luca scialò
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sabato 23 ottobre 2010
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sdramatizzazione dei problemi psicologici
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I partecipanti ad una terapia psicologica di gruppo sono spiazzati dalla morte dell'anziana psicologa che li seguiva. Il gruppo è ben assortito dal punto di vista dei disturbi psicologici: c'è Gegè che patisce l'autorità e la freddezza del padre, proprietario di una fabbrica di orologi, il quale ha arrecato in lui una profonda insicurezza e costante ansia; c'è Flavia, professoressa, che insegue un amore impossibile con un uomo sposato che vuole usarla solo come amante e non vuole costruire nulla di serio con lei; c'è Chiara, studentessa universitaria che insegue un fantomatico amore virtuale; c'è Ernesto che dopo un tradimento, è stato cacciato dalla moglie e prende tutte le notti un treno per poi ritornare a Roma la mattina; c'è Gabriella che non accetta di invecchiare e passa le notti in compagnia del gigolò di turno; c'è Marco che non riesce ad avere rapporti umani malgrado un lavoro creativo in costante contatto col pubblico; c’è Luca, un critico d’arte omosessuale che non riesce a concretizzare il suo amore con un uomo sposato; c’è Alfredo, cattolico bigotto che non reggerà la morte della psicologa.
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I partecipanti ad una terapia psicologica di gruppo sono spiazzati dalla morte dell'anziana psicologa che li seguiva. Il gruppo è ben assortito dal punto di vista dei disturbi psicologici: c'è Gegè che patisce l'autorità e la freddezza del padre, proprietario di una fabbrica di orologi, il quale ha arrecato in lui una profonda insicurezza e costante ansia; c'è Flavia, professoressa, che insegue un amore impossibile con un uomo sposato che vuole usarla solo come amante e non vuole costruire nulla di serio con lei; c'è Chiara, studentessa universitaria che insegue un fantomatico amore virtuale; c'è Ernesto che dopo un tradimento, è stato cacciato dalla moglie e prende tutte le notti un treno per poi ritornare a Roma la mattina; c'è Gabriella che non accetta di invecchiare e passa le notti in compagnia del gigolò di turno; c'è Marco che non riesce ad avere rapporti umani malgrado un lavoro creativo in costante contatto col pubblico; c’è Luca, un critico d’arte omosessuale che non riesce a concretizzare il suo amore con un uomo sposato; c’è Alfredo, cattolico bigotto che non reggerà la morte della psicologa.
Il gruppo tenterà prima di trovare un nuovo psicologo, e poi di autogestirsi. Tra un tentativo fallito e un altro, le loro vite vanno comunque avanti, tra mille difficoltà ma anche qualche svolta.
Verdone torna a raccontare il genere umano, ponendo sotto la lente d'ingrandimento le sue debolezze, le sue ansie, le sue paure, le sue insicurezze. Un buon film, che serve soprattutto a sdrammatizzare drammi umani che dall'esterno possono apparire futili problemi del quotidiano, ma per chi li vive possono sfociare in tragedia. Azzeccatissimo il cast, ben assortito, come le storie che la sceneggiatura ci propone.
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aratos
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sabato 4 settembre 2010
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la commedia di otto drammi della vita
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Non sempre i film che fanno meno successo sono i peggiori. Ne è esempio "Ma che colpa abbiamo noi", nel quale Verdone, grande regista di film che raccontano le differenti condizioni di vita degli Italiani dall'Alfa all'Omega, riesce a comporre un mosaico di addiritura 8 storie differenti ma con un elemento in comune: tutti i protagonisti condividono la partecipazione a una terapia di gruppo, e questa condivisione delle paure e delle sofferenze sembra essere il loro unico rifugio e l'ultimo sostegno prima dell'agonia totale, del terrore, o persino del suicidio. Il panico arriverà con la morte dell'anziana dottoressa, che sarà per loro come perdere l'unica guida, l'unico faro nel mare burrascoso che è la loro vita piena di insuccessi e incertezze.
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Non sempre i film che fanno meno successo sono i peggiori. Ne è esempio "Ma che colpa abbiamo noi", nel quale Verdone, grande regista di film che raccontano le differenti condizioni di vita degli Italiani dall'Alfa all'Omega, riesce a comporre un mosaico di addiritura 8 storie differenti ma con un elemento in comune: tutti i protagonisti condividono la partecipazione a una terapia di gruppo, e questa condivisione delle paure e delle sofferenze sembra essere il loro unico rifugio e l'ultimo sostegno prima dell'agonia totale, del terrore, o persino del suicidio. Il panico arriverà con la morte dell'anziana dottoressa, che sarà per loro come perdere l'unica guida, l'unico faro nel mare burrascoso che è la loro vita piena di insuccessi e incertezze. A questo punto la terapia si trasforma in una "autogestione", portata avanti dalla volontà di questi individui di non volersi sentire soli, dato che il gruppo è ormai diventato la famiglia con la quale ti sei confidato, con la quale ti sei aperto e che fin'ora ti ha aiutato a sopravvivere. Ma non sarà la stessa cosa. Si susseguiranno caos, litigi e proteste come in un branco che perde il proprio capo, e ognuno nel proprio personale rischia di veder crollare tutto, come se la crisi nella terapia riflettesse direttamente una medesima crisi nella vita privata.
Una bella novella questa di Verdone che aiuta a riflettere sulla fragilità degli stati d'animo e sull'importanza del condividere le proprie paure e dell'affrontarle con coraggio e dedizione; il tutto interpretato da un cast di tutto rispetto e con la solita affidabile regia di Carlo Verdone. Da vedere.
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tiziana
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giovedì 23 gennaio 2003
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aiutati che gli amici ti aiutano
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"Ma che colpa abbiamo noi" e' un film davvero riuscito, che forse sarebbe riuscito ancor meglio con qualche sottrazione in più; è un lavoro di scultura di otto profili psicologici, che si studiano con piacere nonostante gli inevitabili lieti fini. L’incipit del film è notevole: un gruppo di pazienti è riunito nello studio della loro anziana psicanalista, per la consueta ora settimanale di terapia di gruppo, ma sono talmente presi dal raccontarsi i propri problemi che non si accorgono, in piena seduta, della morte della dottoressa. Sostanzialmente, Verdone (che ha sempre dipinto in modo magistrale le nevrosi nei nostri tempi) vuole finalmente mettersi in discussione comunicando al suo pubblico che tutti possiamo farcela da soli: infatti il film è indirizzato a tutti noi, poiché – per dirla con Freud – chi è “sano”, è noioso… Allora scopriamo che gli incontri, tecnicamente, si riveleranno un fallimento, ma mostreranno la forza, la bellezza e il valore della scelta personale, cioè la presa di decisioni risolutive, che sta a noi, e a noi solo, attuare.
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"Ma che colpa abbiamo noi" e' un film davvero riuscito, che forse sarebbe riuscito ancor meglio con qualche sottrazione in più; è un lavoro di scultura di otto profili psicologici, che si studiano con piacere nonostante gli inevitabili lieti fini. L’incipit del film è notevole: un gruppo di pazienti è riunito nello studio della loro anziana psicanalista, per la consueta ora settimanale di terapia di gruppo, ma sono talmente presi dal raccontarsi i propri problemi che non si accorgono, in piena seduta, della morte della dottoressa. Sostanzialmente, Verdone (che ha sempre dipinto in modo magistrale le nevrosi nei nostri tempi) vuole finalmente mettersi in discussione comunicando al suo pubblico che tutti possiamo farcela da soli: infatti il film è indirizzato a tutti noi, poiché – per dirla con Freud – chi è “sano”, è noioso… Allora scopriamo che gli incontri, tecnicamente, si riveleranno un fallimento, ma mostreranno la forza, la bellezza e il valore della scelta personale, cioè la presa di decisioni risolutive, che sta a noi, e a noi solo, attuare. Purtroppo Verdone risulta spesso troppo sbrigativo nel dipingere le varie personalità; i protagonisti sono troppi per poter comprendere le cause di tutti i loro malesseri, e ciò rende frammentario lo svolgersi degli eventi, e chiarisce poco il vero profilo psicologico delle persone: di questi conosciamo solo le loro nevrosi e niente di più.
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