Kill Bill - Volume 1

Roberto Nepoti

Edizione mediatica degli antichi messìa, i film epocali vengono a dividere i padri dai figli. I "padri" - ma l'anagrafe c'entra poco - sono coloro per i quali Kill Bill è un videogame citazionista eccessivamente truculento; i "figli", quelli che lo trovano un capolavoro. Come spesso avviene ai capolavori, una miscela sapiente di tradizione (tematica) e innovazione (stilistica).
Di superclassico c'è il soggetto, una storia di vendetta a carattere tragico-fiabesco con riti d'iniziazione, oggetti magici, aiutanti e oppositori e tutto il resto. Uscita da quattro anni di coma, la "Sposa" stila la lista dei suoi carnefici e inizia il massacro. Non è che della trama, per ora, si capisca (si debba capire) molto di più, ma non importa; se aspettiamo con impazienza la seconda parte, prevista a febbraio, è perché vogliamo un'altra dose d'immagini leggendarie pari a quelle che la prima ci regala in abbondanza.
Quanto alle obiezioni dei "padri", c'è del vero: Kill Bill è una "spremuta" (così lo definisce il regista) corretta all'emoglobina di film di spada cinesi, yakuza, spaghetti western, cartoon, giallo all'italiana, telefilm di culto, balletto (i combattimenti all'arma bianca) e di tanti altri elementi-base attinti a piene mani dal magazzino della cultura pop. E allora, dove sta il problema? Che cosa ci si poteva aspettare da Tarantino se non un oggetto filmico molto pop, molto splatter, postmoderno, post-tutto, con mutilazioni, corpi in frammenti, sangue a fiotti (tanto che, nella sequenza più truculenta, Quentin sceglie il bianco e nero)? A descriverlo così, magari riconoscendone contemporaneamente i virtuosismi di linguaggio, sembra il film-manifesto della società delle merci, tutto spettacolo niente contenuti.: il videogame in questione, appunto. Invece è esattamente l'opposto.
Là dove il videogame è, per definizione, il più calcolato e ripetitivo degli oggetti visivi, Quentin introduce la dismisura come criterio stesso della rappresentazione. Il che non vuol dire solo la Sposa solitaria che massacra quaranta ladroni armati di sciabola: significa sproporzione premeditata delle parti, con episodi corti alternati a episodi lunghi, ripetizioni, anticipazioni, apertura di pause liriche da citare nelle future storie del cinema (vedi il combattimento nella neve, tra Kurosawa e Kitano). Non basta. A scavare ancora in po' sotto la superficie, vedi che Tarantino riscopre (a suo modo) perfino i "valori": il rispetto per l'infanzia, la lealtà, la fiducia in se stessi - perché no? - la vendetta.
Da La Repubblica, Domenica 26 ottobre 2003


di Roberto Nepoti, Domenica 26 ottobre 2003