28 giorni dopo |
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Un film di Danny Boyle.
Con Cillian Murphy, Christopher Eccleston, Naomie Harris, Brendan Gleeson, Ricci Harnett
Titolo originale 28 days later.
Horror,
durata 112 min.
- Gran Bretagna, Paesi Bassi 2002.
- 20th Century Fox Italia
uscita venerdì 13 giugno 2003.
MYMONETRO
28 giorni dopo
valutazione media:
3,01
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Roberto Nepoti
La Repubblica
Danny Boyle appartiene a quella categoria di registi per i quali "piccolo è bello". Ci aveva sorpresi con Piccoli omicidi tra amici e Trainspotting; delusi nella trasferta hollywoodiana, dirigendo superproduzioni per star (Di Caprio) come The Beach; ora torna a casa, a girare un film quasi umile (digitale, basso costo, nessun divo) ma che rischia di diventare un cult. In Inghilterra, un commando ecologista libera delle scimmie contaminate, propagando un virus che trasforma le persone in zombi assassini: una sola goccia di sangue basta per trasmettere il male e l'incubazione dura appena dieci secondi. Ventotto giorni dopo, Jim si sveglia da un coma profondo ingnorando tutto; si ritrova in una Londra deserta, incontra alcuni scampati e comincia a lottare, minuto dopo minuto, per la sopravvivenza.
Se l'argomento non è nuovo (ricorda immediatamente la trilogia dei morti viventi di George Romero e i demoni di Lamberto Bava), Boyle ha l'ottima idea di prenderlo al primo grado, lasciando stare i sottintesi per concentrarsi sull'aspetto umano dell'orrore. L'identificazione dello spettatore con Jim e i suoi amici è molto forte; la verosimiglianza del soggetto fantastico è garantita dalla celebre formula hobbesiana "homo homini lupus"; in più, Boyle non eccede nel gore, osservando la regola secondo cui quanto meno vediamo di quel che fa paura, tantopiù la nostra fantasia si mette in moto.
La sceneggiatura del romanziere Alex Garland è divisa in due parti distinte e, come quella di The Beach, basata su un principio angosciante: fuggire qualcosa di orribile andando incontro a qualcosa che lo è maggiormente. Il ricorso alla ripresa digitale - inquadrature instabili, ritmo spezzato, immagini "grezze", di una crudezza assoluta - rende il tutto più credibile, quindi angoscioso, per chi sia disposto a lasciarsi trascinare nell'esperienza apocalittica messa in scena da Boyle.
E' proprio grazie alle tecnologie leggere che il regista ha potuto riprendere le strade di Londra e le rive del Tamigi deserte, alle prime luci dell'alba: scene impressionanti che ci resteranno a lungo fissate nella memoria. Apparentemente un piccolo film di serie B (cui pure il regista rende ampio omaggio), 28 giorni dopo è in fondo la metafora di se stesso: un film ad alta contaminazione, che t' invade come un virus e si diffonde con rapidità. Se lo conosci, non hai alcun motivo di evitarlo.
Da La Repubblica, 14 giugno 2003
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