Lost in La Mancha

Roberto Nepoti

Se qualcuno, tra chi legge, avrà mai la ventura di diventare regista, si scordi di realizzare una versione cinematografica del Don Chisciotte: porta jella. Ci provò per anni, inutilmente, il più grande di tutti, Orson Welles; ci si è rotto le corna anche un grande regista d'oggi, Terry Gilliam, che nel progetto aveva investito un decennio di vita.
Nell'estate del 2000, Gilliam giunse in Spagna per realizzare L'uomo che uccise Don Chisciotte, storia di un personaggio d'oggi (Johnny Depp) che viaggia nel passato e incontra il vecchio hidalgo (Jean Rochefort) protagonista dell'immenso libro di Cervantes. Non aveva ancora iniziato le riprese, quando tutto cominciò a svolgersi secondo la famigerata legge di Murphy ("se una cosa può andare male, lo farà"): incomprensioni da Torre di Babele fra i membri della troupe internazionale; una tempesta che distrusse scenografie e attrezzature; la doppia ernia che colpì Rochefort, rendendogli impossibile montare il suo Ronzinante.
L'ultima circostanza fu il colpo di grazia: a parte l'eccezionale aderenza fisica, l'attore francese era insostituibile nella parte per avervi già lavorato sette mesi. Seguì un implacabile processo di disintegrazione al termine del quale, nell'ottobre di quell'anno, il progetto fu abbandonato. Keith Fulton e Louis Pepe dovevano girare solo un making-of, un "dietro le quinte" del film presumibilmente da annettere alla versione in DVD; invece furono testimoni dell'accanimento del Fato contro l'illustre collega e ne ricavarono Lost in La Mancha, un documento appassionante sull'aborto di un capolavoro annunciato; l'esempio inedito di un film su un film mai fatto (e che non esisterebbe se l'altro esistesse).
Gli agenti delle compagnie d'assicurazione infatti, valutati i costi e le perdite, archiviarono l'episodio decretandone la fine per "cause di forza maggiore". Non si sarà trattato piuttosto di una maledizione? Molto probabilmente, ai capricci della sorte si aggiunsero altri handicap: qualche errore di produzione, ma soprattutto la personalità smisurata di Gilliam, sempre affascinato da progetti ambiziosissimi quindi a rischio economico.
Lost in La Mancha è la storia del dramma personale del regista, che assume il peso del disastro ma ne reca, visibili, le tracce sul viso e ne rende testimonianza alla macchina da presa di Fulton e Pepe.
Frattanto, ha lavorato a un altro film; però ha fatto il possibile per non perdere la fiducia nel suo sogno donchisciottesco. Il seguito a un'altra puntata?
Da La Repubblica, 19 luglio 2003


di Roberto Nepoti, 19 luglio 2003