Bad Boys II

Roberto Nepoti

Lo spettatore che ama i blockbuster lo sa bene: il marchio di fabbrica del produttore Jerry Bruckheimer ( La maledizione della prima luna) è l'esagerazione. Per non sbagliare, lui nei film ci mette tutto, contando di acchiappare così il più vasto dei pubblici possibili. Con Bad Boys II, però, ha esagerato. Ha preso la prima coppia di poliziotti black del cinema d'azione hollywoodiano (il prototipo è del 1995) e l'ha messa in un baraccone che mescola il buddy-movie famigliare e l'actioner violento senza soluzione di continuità; come dire? una scena di morti ammazzati e una gag, una strage e un duetto comico, una scenetta e un crash di auto che si alternano per la durata (eccessiva) di due ore e mezza.
I poliziotti Mike il rompicollo (Will Smith) e il suo partner Marcus (Martin Lawrence), tranquillo padre di famiglia, devono mettere fine al traffico di ecstasy che, sotto il controllo del crudele Hector Juan Carlos Tapia, ha inondato Miami. Per ottenere lo scopo non si negano nulla: basti dire che, in un solo inseguimento d'auto, distruggono ventidue vetture e un motoscafo, roba che l'ispettore Callaghan neanche in tutta la carriera. Mentre massacrano un gruppo di cattivi intonano un rap e ci scappa anche la pallottola sparata, per errore, da Mike nelle natiche di Marcus: segue gag comica passabilmente razzista, con equivoci e doppi-sensi che fanno passare i due per omosessuali salaci.
Se il senso dello humour, fatalmente basato sulla contrapposizione di caratteri, non è granché, la scelta a priori dell'esagerazione determina anche un'escalation di violenza, vistosamente compiaciuta e che non fa di Bad Boys II quel che si dice un film per famiglie.
Tra un botto e una carneficina, il film di Michael Bay (il quale, convinto di essere un autore, si riserva anche un cammeo come faceva Alfred Hitchcock) ci offre un coito tra ratti e una serie di altre amenità che rendono la storia, volta a volta, più incongrua o più gratuita (una incongruenza fra tutte: come può Mike, poliziotto onesto, permettersi una Ferrari, quando l'agente Harrison Ford dell'imminente Hollywood Homicide deve fare il doppio lavoro per campare?).
Ma il colmo arriva nell'epilogo, dove Mike e Marcus se ne vanno a Cuba per combattere contro le truppe di Fidel (li aiuta la resistenza cubana), prima di risolvere la partita in un campo minato di Guantanamo.
Chiamatelo video-game (ovviamente, neppure interattivo), o come altro volete, un prodotto del genere è uno pseudo-film liminale, costruito sulle rovine del cinema precedente. Che ormai, per tipi come Bruckheimer, è diventato soltanto un supemarket dove rifornirsi nelle crisi di bulimia.
Da La Repubblica, Domenica 26 ottobre 2003


di Roberto Nepoti, Domenica 26 ottobre 2003