanabe, William Atherton, Billy Connolly.
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Titolo originale The Last Samurai. Avventura, durata 144 min. - USA 2003. MYMONETRO L'ultimo samurai * * * 1/2 - valutazione media: 3,52 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Alessandra Vitali

La Repubblica

Tu pensi che un uomo possa cambiare il suo destino?" "Io penso che un uomo fa ciò che può, finché il suo destino non si rivela". Il destino del capitano Algren è nel Giappone della seconda metà dell'Ottocento. Non in quell'America conquistata col Winchester, sterminando cheyenne innocenti, al comando del generale Custer, "un omicida innamorato della sua stessa leggenda". E' per cancellare quel livido impresso sulla propria coscienza che Algren passa "di là". Dalla parte di una storia millenaria destinata, comunque, a soccombere sotto i colpi di un progresso che non risparmia più nessuno. Emblema di quella storia, è L'ultimo samurai.
Arriva al cinema il 9 gennaio (distribuito da Warner Bros) il film più atteso di quest'inizio d'anno, diretto da Edward Zick (Vento di passioni, Glory, Attacco al potere), protagonista Tom Cruise, affiancato da Ken Watanabe. Puro kolossal hollywoodiano, mix di dramma epico, ideali alti, grandi battaglie, gesta d'amore e d'onore. Minore del previsto il successo al botteghino negli Usa (perché snobbato da gran parte della critica), L'ultimo Samurai si è però già aggiudicato, buon viatico per gli Oscar, tre nomination ai Gloden Globes: attore protagonista (Cruise), attore non protagonista (Watamabe), colonna sonora originale (Hans Zimmer). "E' una storia sull'incontro delle culture - ha detto Tom Cruise durante la presentazione del film, a Roma -, un film sulla conoscenza. Che è l'unico strumento che abbiamo per vincere ingiustizie e intolleranze".
In L'ultimo samurai, Cruise è un reduce della Guerra Civile che non si perdona di aver sterminato una tribù di indiani. Alcolizzato, gira per le fiere pubblicizzando armi. Poi, viene ingaggiato, suo malgrado, dall'imperatore del Giappone: l'esercito del Sol Levante ha bisogno di essere modernizzato, per liberarsi dei samurai. Lui è la persona adatta. Parte, ci prova, fallisce. Viene fatto prigioniero. E incontra il Bushido, "la via del guerriero". Eccolo, il destino che si rivela. E che gli permette di ritrovare l'onore, smarrito durante una strage di pellerossa innocenti.
Non ne escono bene, gli americani. Anzi, nel film non è difficile intravedere una critica alla politica Usa di ingerenza nelle culture "altre". Una questione che tuttavia Cruise non affronta direttamente, "non penso alle possibili reazioni quando giro un film - dice -, per me si tratta sempre di un percorso personale". Certo, precisa il regista Edward Zwick, anch'esso alla conferenza stampa, "un film è sempre il prodotto di chi lo fa, al suo interno c'è sempre un'emanazione di certe inclinazioni personali".
Ma la traccia più profonda, nell'animo di Cruise, l'ha lasciata la cultura dei samurai, "valori che mi appartengono in quanto essere umano: onore, assunzione delle responsabilità, compassione intesa come volontà di aiutare chi ti è vicino". Parla della sua appartenenza a Scientology, "una filosofia che rispecchia la mia attitudine alla solidarietà: da sempre aiuto analfabeti, alcolisti, tossicodipendenti".
Qualche segno, fisico, l'ha lasciato anche l'allenamento necessario a Cruise per interpretare quel ruolo, maneggiare le spade, combattere come un samurai. "Quando Zwick mi ha proposto il film mi ha preso un colpo, non riuscivo nemmeno a fare così..." e sale sul tavolo, si piega fino a toccarsi le punte dei piedi. "Mi ci sono voluti quattro mesi solo di stretching - spiega - e ogni giorno mi esercitavo con le spade. Ho fatto un doppio allenamento, quello cinese e quello giapponese. Alla fine, ce l'ho fatta".
Ma c'è un aspetto sul quale Cruise torna più volte: "Spero che L'ultimo samurai rappresenti anche un'occasione per avvicinarsi ad una cultura diversa dalla nostra. L'ignoranza è il rischio più grande per l'umanità, da lì nascono il razzismo, le ingiustizie, la violenza, il mancato rispetto delle diversità. Ed è ciò che da sempre cerco di insegnare ai miei figli, e a chi mi è vicino. Noi siamo quello che abbiamo - conclude -, e siamo un tutt'uno. E dobbiamo aiutarci a vicenda".
Da La Repubblica, 7 gennaio 2004


di Alessandra Vitali, 7 gennaio 2004

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