City of God |
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Un film di Fernando Meirelles.
Con Alexandre Rodrigues, Matheus Nachtergaele, Seu Jorge, Leandro Firmino da Hora, Alice Braga, Phellipe Haagensen, Douglas Silva.
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Titolo originale Cidade de Deus.
Drammatico,
durata 130 min.
- Brasile, Francia, USA 2002.
MYMONETRO
City of God
valutazione media:
3,05
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Crianças da Violênciadi gianleo67Feedback: 61482 | altri commenti e recensioni di gianleo67 |
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mercoledì 22 agosto 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Infanzia e adolescenza turbolenta di alcuni ragazzi tra le perigliose e miserrime vie di una favela di Rio (quella del titolo) tra gli anni '60 e '70. Tra il documento sociale (di cui il cinema Latino americano vanta una discreta e lontana tradizione) e il dramma di fiction, il film di Mereilles muove, camera a mano, dalle anguste e colorate contrade della megalopoli brasileira con un ritmo incalzante ed una fotografia dai toni saturi che ne enfatizzano l'estetica adrenalinica e la violenza iperrealistica. Una ferocia ironica sembra attraversare questo film. una fame chimica di chi emerge da un inferno sociale come le creature sanguinarie e primitive che emergano da una foresta mesozoica affermando il proprio dominio con la violenza e la sopraffazione, in una 'struggle for life' declinata tra le macerie di una modernità sociale e umana di degrado etico e materiale. E' questo l'aspetto più interessante di un film che punta l'attenzione per la verità, più sull'estetica della violenza che sulla sua valenza sociologica, facendo una scelta di campo che, come i protagonisti del film, scelgono percorsi diversi, tracciando un confine netto tra il bene e il male, schematizzando in modo forse semplicistico la complessità di una dimensione umana difficilmente riducile alle figurine di santi e fanti che popola l'universo dicotomico artatamente disegnato dall'autore. Si salva certo l'abilità tecnica della messa in scena, con le sue evoluzioni e la sua disorganica energia ed una certa idea di cinema che più che educare o denunciare, vuole mostrare divertendo, pervenendo ad uno degli assunti (troppo spesso bistrattati dalla critica militante) che il cinema è da sempre, anche, intrattenimento. Selvaggio.
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