La maledizione dello scorpione di giada

Roberto Nepoti

Chi avrebbe immaginato di vedere, un giorno, Woody Allen nella parte di un detective durodacuocere, del genere che mezzo secolo fa interpretava Humphrey Bogart? Forse per colmo di autoironia, Allen ha aspettato di essere vecchiotto e stropicciato prima di scrivere/interpretare una parte ricalcata sui suoi eroi giovanili, un investigatore delle assicurazioni dal fiuto infallibile, machista e sciupafemmine di nome C.W. Briggs. Però La maledizione dello scorpione di giada contiene anche molti elementi di un secondo genere amato dal cineasta, ovvero la commedia di "guerra dei sessi" in voga negli stessi anni, affidata a belli d'epoca come Cary Grant o Gary Cooper; senzacontare gli innesti di letteratura pulp alla Continental Op, le citazioni dell'inevitabile Hitchcock e quant'altro potesse contribuire a rendere gustoso il film. Siamo nel 1940, dunque, e Briggs si è fatto una solida fama nel ramo delle assicurazioni risolvendo casi difficili. Ciò non lo ha messo al riparo dalla ristrutturazione dell'agenzia, alla quale il boss Dan Aykroyd vorrebbe applicare metodi investigativi più moderni. Della faccenda è incaricata Betty Ann Fitzgerald (Helen Hunt), donna intelligente e grintosa che C.W. prende subito in odio, del tutto ricambiato. Malgrado il suo intuito di segugio, il piccolo detective non sa che la bionda è l'amante segreta del principale; tanto che, maschilista com'è, la ritiene frigida e non esita a dichiarare che ciò di cui ha davvero bisogno è "una bella ripassata". Riuniti loro malgrado in un locale, i due sono sottoposti a un esperimento d'ipnosi da un mago disonesto, che li utilizza per compiere furti di gioielli nelle case dei ricconi. Quando Briggs, incastrato da indizi schiaccianti, finisce in manette c'è soltanto una persona disposta ad aiutarlo e si tratta, naturalmente, dell'esecrata Betty Ann. Se la critica americana non è stata benevola col film, Allen non si dev'essere mai divertito tanto a farne uno. A modo suo, naturalmente. Nei panni del cinico privateeye, Woody tocca apici di autolesionismo mai raggiunti neppure ai tempi in cui andava dallo psicanalista (sullo schermo). Non solo gli epiteti più affettuosi con cui la collega gli si rivolge sono "scarafaggio" e "verme", ma la voluttuosa Charlize Theron, ricca e viziata ragazza pettinata alla Veronica Lake, si offre di andare a letto con lui spinta da un senso di eccitante ribrezzo. Se Woody non si divertisse davvero, comunque, non sarebbero così esilaranti i dialoghi, parafrasi comica di quelli, maliziosi, con cui Bogart e Lauren Bacall si davano la replica nei film in bianco e nero del tempo che fu. Piacevole anche la ricostruzione degli anni 40, col giusto impasto di colore e i particolariche immergono le immagini in un'atmosfera rétro. Certo, l'operazione sul cinema del passato compiuta ai tempi di Zelig era altra cosa. Però La maledizione dello scorpione di giada è intelligente e divertente. Negarlo solo perché viene dopo un capolavoro, sarebbe un'ingiustizia bella e buona.
Da La Repubblica, 2 settembre 2001


di Roberto Nepoti, 2 settembre 2001