king cobra
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domenica 12 gennaio 2003
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eccezionale, davvero eccezionale!!!
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Un film a dir poco eccezionale! Gli attori strepitosi, su tutti Tom Hanks, mettono in piedi una storia che oltre che essere un ottimo dramma familiare, con il rapporto tra padre a figlio sempre al centro della scena, è anche un eccellente thriller che in parte si trasforma in un road-movie verso un futuro tranquillo per il giovane Michael Jr. Tom Hanks superlativo, Paul Newman eccellente, il giovane Tyler Hoechlin davvero bravissimo nonostante la giovane età, e quei due brutti ceffi di Jude Law e Daniel Craig li ha odiati a morte chiunque a visto il film, talmente sono stati bravi nel loro ruolo. Una nota di merito è anche la traduzione italiana del titolo, davvero azzeccatissima, se si pensa che l'originale inglese è "Road To Perdition"; infine una curiosità: quando ho assistito allo spet
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Un film a dir poco eccezionale! Gli attori strepitosi, su tutti Tom Hanks, mettono in piedi una storia che oltre che essere un ottimo dramma familiare, con il rapporto tra padre a figlio sempre al centro della scena, è anche un eccellente thriller che in parte si trasforma in un road-movie verso un futuro tranquillo per il giovane Michael Jr. Tom Hanks superlativo, Paul Newman eccellente, il giovane Tyler Hoechlin davvero bravissimo nonostante la giovane età, e quei due brutti ceffi di Jude Law e Daniel Craig li ha odiati a morte chiunque a visto il film, talmente sono stati bravi nel loro ruolo. Una nota di merito è anche la traduzione italiana del titolo, davvero azzeccatissima, se si pensa che l'originale inglese è "Road To Perdition"; infine una curiosità: quando ho assistito allo spettacolo, al termine del film tre quarti della sala (almeno 200 persone) stavano piangendo; non ho mai visto una cosa del genere!
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ilconterik
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martedì 28 giugno 2011
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capolavoro o film confezionato?
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Era mio padre è diretto da Sam Mendes, lo stesso regista del pluripremiato American Beauty, e vanta all’interno del cast nomi del calibro di Tom Hanks, Jude Law, Daniel Craig e Paul Newman. La fotografia è affidata al premio oscar Conrad L.Hall, che proprio grazie a questo film otterrà una seconda statuetta.
Negli anni ’30 Tom Hanks è Michael Sullivan, un uomo dall’identità ambigua: da un lato sembra un buon padre di famiglia, anche se un po’ cupo, dall’altra svolge il lavoro di killer per John Rooney, membro della mafia irlandese che per Michael è come un padre adottivo. La situazione precipita quando suo figlio, Michael Jr,.
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Era mio padre è diretto da Sam Mendes, lo stesso regista del pluripremiato American Beauty, e vanta all’interno del cast nomi del calibro di Tom Hanks, Jude Law, Daniel Craig e Paul Newman. La fotografia è affidata al premio oscar Conrad L.Hall, che proprio grazie a questo film otterrà una seconda statuetta.
Negli anni ’30 Tom Hanks è Michael Sullivan, un uomo dall’identità ambigua: da un lato sembra un buon padre di famiglia, anche se un po’ cupo, dall’altra svolge il lavoro di killer per John Rooney, membro della mafia irlandese che per Michael è come un padre adottivo. La situazione precipita quando suo figlio, Michael Jr,. lo segue di nascosto sul lavoro e lo vede mentre uccide degli uomini con un collega. I malavitosi decidono che a questo punto sia meglio mettere tutti a tacere, prima che il ragazzino possa lasciarsi sfuggire qualcosa…
Alcuni critici, di professione e non, hanno affondato questo film, che a me invece è piaciuto molto. Molti di loro sostengono che Tom Hanks non sia proprio adatto al suo ruolo: in effetti all’inizio è un po’ strano vederlo con i baffetti nel ruolo cupo che gli è assegnato, ma l’attore fa del suo meglio per rimediare. Forse è la sua immagine nell’immaginario collettivo a non renderlo troppo adatto alla sua parte. Per quanto riguarda gli altri attori invece le scelte sono più che azzeccate: Tyler Hoechlin è perfetto per il ruolo del figlio e nonostante la sua giovane età riesce a conferire al personaggio una profondità che la sceneggiatura da sola probabilmente non riuscirebbe a dargli. Jude Law invece veste i panni di un fotografo di cadaveri, ciò che non non ci si aspetterebbe è che i suoi soggetti li uccide prima dello scatto con le sue stesse mani. La follia di qusto strano personaggio è perfettamente riprodotta dalla mimica dell’attore.
Altro punto di forza del film è il fatto che non c’è singolo colpo di pistola che sia sparato gratuitamente. Gli attori e il modo in cui il film è diretto fanno sì che ogni singolo colpo non sia slegato dall’impatto psicologico che una simile azione porta con sè.
Alcuni penseranno che il film è scontato, altri che è deludente viste le premesse, altri che è un blockbuster travestito da film impegnato. Per me è semplicemente un bel film, pienamente godibile e con una fotografia mozzafiato. Non si può pretendere di gridare al capolavoro ogni cinque secondi, sennò quasi tutti i film lo sarebbero e non avrebbe più senso fare distinzioni. Quindi vi consiglio vivamente di vedere quello che è un buon film, senza avere la costante pretesa di vedere un pezzo di storia del cinema. Tale atteggiamento porta a criticare una buona pellicola solo perchè al di sotto delle nostre aspettative.
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montecristo
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martedì 21 gennaio 2003
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un film ben pensato
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Tom Hanks riesce a dare al suo personaggio un forte spessore dando finalmente prova piena del suo talento. Io stesso riconosco di averlo giudicato solo un buon attore molto fortunato con gli oscar. Newman con i suoi occhi blu regge da solo la scena, peccato per la voce del suo doppiaggio che un pò delude.D'accordo non c'è più Pino Locchi ma si poteva far meglio.
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aristoteles
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mercoledì 27 luglio 2016
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meglio zappare che sparare
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Il film funziona sopratutto grazie al rapporto padre\figlio che regala un certo spessore a una pellicola che ha più di un punto oscuro.
In primis una sceneggiatura veramente fallace in più di un'occasione.
L'inizio è tremendo con un inspiegabile accanimento verso il nostro Sullivan e famiglia.
Il Boss non fa che ripetere "oh mio Dio" ed il figlio del Boss è un pazzo sclerotico e sto parlando di Newman (un mito) e Craig,che sembrano prendere decisioni alquanto bizzarre.
Avessero guidato loro regia e testi ci saremmo ritrovati con un capolavoro.
Comunque anche nel resto del film ci sono tante incongruenze che lasciano interdetti.
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Il film funziona sopratutto grazie al rapporto padre\figlio che regala un certo spessore a una pellicola che ha più di un punto oscuro.
In primis una sceneggiatura veramente fallace in più di un'occasione.
L'inizio è tremendo con un inspiegabile accanimento verso il nostro Sullivan e famiglia.
Il Boss non fa che ripetere "oh mio Dio" ed il figlio del Boss è un pazzo sclerotico e sto parlando di Newman (un mito) e Craig,che sembrano prendere decisioni alquanto bizzarre.
Avessero guidato loro regia e testi ci saremmo ritrovati con un capolavoro.
Comunque anche nel resto del film ci sono tante incongruenze che lasciano interdetti.
Rapine approssimative,killer che scattano foto ma non sanno usare un fucile,Al Capone che fa da garante etc.etc.
Il finale invece è ottimo,non sorprendente, ma di indubbio impatto emotivo.
I figli sono il bene più prezioso ed è cosa buona e giusta indicargli una retta via.
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l''uomodellasala
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giovedì 27 aprile 2017
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un piccolo capolavoro spesso trascurato
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okay, il film non è un capolavoro ed è fin troppo ben costruito, ma le tematiche principali vengono affrontate in modo straordinario: il rapporto padre e figlio e la seconda natura di un'uomo che scoprirà, guidato dal figlio, un modo di uscire dalla sua spirale di violenza. e poi le sparatorie, la ricostruzione degli anni trenta, la straordinaria fotografia di Hall (vincitore di un meritatissimo oscar) e uno dei finali più commoventi degli ultimi tempi rendono era mio padre piccolo capolavoro, spesso trascurato dai più. in quanto al cast, abbiamo un Tom Hanks in stato di grazia e un Jude Kaw che trateggia un'inquietante killer che regala momenti di genuino terrore, guidati da Paul Newman (qui alla sua ultima interpretazione) che interpreta un vecchio e malinconico gangster in una delle sue migliori interpretazioni.
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okay, il film non è un capolavoro ed è fin troppo ben costruito, ma le tematiche principali vengono affrontate in modo straordinario: il rapporto padre e figlio e la seconda natura di un'uomo che scoprirà, guidato dal figlio, un modo di uscire dalla sua spirale di violenza. e poi le sparatorie, la ricostruzione degli anni trenta, la straordinaria fotografia di Hall (vincitore di un meritatissimo oscar) e uno dei finali più commoventi degli ultimi tempi rendono era mio padre piccolo capolavoro, spesso trascurato dai più. in quanto al cast, abbiamo un Tom Hanks in stato di grazia e un Jude Kaw che trateggia un'inquietante killer che regala momenti di genuino terrore, guidati da Paul Newman (qui alla sua ultima interpretazione) che interpreta un vecchio e malinconico gangster in una delle sue migliori interpretazioni. al terzetto si aggiungono Jennifer Jason Leigh e Daniel Craig, che purtroppo hanno parti molto marginali e così poco visibili. un film quindi da non sottovalutare e che forse meritava molto, molto più amore.
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luigi chierico
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mercoledì 27 luglio 2016
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spietato
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Un ottimo lavoro del regista Sam Mendes e degli interpreti tutti : un grandissimo Tom Hanks ed un magnifico Paul Newman che non hanno alcun bisogno di citazioni tanto hanno costellato il firmamento del cinema holliwoodiano di veri ottimi film o autentici capolavori. di particolare rilievo la partecipazione da coprotagonista del piccolo Tyler Hoechlin, nella parte di Michael Sullivan jr. e del perfido fotografo Maguire, a cui ha dovuto prestare il suo volto il bravo Jude Law.
Girato ottimamente con l’ausilio del bianco e nero, talora appena presente un particolare in rosso,una fotografia eccellente, la scena sotto una pioggia battente, come sta per essere quella dei proiettili, rimane nella memoria dei cineamatori.
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Un ottimo lavoro del regista Sam Mendes e degli interpreti tutti : un grandissimo Tom Hanks ed un magnifico Paul Newman che non hanno alcun bisogno di citazioni tanto hanno costellato il firmamento del cinema holliwoodiano di veri ottimi film o autentici capolavori. di particolare rilievo la partecipazione da coprotagonista del piccolo Tyler Hoechlin, nella parte di Michael Sullivan jr. e del perfido fotografo Maguire, a cui ha dovuto prestare il suo volto il bravo Jude Law.
Girato ottimamente con l’ausilio del bianco e nero, talora appena presente un particolare in rosso,una fotografia eccellente, la scena sotto una pioggia battente, come sta per essere quella dei proiettili, rimane nella memoria dei cineamatori. Una pioggia sugli uomini in nero che non basterà a lavare il sangue di un’atroce strage compiuta di notte a far luce sul malcostume dei gangsters che infestavano l’America nel periodo del proibizionismo. Siamo a circa un secolo fa, ma guardando il mondo di oggi, le strade, le auto, i cappelli, di quell’epoca ci sembra che tutto appartenga ad un più lontano passato. Oggi ancora si può vedere un gran prato verde, due anziani contadini coltivare ancora la terra ed un cane far festa al suo padrone. Ma a latere della violenza, che accompagna tutta la proiezione, vi è un sentimento profondo la cui portata è lasciata alla lettura dello spettatore che non si è fatto fuorviare dalle apparenze. L’amore, quello paterno, che non conosce limiti,che non si ferma dinanzi al pericolo, non si lascia intimorire dalle minacce, un amore pronto a donare la propria vita per il proprio figlio, buono o sciagurato che sia, innocente o colpevole, d’animo puro o cattivo. Il leitmotiv di questo bellissimo film sta proprio nel rapporto tra Michael Sullivan e suo figlio Michael jr. e tra Jhon Rooney ed il figlio Connor (buona la partecipazione di Daniel Craige), un rapporto di sangue che porta dalla vita alla morte e farà sempre dire a Michael jr. “Era mio padre”. Un film completo a cui non manca nulla, accompagnato da una colonna sonora che sottolinea i momenti più torbidi della vicenda, ma non mancano le note di un pianoforte quando l’amore di padre, coltivato dal noto gangster John Rooney, interpretato da Paul Newman, si stende anche a Michael Sullivan ed ai suoi giovanissimi figli. L’affetto paterno di John, prima che la cattiveria ed il tradimento del proprio figlio Connor Rooney, non siano devastanti sino a rompere del tutto l’armonia tra Michael Sullivan e Jhon Rooney.
Nella sua spietata ricerca di giustizia il killer Michael Sullivan non si fa scrupolo pur di salvare non la vita ma il futuro di suo figlio e vedremo un meraviglioso padre nelle vesti di un insolito Tom Hanks, la cui violenza si accompagna all’amore,perché al di là della parte che deve recitare,l’attore conserva l’animo dei grandi personaggi a cui ha dato volto, uno per tutti ad Andrew Beckett in “Philadelphia” in cui pure, come ebbi a scrivere: Il delirio che accompagna l’umiliazione, la sofferenza, la disperazione, l’incomprensione è il motivo dominante in ogni momento della vicenda. Padri e figli: è il vostro film, non c’è solo “Padri e figlie”.chibar22@libero.it
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miodrag
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sabato 20 agosto 2016
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recensire previa (attenta) visione
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Il rapporto di Sullivan con i figli è ben lontano dal potersi definire affettuoso. E' in realtà difficoltoso, ancorchè progressivamente si “sblocchi” (con il superstite) proprio in conseguenza dei drammatici accadimenti. Tra l'altro, più che riuscire in un calibrato monito (con vittime madre e figlio secondogenito ignari del tutto?), la goffa ed impulsiva strage perpetrata del disastroso Connor, fallisce clamorosamente entrambi i propri (reali e scontati) obiettivi: Michael Senior (il "successore" che il vecchio Rooney avrebbe probabilmente desiderato...) e Michael Junior, sfortunato testimone dell'omicidio di McGovern.
Inquietante quanto rimarchevole, la prestazione di un Jude Law inedito e sorprendente.
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Il rapporto di Sullivan con i figli è ben lontano dal potersi definire affettuoso. E' in realtà difficoltoso, ancorchè progressivamente si “sblocchi” (con il superstite) proprio in conseguenza dei drammatici accadimenti. Tra l'altro, più che riuscire in un calibrato monito (con vittime madre e figlio secondogenito ignari del tutto?), la goffa ed impulsiva strage perpetrata del disastroso Connor, fallisce clamorosamente entrambi i propri (reali e scontati) obiettivi: Michael Senior (il "successore" che il vecchio Rooney avrebbe probabilmente desiderato...) e Michael Junior, sfortunato testimone dell'omicidio di McGovern.
Inquietante quanto rimarchevole, la prestazione di un Jude Law inedito e sorprendente.
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l''uomodellasala
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giovedì 27 aprile 2017
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un piccolo capolavoro che spesso molti dimenticano
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va bene, il film non è un capolavoro e qualche difetto lo ha, ma l'importante è il contenuto. Mendes, subito dopo aver vinto l'oscar per american beuty, ci regala una pellicola di tutto rispetto in cui la tematica del rapporto padre- figlio è fondamentale: non solo nel rapporto fra i due protagonisti, ma anche in quello della coppia Newman-Craig. qui infatti le figure paterne devono fare dei pesanti sacrifici per proteggere i figli: in particolare Mike Sullivan/Tom Hanks aarriva a fare l'unica cosa buona nella sua vita da criminale per salvare il figlio, arrivando addirittura a sacrificarsi per lui. un film incredibile che viene sottovalutato anche troppo, venendo messo in fondo a classifiche e dibattiti, spesso ingiustamente.
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va bene, il film non è un capolavoro e qualche difetto lo ha, ma l'importante è il contenuto. Mendes, subito dopo aver vinto l'oscar per american beuty, ci regala una pellicola di tutto rispetto in cui la tematica del rapporto padre- figlio è fondamentale: non solo nel rapporto fra i due protagonisti, ma anche in quello della coppia Newman-Craig. qui infatti le figure paterne devono fare dei pesanti sacrifici per proteggere i figli: in particolare Mike Sullivan/Tom Hanks aarriva a fare l'unica cosa buona nella sua vita da criminale per salvare il figlio, arrivando addirittura a sacrificarsi per lui. un film incredibile che viene sottovalutato anche troppo, venendo messo in fondo a classifiche e dibattiti, spesso ingiustamente. che altr dire? meritatissimo l'oscar alla fotografia a conrad hall, che ci regala un'attmosfera inizialmente fredda e ostile che arriva a scaldarsi con l'aumentare del rapporto fra i due protagonisti. le scenografie e i costumi sono, come in produzioni del genere, impeccabili. il cast poi è stellare: Hanks ci conferma quanto siano meritati i suoi due oscar regalandoci un'interpretazione formidabile ì, Jude Law nei panni dell'inquietante killer regala momenti di grande suspenc e lo straordinario Paul Newman caraterizza un boss criminale di tutto rispetto che non sfigura davanti a mostri sacri come don vito corleone o frank costello ( e forse poteva anche vincere l'agognata statuetta, andata al comunque bravo chris cooper del ladro di orchidee). l'unica pecca è Daniel Craig, il cui personaggio non è otato di una caratterizzazione sufficiente. ma quattro anni più tardi sarebbe arrivato bond, quindi...
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greatsteven
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lunedì 2 ottobre 2017
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un hanks da oscar in una vicenda strappalacrime.
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ERA MIO PADRE (USA, 2002) diretto da SAM MENDES. Interpretato da TOM HANKS, JUDE LAW, DANIEL CRAIG, PAUL NEWMAN, STANLEY TUCCI, TYLER HOECHLIN, JENNIFER JASON LEIGH
Michael Sullivan è un uomo apparentemente irreprensibile, sposato con Annie, dalla quale ha avuto i due gemelli Peter e Michael jr. Ma in realtà, dietro questa patina ma non certo a discapito della sua lealtà di uomo d’onore, Michael è un sicario irlandese che lavora per i Rooney, famiglia mafiosa che fa capo al padre John, cui il suo più efficiente dipendente deve tutto, compresa la casa in cui vive coi suoi famigliari, e al figlio di questi Connor, ladro e squilibrata testa calda con la mania dell’aggressività incontrollabile.
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ERA MIO PADRE (USA, 2002) diretto da SAM MENDES. Interpretato da TOM HANKS, JUDE LAW, DANIEL CRAIG, PAUL NEWMAN, STANLEY TUCCI, TYLER HOECHLIN, JENNIFER JASON LEIGH
Michael Sullivan è un uomo apparentemente irreprensibile, sposato con Annie, dalla quale ha avuto i due gemelli Peter e Michael jr. Ma in realtà, dietro questa patina ma non certo a discapito della sua lealtà di uomo d’onore, Michael è un sicario irlandese che lavora per i Rooney, famiglia mafiosa che fa capo al padre John, cui il suo più efficiente dipendente deve tutto, compresa la casa in cui vive coi suoi famigliari, e al figlio di questi Connor, ladro e squilibrata testa calda con la mania dell’aggressività incontrollabile. Ma il giovane Mike jr. sa cos’è accaduto in quel capannone in quel rigido inverno del 1931: Phil McGowern, col quale i Rooney avevano un vecchio conto in sospeso da saldare, viene improvvisamente assassinato da Connor, senza l’approvazione di Michael Sullivan Sr. né di quella del padre John. Siccome Connor sa che Mike jr. ha assistito all’omicidio brutale e, convinto che il ragazzino non sia capace di tener la bocca chiusa, s’infiltra di soppiatto nella casa dei Sullivan, ma per sbaglio uccide Annie e Peter. Sconvolto per la perdita della moglie e di uno dei figli, Michael sa che non può far altro che partire immediatamente, non avendo più nemmeno una residenza in cui rifugiarsi, per una disperata fuga per tutta la nazione e sa soprattutto che, da questo momento, il suo unico amico e collaboratore non può essere altri che il figlio Mike. Gli insegna dunque a guidare l’automobile e lo mette ormai al corrente del suo vero mestiere, di cui il ragazzino era stato a lungo all’oscuro ma del quale già cominciava a subodorare qualcosa. Michael porta con sé il figlio a Chicago nella speranza che un certo Frank Nettey possa aiutarlo: ma, scoperto che l’uomo sta dalla parte dei Connor (ormai nemici dichiarati dei Sullivan) e, nonostante i suoi modi garbati, ottiene un rifiuto. Sempre con l’aiuto incondizionatamente fedele del figlio dodicenne, a Michael non resta che derubare dalle banche di Stato degli USA tutto il denaro sporco che vi hanno versato Al Capone e soci tempo prima. Purtroppo per i due, sulle loro tracce si mette pure Andy Maguire, giornalista di cronaca nera che lavora per varie testate, tanto abile nel fotografare cadaveri quanto nel maneggiare la pistola, segretamente assoldato dai Rooney per eliminare Michael. Il primo scontro fra Sullivan padre e Maguire avviene in un motel in cui il protagonista e il figlio decidono, una volta tanto, di trascorrere la notte: il primo viene ferito ad una spalla, il secondo ad un occhio. Medicato da una gentile famiglia di contadini, Michael si riprende ben presto e può ricominciare la sua fuga. In una chiesa incontra, non certo per caso, il vecchio John Rooney, e lo mette al corrente del suo piano di togliere di mezzo quel bastardo impulsivo di Connor. Il primo a pagare le spese di tutti questi spargimenti di sangue è l’anziano John, cui Michael sr. uccide prima tutti i collaboratori. Poi, grazie ad un’inattesa quanto fortunata soffiata di Frank Nettey (al quale Connor non è mai stato veramente simpatico), Michael ottiene il numero della stanza d’hotel in cui Connor alloggia, lo trova e lo fredda mentre questi è in una vasca da bagno. A questo punto, saldati tutti i conti coi vecchi e feroci avversari, per i Sullivan le traversie sembrano terminate. Michael padre porta il figlio nella fattoria sul mare della cognata Sarah, ma l’unica persona con cui non ha ancora terminato un discorso cominciato in precedenza è l’implacabile reporter Maguire, che lo colpisce due volte alla schiena, ma Michael, prima di spirare sotto gli occhi disperati del figlioletto, gli restituisce il favore. L’unico a non essere stato ammazzato, alla fine di questa perentoria carneficina, è il giovane Mike, che da quel diabolico giorno giura di non afferrare mai più una pistola e, a chiunque gli chieda se Michael Sullivan sr. fosse un poco di buono o una brava persona, lui risponde con spiazzante sincerità: «Era mio padre». La storia si svolge nell’arco di sei sole settimane, e il suo protagonista, un Tom Hanks con barba e baffi insolitamente doppiato da Fabrizio Pucci (ma la sua voce profonda e calda è comunque efficace), dopo Philadelphia e Forrest Gump, avrebbe meritato un terzo Oscar, per come interpreta con straordinario realismo un capofamiglia che è sì un omicida (quasi) imbattibile che manda all’altro mondo le sue vittime a sangue freddo e senza emozioni, ma rimane pur sempre un padre affettuoso che protegge il figlio dal principio alla conclusione di una vicenda in cui si accumulano tanto i morti ammazzati quanto la commozione per un film che potrebbe apparire crudele e sanguinario, ma è più verosimilmente il calvario di un uomo fuori dal comune che fugge continuamente per necessità e a cui sta a cuore il bene della sua famiglia più di ogni altra cosa o valore, compreso il suo ignobile mestiere: una storia di un padre e di un figlio come se ne sono viste pochissime in più di centovent’anni di cinema, tanto è profonda e significativa. Ma anche il resto del cast non è da meno: abbiamo un P. Newman meno antagonista di quel che sembra, in quanto è anch’egli un genitore esemplare che non vuole del tutto che il figlio scapestrato segua le sue orme, insieme ad un D. Craig che è lui il vero cattivo inconfondibile di una trama avvincente quanto commovente, un figlio che ruba i soldi al padre e non sa trattenersi dall’istinto di risolvere ogni contesa con le più spietate forme di violenza. J. Law, che compare nella seconda metà del film e ha un’interpretazione che dura meno di mezz’ora, è comunque un personaggio importante, un giornalista-killer che insegue il profumo del denaro insanguinato ed esegue ordini mortiferi come un cane addestrato a graffiare e mordere più forte che può. S. Tucci, personaggio ambiguo ma più positivo di quanto suggeriscano le apparenze, fa sotto le righe la parte di un misterioso uomo d’affari con la sua abituale recitazione misurata che già allora costituiva il suo inconfondibile marchio di fabbrica. Bravissimo, inoltre, il giovane Hoechlin: non solo se la cava con garbo nelle vesti del figlio che scopre il burrascoso passato del genitore pur restandogli fedele anche oltre la sua dipartita, ma immette nella sua prova recitativa un acume e un impegno ai quali va dato merito per come vengono fusi con cordiale amabilità. I critici che l’hanno paragonato a Il padrino, definendolo addirittura più cupo, hanno due torti giganteschi: qui la violenza e la vendetta non son mai fini a sé stesse, e il gusto sadico dell’efferatezza non v’è per nulla, come invece accade sia nel romanzo di Mario Puzo sia nella trilogia cinematografica di Coppola. Un’ottima ambientazione che fa tornare indietro nel tempo, con gli abiti tipici dell’epoca e le vecchie Ford che svolgono comunque un ruolo determinante nei viaggi fatidici e spasmodici che coinvolgono tutti i caratteri da un versante all’altro dello sterminato, e crudele, Paese. Ma quest’opera è tutt’altro che crudele: ha in sé il crisma ineliminabile dell’affetto, della passione genitoriale, della fedeltà ad ogni costo e contro ogni pregiudizio e dell’amore che si deve provare malgrado i disguidi, i contrattempi, le ingiustizie, le violenze e le morti in un climax ascendente che costituisce poi la parabola della vita per chiunque si scelga il mestiere del criminale. Come sostiene del resto P. Newman durante il dialogo con Hanks nei sotterranei della chiesa, nessun delinquente può meritarsi il paradiso. L’innocenza è pertanto un dono e un premio da difendere contro chiunque tenti di sottrarcelo, ma se anche una persona cara spara e ammazza per lavoro seppure per mantenere un nucleo famigliare e mandare avanti una vita dignitosa, questa fantastica pellicola insegna con immensa saggezza che non bisogna dimenticarla, né giudicarla e nemmeno giustificarla. Soltanto, provare un trasporto affettivo senza veli nei suoi riguardi. Oscar per la fotografia al veterano Conrad L. Hall, nato nel 1926 e morto poco dopo l’uscita nelle sale di Road to Perdition. Questo film è e rimarrà sempre una pietra miliare del cinema statunitense degli anni 2000, e il merito va specialmente all’ancora non citato regista S. Mendes, inglese di nascita, che si è reso capace di raccontare una vicenda di uccisioni, sangue, inseguimenti e rese dei conti pur mantenendo le sfumature sentimentali che, malgrado una regia a tratti manieristica, lo riabilitano a pieno titolo come un elogio ad apprezzare chi fa del male desiderando però al contempo il bene di chi bene gli vuole.
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luca scialò
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martedì 27 luglio 2010
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un gangster a cui resta solo l'alleanza del figlio
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Michael Sullivan è lo scagnozzo di John Rooney, un padrino che nell'America degli anni della crisi e della grande depressione, ha preso il controllo dei principali traffici illeciti nell'Illinois. Il figlio di quest'ultimo, che lavora fianco a fianco con Sullivan, è geloso del rapporto di fiducia che si è innescato tra lui e suo padre, poichè quest'ultimo si fida molto di più del collega; geloso al punto da tentare di ucciderlo, ma non trovandolo in casa, si rivarrà contro la moglie e il secondo genito. Tornato a casa e trovati i due corpi privi di vita, Sullivan decide di vendicarsi, trovando proprio nel figlio primogenito un fedele alleato, costringendolo ad una maturazione precoce e crudele.
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Michael Sullivan è lo scagnozzo di John Rooney, un padrino che nell'America degli anni della crisi e della grande depressione, ha preso il controllo dei principali traffici illeciti nell'Illinois. Il figlio di quest'ultimo, che lavora fianco a fianco con Sullivan, è geloso del rapporto di fiducia che si è innescato tra lui e suo padre, poichè quest'ultimo si fida molto di più del collega; geloso al punto da tentare di ucciderlo, ma non trovandolo in casa, si rivarrà contro la moglie e il secondo genito. Tornato a casa e trovati i due corpi privi di vita, Sullivan decide di vendicarsi, trovando proprio nel figlio primogenito un fedele alleato, costringendolo ad una maturazione precoce e crudele...
Il tema dei gangster negli anni '30 è stato più volte trattato nel cinema americano, ma per fortuna il giovane talento alla regia, Sam Mendes, riesce a proporre una storia diversa, che vuole gettare una speranza oltre le sparatorie e le vendette tra bande.
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