Marathon - Enigma a Manhattan

Un film di Amir Naderi. Con Sara Paull Drammatico, durata 74 min. - USA 2002.
   
   
   

Una New York così, mai vista! Valutazione 5 stelle su cinque

di Gianni Quilici


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venerdì 27 marzo 2009

Trilogia e film forse unico su New York, “Marathon”, tanto straordinario quanto poco visto del regista iraniano Amir Naderi, non inferiore a Kiarostami, anche se largamente meno conosciuto. “Marathon” è infatti un film, che (ci) dà la sensazione di esserci interamente lì nella megalopoli con tutti i sensi accesi: la vista, l’udito; perché è un film che, nel suo realismo quasi documentaristico, punta all’eccesso, allo stravolgimento. E’ un film su due realtà che coesistono loro malgrado, ma che potrebbero essere considerate anche come separate. Primo: la ragazza. Il volto di lei abbassato sui PPP del cruciverba, con i bei capelli che spiovono, ripreso, osservato, scrutato attraverso tutti i piani e molte angolazioni, bellissimo anche quando non lo è: naturale sempre, concentrato, perso, lontano, stanco, angosciato, infuriato. La ragazza come desiderio-ossessione di superare quel suo record: i 77 cruciverba risolti in 24 ore. Eccola allora impegnata a riempire le caselle, a consultare il vocabolario, a segnare in numeri progressivi e a punzonare i cruciverba via via ultimati; ecco le incertezze, gli indugi, le perdite di tempo, le intrusioni, i passaggi da un metro ad un altro fino ad arrivare al delirio: esacerbazione e disperazione, distruzione e autodistruzione. Una lotta comunque e sempre con se stessi, con i propri limiti, una concentrazione e una disciplina massime… Sequenza bellissima: di fronte ad un gruppo musicale, artigianale negli strumenti, nel subway del metro, sull’onda di una musica antica e tambureggiante, sola tra la folla assiepata, lei guarda, ma senza vedere, come se inseguisse un pensiero, in una sorta di schizofrenico impasse. Secondo: New York. L’infinita e sempre diversa ripetizione di uno scenario urbano che muta, sembrando sempre uguale nella intercambiabilità della folla, di questo andare e venire ossessivo, nella presenza costante, soffocante di un frastuono uniforme di voci e rumori: lo sferragliare, lo stridere, lo strepitio, il cigolio del metro che parte, si arresta, apre e chiude le portiere, riparte. Il silenzio appare un miracolo, la salvezza: una strada deserta, il volo degli uccelli, lo sguardo sulla città alta. Il finale è la sintesi che non chiude la dialettica, ma anzi la apre di nuovo e sorprendentemente. Lei apre la finestra e … miracolo: vede, ritrova sguardo e stupore, esce fuori dal guscio in cui estremisticamente si era rintanata ed è partecipe commossa della magìa di una città inaspettatamente bianca e silente . Ecco un film che meriterebbe di essere visto non da tutti, la maggioranza forse non lo accetterebbe, ma da coloro ( e non sono pochi), che amano uno sguardo diretto, forte, appassionato, di un realismo così autentico da diventare quasi metafisico.

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