Montecristo |
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Un film di Kevin Reynolds.
Con Jim Caviezel, Guy Pearce, Richard Harris, Michael Wincott, Henry Cavill.
continua»
Titolo originale The Count of Montecristo.
Drammatico,
durata 131 min.
- USA 2001.
MYMONETRO
Montecristo
valutazione media:
2,70
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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C'era una volta Dumas Pèredi DAVIDE DI FINIZIOFeedback: 40324 | altri commenti e recensioni di DAVIDE DI FINIZIO |
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domenica 25 luglio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ormai anche i sassi sanno che trarre un film da un classico significa, in ogni caso, rileggerlo. E' la legge del cinema. Ma questa rilettura è tanto più demonizzata quando ad essere trasposto è un testo largamente conosciuto. Rileggere però non vuol dire necessariamente travisare. Anzi, da un'opera originale è possibile trarne un'altra altrettanto importante. E' un discorso soggettivo, che merita di essere affrontato nel caso specifico. Prendiamo Il conte di Montecristo, già demonizzato feuilleton, poi entrato di diritto nel novero dei classici francesi. Ha ispirato diverse trasposizioni, più o meno fedeli nella trama, ma molto spesso grossolane e riduttive rispetto all'intensità e soprattutto al messaggio morale del romanzo. Anche in Montecristo l'ossatura è pressochè la stessa: c'è un giovane innocente, invidiato, vittima di un complotto che lo condanna alla reclusione nel terrificante Chateau d'If. Poi l'evasione, il ritrovamento di un tesoro. E la vendetta. Senza contare il finale, che merita un discorso a parte. Il punto debole della trasposizione di Reynolds non è nella riduzione e nel libero rifacimento della storia (che abbiamo considerato insito nel concetto stesso di trasposizione), quanto nelle conseguenze che questa stessa rielaborazione comporta. Anzitutto sui personaggi. I cattivi sono spaventosamente banalizzati: il brillante e diabolico Danglars diventa uno scorbutico e collerico musone, autore sì del complotto, ma poi liquidato nel giro di poche sequenze. Villefort è un viscido che arriva laddove neanche il personaggio del romanzo aveva osato, cioè al parricidio, ed è anche vigliacco, perchè delega l'esecuzione del suo desiderio a Fernando. Il quale, sgravato del nobile sentimento che pure gli era attribuito nel classico, cioè l'amore appassionato per Mercedes, non è che un surrogato di cinismo e spietatezza (mirabilmente impersonato dall'intrigante Guy Pearce), ma come in tutte le trasposizioni più interessante, per il suo essere un antagonista da cappa e spada, l'unico in grado di ispirare lo scontato duello finale, che nel romanzo non avverrà mai. E poi Edmond. Nei primi capitoli del libro era un giovane energico e risoluto, illetterato ma non analfabeta. Nel film hanno preferito il topos trito e ritrito dello sbarbatello imbranato, che non sa leggere e scrivere, non sa nemmeno tirare di scherma, e potrebbe veramente indurre lo spettatore intelligente a chiedersi come abbia fatto ad arrivare alla quasi assegnazione del grado di capitano, nonchè ad entrare nelle grazie di Mercedes. Quest'ultima, interpretata da una Dagmara Dominczyk talmente bella da giustificare pienamente l'invidia di Fernando, e che la bonaria sceneggiatura si preoccuperà di beatificare, portandola a scegliere il turpe Mondego solo per dare un nome al proprio figlio, la cui paternità disvelata prospetterà uno zuccheroso happy end. A proposito del finale, è necessario anche evidenziare il totale appiattimento della moralità del protagonista. A fronte del riscatto morale descritto nel romanzo, lo sbarbatello imbranato è diventato un vendicatore talmente spietato che tutti i Fernandi a suo confronto si rivelano dei veri dilettanti! Solo nella scena conclusiva, dopo aver pienamente appagato la sua vendetta, accennerà al proposito di voler utilizzare le sue ricchezze per fare del bene. Una notazione quasi ridicola, se rapportata alla malvagità dimostrata, ma che basta tutto sommato a coronare il quadretto felice della giustizia (?) compiuta e dell'amore ritrovato. In fondo, cos'altro chiedere ad un Montecristo da botteghino?
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