Roberto Nepoti
La Repubblica
Galizia. Ogni lunedì Santa e i suoi amici, disoccupati da cinque anni per la chiusura di un cantiere navale, vanno in città nella speranza di trovare lavoro. Uno sembra non aver perduto l'ottimismo: un posto, prima o poi, si troverà. Un altro intrattiene rapporti difficili con la moglie, alla quale rimprovera di avere un lavoro. C'è chi ha aperto un bar che serve da ritrovo per tutti; chi si lascia affondare nella solitudine. Santa (Javier Bardem) non rinuncia, fieramente, a rivendicare i propri diritti e quelli degli amici. Non c'è solo il cinema britannico a raccontare storie di proletari e disoccupati, danni collaterali dell'economia globalizzata cui lo schermo tende di gran lunga a preferire i racconti consolatori di successo e felicità. Al suo terzo film di fiction, lo spagnolo Fernando Leon de Aranoa mette in scena la solidarietà che unisce un gruppo di antichi lavoratori navali, quarantenni e oltre, quindi emarginati dal mondo della produzione. Sono uomini logorati dalle illusioni, dalla frustrazione, dalle umiliazioni, dalla solitudine o dall'alcol; a volte pensano di arrendersi. Malgrado tutto ciò, il film è la cosa più lontana dal vittimismo che si possa immaginare; i dialoghi sono vivaci, realistici, anche divertenti; alcuni personaggi danno prova di un'indomabile vitalità. I lunedì al sole è un film anticapitalista senza mezzi termini, ma che afferma la prevalenza dell'essere sull'avere assumendo un punto di vista umanista, senza prediche né pistolotti ideologici. Affettuoso e amaro insieme, raccontato con un tono cronachistico che ricorda il neorealismo italiano, ha fatto razzia di riconoscimenti: cinque Goya (l'Oscar spagnolo) tra cui miglior film, miglior regista, miglior attore protagonista; vincitore a San Sebastian; candidato all'Oscar come miglior film straniero. Battendo un concorrente del calibro dell'almodovariano Parla con lei.
Da La Repubblica, 22 marzo 2003
di Roberto Nepoti, 22 marzo 2003