gianmarco.diroma
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mercoledì 3 novembre 2010
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un'ora sola ti vorrei e tarnation a confronto
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Gli anni di produzione sono praticamente gli stessi: 2002 per Un'ora sola ti vorrei, 2003 per Tarnation. Gli anni dei rispettivi girati hanno invece due percorsi diversi e soprattutto vengono trattati in maniera opposta. Se Jonathan Caouette lascia che la sua figura entri a fare parte nella storia che racconta (anzi ne è il pilastro!... Nel senso che il tema del film infondo risiede nell'interrogarsi in prima persona sul ruolo della pazzia della madre nella propria vita e quanto questa lo abbia influenzato), Alina Marazzi non si spinge oltre l'utilizzo della propria voce fuori campo, per entrare, in punta di dita, tra le pieghe delle pagine dei diari e delle cartelle cliniche della madre Luisa Hoepli Marazzi, tra le pieghe cioè di una vita spezzata, resa infelice da un padre ingombrante, da un amore per il marito Carlo, incapace di vincere sulla depressione, di un amore per i figli in grado solo di accendere spirali di sensi di colpa a causa di un sentimento di inadeguatezza nei confronti di qualsiasi forma di vita, a cui, Luisa, non si sente adatta.
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Gli anni di produzione sono praticamente gli stessi: 2002 per Un'ora sola ti vorrei, 2003 per Tarnation. Gli anni dei rispettivi girati hanno invece due percorsi diversi e soprattutto vengono trattati in maniera opposta. Se Jonathan Caouette lascia che la sua figura entri a fare parte nella storia che racconta (anzi ne è il pilastro!... Nel senso che il tema del film infondo risiede nell'interrogarsi in prima persona sul ruolo della pazzia della madre nella propria vita e quanto questa lo abbia influenzato), Alina Marazzi non si spinge oltre l'utilizzo della propria voce fuori campo, per entrare, in punta di dita, tra le pieghe delle pagine dei diari e delle cartelle cliniche della madre Luisa Hoepli Marazzi, tra le pieghe cioè di una vita spezzata, resa infelice da un padre ingombrante, da un amore per il marito Carlo, incapace di vincere sulla depressione, di un amore per i figli in grado solo di accendere spirali di sensi di colpa a causa di un sentimento di inadeguatezza nei confronti di qualsiasi forma di vita, a cui, Luisa, non si sente adatta. Il suo posto nel mondo le sembra irraggiungibile. E Alina Marazzi, documenta questa presa di coscienza della madre (a cui segue un esito ben più tragico rispetto a Tarnation, dove, invece, l'esistenza rancorosa e molteplice del giovane Jonathan non riesce a vincere sull'amore che prova nei confronti della madre Renée, che alla fine del film, va a vivere, accolta, a casa del figlio a New York) con uno stile che è sempre pulito, che conserva una certa distanza dalla materia narrata. Tutto sembra dovere esser raccontato nel rispetto di una famiglia, la famiglia d'origine della regista, il cui peso si avverte prepotentemente. Se la famiglia in Tarnation è molteplice (nel senso che ha molte pieghe), in Un'ora sola ti vorrei, è monolitica, se ne avverte il dito puntato nei confronti di Luisa Hoepli Marazzi, figlia incapace di essere figlia ed anche inadatta ad essere madre. Ma è l'ascolto di questo dramma che è diverso. Jonathan Caouette, conosce la diversità, l'ha vissuta sulla propria pelle (e non mi riferisco ad una diversità di natura solamente sessuale): e conoscendo la diversità (una diversità di gusti e di sensibilità per una certa attitudine costante alla sfida ed alla ricerca di un format che sia in grado di riflettere gli squarci della sua anima ferita e letteralmente sanguinante!) di cui si nutre il mondo da cui proviene e quello in cui sceglie di vivere (a New York, nel mondo della recitazione), può accogliere il dolore della madre e sublimarlo con il profondo amore che lo spinge verso di lei. Alina Marazzi non ha nemmeno il dato anagrafico ad averla aiutata: quando la madre si suicida ha solo 7 anni. Troppo piccola per imporsi sul dolore della madre con il suo di amore. Troppo piccola per avere una propria idea di mondo da anteporre a quella della propria famiglia di origine, gli Hoepli. Ed è per questo motivo che Luisa Hoepli Marazzi muore, mentre Renée Leblanc vive: perché la prima non viene ascoltata, mentre la seconda trova qualcuno che la ama veramente con tutto sé stesso!
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stefano capasso
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mercoledì 20 marzo 2019
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la memoria che ricostruisce
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Alina Marazzi da la voce ai diari e alle lettere della madre Luisa, e, montando tutte le immagini di repertorio girate dai componenti della sua famiglia che avevano a disposizione delle macchine da presa sin dagli anni 20, ricostruisce un ritratto della madre morta suicida in seguito ad una grave crisi depressiva. Alina ha perso la mamma che era molto giovane e la sua necessità di ricostruire l’affettività della madre, messa in severa crisi dalla malattia, è il suo tentativo per riavvicinarla. I filmati home made trasudano amore e malinconia, grazie all’ingenuità dello stare di fronte ad una cinepresa tipica del secolo scorso che ogni componente della famiglia riesce a trasmettere.
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Alina Marazzi da la voce ai diari e alle lettere della madre Luisa, e, montando tutte le immagini di repertorio girate dai componenti della sua famiglia che avevano a disposizione delle macchine da presa sin dagli anni 20, ricostruisce un ritratto della madre morta suicida in seguito ad una grave crisi depressiva. Alina ha perso la mamma che era molto giovane e la sua necessità di ricostruire l’affettività della madre, messa in severa crisi dalla malattia, è il suo tentativo per riavvicinarla. I filmati home made trasudano amore e malinconia, grazie all’ingenuità dello stare di fronte ad una cinepresa tipica del secolo scorso che ogni componente della famiglia riesce a trasmettere. Alina Marazzi in qualche modo appartiene ad una famiglia di videomaker, e proprio il video diventa lo strumento di recupero di una grande parte della sua vita. Emerge drammaticamente il periodo di ricovero nella clinica psichiatrica della madre, dove si alternano momenti di lucidità ad altri di buio e dove appare come un drammatico fil rouge l’assenza totale dell’affettività che quel tipo di trattamento comportava insieme al progressivo annullamento dell’identità della persona, invece assolutamente necessarie alla persona sofferente. Un documentario molto bello che ha l’intensità emotiva e la forza narratrice di un film di finzione.
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mavi
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lunedì 9 marzo 2009
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un'ora sola ti vorrei
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un film coinvolgente, bello, intenso che ti lascia l'amaro dentro perchè se la protagonista fosse nata oggi si poteva evitare la fine così tragica. Una donna molto sensibile, che pretendeva tanto da se stessa e dagli altri. una donna dimenticata,lasciata da sola in una casa di cura dove lucidamente giorno per giorno prendeva coscienza della sua impotenza nello sconfiggere la sua depressione, dovuta al voler assolutamente che il padre, il marito l'amassero per quello che era e basta.
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