americo marconi
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domenica 20 maggio 2001
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capolavoro della filmografia italiana
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Il mestiere delle armi, a mio avviso è un capolavoro della filmografia italiana. Scomodo, lento, induce in un cupismo che ci chiude come nebbia in una cappa; di sicuro preferiamo la scene veloci e leggere di certa televisione che propone guerre limitrofe al nostro paese che pure scorrono quasi non fossero vere. Olmi invece ci fa soffermare sulla stato della morte, innaturale e ingiusta sempre, eppure vincitrice e realtà inscindibile del vivere. Cinema difficile così come difficile da accettare la morte di ognuno di noi.
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mariano ruggiano
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giovedì 24 maggio 2001
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il mestiere della verità
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Questo film non avrà un grande successo di pubblico; a Cannes è stato stroncato anche da certa critica e oscurato dal fascino carismatico dell'autobiografismo morettiano.
Nulla di cui stupirsi: personaggi asettici, ambientazioni invariabilmente cupe, tempi apocalittici, eccetera eccetera. Eppure "Il mestiere delle armi" è un film vero, rigoroso, senza alcuna concessione alla retorica e senza toni melodrammatici o romanzeschi. Olmi dimostra con evidenza palmare, dal primo all'ultimo fotogramma, di non avere alcun interesse ad accattivarsi la simpatia del pubblico, nè a compiacere certa critica modernista e filo-hollywoodiana. Il suo unico obiettivo è il rigore narrativo, la storia, gli uomini che popolavano quello scorcio di '500 che fu il punto più basso e infelice della vicenda millenaria della Chiesa.
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Questo film non avrà un grande successo di pubblico; a Cannes è stato stroncato anche da certa critica e oscurato dal fascino carismatico dell'autobiografismo morettiano.
Nulla di cui stupirsi: personaggi asettici, ambientazioni invariabilmente cupe, tempi apocalittici, eccetera eccetera. Eppure "Il mestiere delle armi" è un film vero, rigoroso, senza alcuna concessione alla retorica e senza toni melodrammatici o romanzeschi. Olmi dimostra con evidenza palmare, dal primo all'ultimo fotogramma, di non avere alcun interesse ad accattivarsi la simpatia del pubblico, nè a compiacere certa critica modernista e filo-hollywoodiana. Il suo unico obiettivo è il rigore narrativo, la storia, gli uomini che popolavano quello scorcio di '500 che fu il punto più basso e infelice della vicenda millenaria della Chiesa. Giovanni delle bande nere, L'Aretino, i signorotti dei granducati periferici dello Stato pontificio, ed anche le consorti, le concubine, bramate e rigettate, sono tutti personaggi veri, del loro tempo, guardati e narrati senza simpatia nè sospetto. Questo è realismo, non iper-realismo, è rigore storico e filologico, così raro nel cinema moderno (vedere "Pearl Harbour" per credere). Una cosa è certa: Olmi è un regista coraggioso, un maestro del Cinema, quello con la C maiuscola, che non ama il compromesso delle trame facili o politicamente corrette.
Di questo, credo, tutti dobbiamo dargli atto.
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cuccussette
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sabato 22 dicembre 2001
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evviva ! un rinascimento che si rispetti!
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E' possibile parlare di guerra in modo epico, senza nulla togliere al realismo e senza essere militaristi o spiattellare motalistiche conclusioni sul fenomeno del mercenariato? Non è facile, ma Ermanno Olmi c'è riuscito. Il mestiere delle armi ricostruisce un'epoca con estrema fedeltà, attraverso gli ultimi giorni di un personaggio forse poco conosciuto del Rinascimento, Giovanni de' Medici dalle Bande Nere.
La ricostruzione d'epoca è impeccabile, lo stile della fotografia e del montaggio rammenta da vicino Kurosawa ( le battaglie campali di Ran, per esempio). La perfezione della ricerca storica è notevole, e incide anche sul linguaggio usato dai personaggi: parlano il volgare del Rnascimento, che è Italiano, ma che è diverso da quello che parliamo noi, ed insieme è lontano pure dal Latino.
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E' possibile parlare di guerra in modo epico, senza nulla togliere al realismo e senza essere militaristi o spiattellare motalistiche conclusioni sul fenomeno del mercenariato? Non è facile, ma Ermanno Olmi c'è riuscito. Il mestiere delle armi ricostruisce un'epoca con estrema fedeltà, attraverso gli ultimi giorni di un personaggio forse poco conosciuto del Rinascimento, Giovanni de' Medici dalle Bande Nere.
La ricostruzione d'epoca è impeccabile, lo stile della fotografia e del montaggio rammenta da vicino Kurosawa ( le battaglie campali di Ran, per esempio). La perfezione della ricerca storica è notevole, e incide anche sul linguaggio usato dai personaggi: parlano il volgare del Rnascimento, che è Italiano, ma che è diverso da quello che parliamo noi, ed insieme è lontano pure dal Latino. Menomale che le immagini dicon tanto, perchè altrimenti la comunicazione può non essere immediata!
Non è un film per tutti, in questo senso; anche il ritmo lento ed il lungo flashback richiedono attenzione. Da scordare assolutamente poi le rappresentazioni medioeval rinascimentali da festa di borgo: qui ci si trova immersi in un'atmosfera realistica, lontana anni luce da storielle di principi e principesse radicate nell'immaginario collettivo.
Da vedere. magari con un minimo di preparazione o tanta curiosità!
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marcello
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sabato 5 gennaio 2002
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grazie olmi
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Grazie Maestro Olmi! Con questo Film il Regista entra di diritto (ma gia c'era),
tra i "Mostri Sacri" della Cinematografia Italiana. Un dipinto dalle tinte cupe, grevi, vive e morte del nostro Rinascimento... Olmi vuole il Rinascimento anche del Cinema di casa nostra... chi si prenderà la briga di fare quattro o cinque film come il suo ogni anno? Allora sì, potremo dire di essere finalmente rinati. Grazie Ermanno, mi hai fatto vivere una delle mie più belle serate; voglio il bis, il tris, il quadris... fai ancora del Grande Cinema come solo tu sai... Ciao!
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chaoki21
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lunedì 30 aprile 2012
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capolavoro di emozioni vere
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Il film il mestiere delle armi annota e delucida un periodo storico ben definito, ovvero periodo in cui inizia l'evoluzione delle armi da fuoco,la pellicola non mette in risalto scene di battaglia o effetti speciali ma mette in evidenza la sofferenza e la vita rude dei soldati di ventura il freddo la fame la lontanazza dagli affetti emozini che ti vengono trasmesse e ti penetrano nelle ossa.Stupenda la citazione del macchiavelli che dice che la politica nel esito delle battaglie conta piu' degli eserciti,l'intrighi e le falsita' erano vigenti allora come adesso. Il mestiere delle armi di Giovanni dalle Bande nere è ormai sorpassato dai nuovi strumenti di morte: le armi da fuoco come i cannoni dell'esercito tedesco, di fronte ai quali nulla possono più le armature.
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Il film il mestiere delle armi annota e delucida un periodo storico ben definito, ovvero periodo in cui inizia l'evoluzione delle armi da fuoco,la pellicola non mette in risalto scene di battaglia o effetti speciali ma mette in evidenza la sofferenza e la vita rude dei soldati di ventura il freddo la fame la lontanazza dagli affetti emozini che ti vengono trasmesse e ti penetrano nelle ossa.Stupenda la citazione del macchiavelli che dice che la politica nel esito delle battaglie conta piu' degli eserciti,l'intrighi e le falsita' erano vigenti allora come adesso. Il mestiere delle armi di Giovanni dalle Bande nere è ormai sorpassato dai nuovi strumenti di morte: le armi da fuoco come i cannoni dell'esercito tedesco, di fronte ai quali nulla possono più le armature. Non si tratta soltanto di una innovazione tecnologica dell'arte della guerra, ma di una crisi di quei valori che prima ispiravano il combattimento; ormai non conta più il coraggio individuale o l'abilità dello stratega; non ci sono più scontri corpo a corpo dove vince il più valoroso, la morte ora viene da lontano e non ti lascia scampo; ciò che importa sono le capacità tecniche, saper usare le nuove armi e, soprattutto, avere denari per acquistare le nuove potenti e costose artiglierie.Il De Medici viene ferito da un colpo di artiglieria in una gamba e nell'accingersi a morire la sua preoccupazione non è quella di un'improbabile salvezza eterna ma solo quella del suo ricordo e della sua integrità riassunta nella bella semplicità di una frase: «Vogliatemi bene quando non ci sarò più».
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eljmukka
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lunedì 21 agosto 2006
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grandi tutti
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In questo film è semplicemente perfetto dalla messa in scena alla scelta degli attori, dai volti degli attori particolarmente intensi ai costumi. Le scene, di cui si lamenta la lentezza ma sono il pregio del film perche permettono di riflettere su quello che ci scorre davanti, sono dei grandi dipinti che ci interrogano e ci fanno entrare nel film, per non parlare delle scenografie di Luigi Marchione e degli attori, su tutti Hristo Jivkov e Sergio Grammatico che sembrano usciti dai ritratti di Bronzino e Tiziano. Hristo Jivkov non avra vinto gli oscar ma è un' attore molto apprezzato non solo per la bellezza, il che non guasta, ma anche per la bravura,infatti sarà protagonista di 2 fiction,"L'inchiesta" di Giulio Base e "Mafalda di Savoia" di Zaccaro,un cortometraggio di Bellocchio "Oggi è una bella giornata",e tre film "The counting house" dei Dipteros,"Volo leggero" o "Fly light" di Roberto Lippolis con la Cucinotta e "In memoria di me" secondo film di Saverio Costanzo.
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In questo film è semplicemente perfetto dalla messa in scena alla scelta degli attori, dai volti degli attori particolarmente intensi ai costumi. Le scene, di cui si lamenta la lentezza ma sono il pregio del film perche permettono di riflettere su quello che ci scorre davanti, sono dei grandi dipinti che ci interrogano e ci fanno entrare nel film, per non parlare delle scenografie di Luigi Marchione e degli attori, su tutti Hristo Jivkov e Sergio Grammatico che sembrano usciti dai ritratti di Bronzino e Tiziano. Hristo Jivkov non avra vinto gli oscar ma è un' attore molto apprezzato non solo per la bellezza, il che non guasta, ma anche per la bravura,infatti sarà protagonista di 2 fiction,"L'inchiesta" di Giulio Base e "Mafalda di Savoia" di Zaccaro,un cortometraggio di Bellocchio "Oggi è una bella giornata",e tre film "The counting house" dei Dipteros,"Volo leggero" o "Fly light" di Roberto Lippolis con la Cucinotta e "In memoria di me" secondo film di Saverio Costanzo. Insomma bravi tutti.
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[+] adoro questo film
(di asa_nisi_masa)
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(di eljmukka)
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[+] purtroppo, non ho visto altri film di hristo...
(di asa_nisi_masa)
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cristina
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lunedì 22 luglio 2002
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un quadro bellissimo
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Non è possibile rimanere indifferenti e stupiti dalla recensione del Farinotti, che incredibilmente confonde il Medioevo con il Rinascimeno!!! E' forse sufficiente per Lui brunire le armature e girare qualche scena in penombra per pensare ai secoli bui? Bah!
Il film di Olmi riesce in modo magnifico a rendere l'idea (non facile) dello scorrere del tempo, concezione e percezione alla quale "noi" non siamo più abituati; ciò forse appesantisce il film, ma forse screma gli spettatori.
Il limite di questo film è forse anche il suo pregio: ogni scena è immortalata come un quadro.
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diego
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sabato 13 aprile 2002
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quando il cinema italiano torna grande...
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E' un film sul dolore e sulla morte quello di Ermanno Olmi.La guerra è vista come mestiere,come arte,un arte che spesso uccide;e la nascita di armi da fuoco è solo un altra delle invenzioni che non fanno altro che rendere l'essere umano più cattivo,violento.Con uno stile lento e solenne,che rimanda a grandi registi del passato (Rossellini,Dreyer,Bresson,Kurosawa ecc.),il vecchio maestro Olmi ci dice cosa vuol dire soffrire,morire,che essere un gran guerriero non vuol dir non avere dei veri sentimenti,delle grandi passioni,anzi.Un film sul tempo,sulla memoria,dove rari (e bellissimi) momenti di battaglie si sovrappongono a momenti dolorosi e sofferti (la memorabile scena dell'amputazione).Forse è il testamento dell'autore (anche se non raggiunge i livelli sublimi di "L' albero degli zoccoli"),che ci ha dimostrato,che se vuole,può essere ancora grande.
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E' un film sul dolore e sulla morte quello di Ermanno Olmi.La guerra è vista come mestiere,come arte,un arte che spesso uccide;e la nascita di armi da fuoco è solo un altra delle invenzioni che non fanno altro che rendere l'essere umano più cattivo,violento.Con uno stile lento e solenne,che rimanda a grandi registi del passato (Rossellini,Dreyer,Bresson,Kurosawa ecc.),il vecchio maestro Olmi ci dice cosa vuol dire soffrire,morire,che essere un gran guerriero non vuol dir non avere dei veri sentimenti,delle grandi passioni,anzi.Un film sul tempo,sulla memoria,dove rari (e bellissimi) momenti di battaglie si sovrappongono a momenti dolorosi e sofferti (la memorabile scena dell'amputazione).Forse è il testamento dell'autore (anche se non raggiunge i livelli sublimi di "L' albero degli zoccoli"),che ci ha dimostrato,che se vuole,può essere ancora grande...che il cinema italiano può ancora emergere a livello internazionale.
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immanuel
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domenica 3 luglio 2011
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la geometria di olmi
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Frammenti sparsi di scene di vita e di scorci di storia si addensano sullo sfondo di un’Italia divisa dalle lacerazioni della guerra, oscura e inospitale nel gelido tempo di fine anno che avvolge i personaggi, come spettri, in un’aria caliginosa e livida. Incoerente appare la giustapposizione delle figure e delle scene, come apparentemente confuso risulta il filo che lega gli eventi. L’Italia magistralmente affrescata da Olmi è quella dominata dal determinismo cieco della “politica”; l’Italia che nelle sue opere Machiavelli racconta malata da una crisi politica profondissima. Si è appena consumata la rottura definitiva tra Clemente VII e Carlo V d’Asburgo. Il pontefice ha tradito gli impegni e l’Asburgo, desideroso di punire il Medici infido, autorizza la “calata degli alemanni” perché facciano scempio del patrimonio pietrino.
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Frammenti sparsi di scene di vita e di scorci di storia si addensano sullo sfondo di un’Italia divisa dalle lacerazioni della guerra, oscura e inospitale nel gelido tempo di fine anno che avvolge i personaggi, come spettri, in un’aria caliginosa e livida. Incoerente appare la giustapposizione delle figure e delle scene, come apparentemente confuso risulta il filo che lega gli eventi. L’Italia magistralmente affrescata da Olmi è quella dominata dal determinismo cieco della “politica”; l’Italia che nelle sue opere Machiavelli racconta malata da una crisi politica profondissima. Si è appena consumata la rottura definitiva tra Clemente VII e Carlo V d’Asburgo. Il pontefice ha tradito gli impegni e l’Asburgo, desideroso di punire il Medici infido, autorizza la “calata degli alemanni” perché facciano scempio del patrimonio pietrino. Qui si innesta l’azione di Giovanni de Medici e della sua truppa. Nipote del pontefice, comandante delle armate pontificie, Giovanni assume il compito gravoso di cercare di ostacolare, da solo, l’ingresso dei lanzichenecchi luterani desiderosi di fare razzia, il cui comandante, il von Frundsberg si picca di volere, se nel caso, appendere a un cappio aureo l’”anticristo”. L’azione del De Medici è resa difficile dalla doppiezza e dall’ambiguità dei sovrani italiani. Questi prima negano la fornitura di artiglierie alle bande di Giovanni, poi, meditando accordi vantaggiosi con l’Imperatore, decidono di armarvi la soldataglia del Frundsberg. Sarà proprio uno dei “falcionetti” forniti da Alfonso D’Este a ferire gravemente Giovanni. Questi è presentato nel film attraverso due piani: quello che lo inquadra nell’esercizio della professione, il mestiere delle armi, e nel profilo privato che lo mostra mentre pensa alla moglie e al figlioletto (il futuro Cosimo I de’ Medici) lontani, e quando tra i due consorti viene instaurato un dialogo lontano e quasi metafisico, sempre formale e freddo. Mentre pieno di passione è il rapporto inscenato tra Giovanni e la sua amante, una nobildonna che si arrischia a seguire il suo amato lungo i suoi spostamenti all’inseguimento dei luterani. La dimensione dell’”uomo d’arme” non è eroica; quasi mai si lo spettatore assiste a uno scontro diretto col nemico, in nessun caso si apprezzano le doti militari di Giovanni. Se ne osserva l’intuito, la scaltrezza, l’intraprendenza e il vigore, ma mai ne viene fatta una glorificazione evemeristica. Olmi ha inteso assegnare al personaggio un taglio realistico: la mimesi delle scenografie, dei dialoghi, della fotografie sono assolute. Privo di pose o di orpelli artificiali, il protagonista della pellicola è un uomo autentico, come veri sono gli scenari, storici e umani, in cui si muove e i sentimenti che nutre. L’opera di Olmi è per questo, un capolavoro di pura e geometrica cinematografia.
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great steven
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domenica 31 maggio 2020
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quella cannonata che fu fatale al condottiero...!
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IL MESTIERE DELLE ARMI (IT/FR/GERM, 2001) di ERMANNO OLMI. Con HRISTO JIVKOV, SERGIO GRAMMATICO, DIMITAR RATCHKOV, DESSY TENEKEDJIEVA, SANDRA CECCARELLI, GIANCARLO BELELLI ● 1526. Alle armate dell’imperatore tedesco Carlo V, capeggiate dal generale Zorzo Frundsberg, deciso a impiccare Papa Clemente VII con un cappio d’oro, si contrappongono le truppe pontificie al comando del generale Francesco Maria della Rovere, duca d’Urbino. Tra le truppe pontificie si distingue il capitano di ventura Joanni De’ Medici, conosciuto come Giovanni dalle Bande Nere. Stimato per la sua esperienza in campo militare, è, ancora in vita, un mito irraggiungibile. Nel frattempo Alfonso d’Este, duca di Ferrara, tradendo i patti stabiliti col Papa, cede all’esercito dei lanzichenecchi quattro falconetti, sorta di primitivi cannoncini.
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IL MESTIERE DELLE ARMI (IT/FR/GERM, 2001) di ERMANNO OLMI. Con HRISTO JIVKOV, SERGIO GRAMMATICO, DIMITAR RATCHKOV, DESSY TENEKEDJIEVA, SANDRA CECCARELLI, GIANCARLO BELELLI ● 1526. Alle armate dell’imperatore tedesco Carlo V, capeggiate dal generale Zorzo Frundsberg, deciso a impiccare Papa Clemente VII con un cappio d’oro, si contrappongono le truppe pontificie al comando del generale Francesco Maria della Rovere, duca d’Urbino. Tra le truppe pontificie si distingue il capitano di ventura Joanni De’ Medici, conosciuto come Giovanni dalle Bande Nere. Stimato per la sua esperienza in campo militare, è, ancora in vita, un mito irraggiungibile. Nel frattempo Alfonso d’Este, duca di Ferrara, tradendo i patti stabiliti col Papa, cede all’esercito dei lanzichenecchi quattro falconetti, sorta di primitivi cannoncini. La domenica del 24 novembre 1526 un proiettile esploso da uno di questi marchingegni ferisce gravemente proprio Joanni De’ Medici, portandolo alla morte dopo l’amputazione di una gamba e quattro giorni di agonia. Con la sua scomparsa, Frundsberg e le sue truppe sono liberi di proseguire l’invasione dell’Italia che li condurrà infine al sacco di Roma nel maggio 1527. Sulla soglia dei vicinissimi settant’anni, ribaltando la tesi di Condottieri (1937) di Trenker che teorizzò Joanni come un precursore di Mussolini, attento alla lezione di Rossellini e Tarkovskij, trovata la Pianura Padana in Bulgaria, Olmi realizzò il suo primo film "epico" in cadenze antiepiche che fu, in filigrana, una profonda riflessione sulla morte di ampio respiro religioso e di potente tensione etica, ma anche sull’onore, il coraggio, il dolore e la trasformazione tecnologica del conflitto armato che lo rende ancor più brutale e mortifero. L’opera cinematografica più costosa e difficile della sua cinquantennale carriera è stata anche, sul piano stilistico, la più libera, di semplicità raffinata nella scrittura (una sceneggiatura che, senza insistere sui dettagli, riproduce verosimili dialoghi in un italiano del tardo Rinascimento), arguta nei veloci scorci di battaglie e attenta alla cultura materiale e ai volti dei bambini. La compassione che il regista rivolge al protagonista sul letto funebre non è inferiore a quella dedicata ai soldati che bruciano un crocifisso per riscaldarsi. Nella descrizione della guerra, Olmi non ha bisogno del sangue, in quanto la sofferenza proviene dal freddo, dalla fame e dal peso delle armi e delle corazze trascinate sulla neve nella Pianura Padana. Perché "il mestiere delle armi"? Perché Joanni fu un soldato e come tale rifiutò sempre di essere uno strumento nelle mani della politica. Nonostante i tradimenti e gli inganni, scelse comunque di andare incontro al proprio destino poiché, come disse Orwell, le azioni, anche se sono prive di effetto, non per questo risultano prive di significato. Di fronte alla morte la sua preoccupazione non è quella di un’improbabile salvezza eterna, ma solo quella del suo ricordo e della sua integrità, riassunta nella meravigliosa semplicità di una frase: «Vogliatemi bene quando non ci sarò più». Da non trascurare l’aspetto storiografico: le capacità militari di Giovanni dalle Bande Nere sono ormai sorpassate dai nuovi strumenti di morte, ovvero i falconetti di Zorzo Frundsberg ottenuti dal duca di Ferrara, contro i quali le armature non possono più nulla. Non solo una innovazione tecnologica dell’arte del conflitto, ma soprattutto un decisivo superamento di quei valori che prima ispiravano il combattimento. A dispetto del coraggio individuale e dell’abilità dello stratega, in un Medioevo ormai terminato la morte viene da lontano e non lascia scampo; laddove prima vinceva il valoroso (negli scontri corpo a corpo), ora trionfa chi è possessore della maggior quantità di denaro per comprare le costose e pratiche artiglierie. Sostenuto da una cupezza ovattata che a tratti lascia libera espressione a momenti di maggiore meditazione, il film vanta un andamento narrativo di tutto rispetto, grazie anche ad attori a cui sono stati giudiziosamente affidati ruoli adeguati, fra cui spiccano H. Jivkov nella parte di Joanni e S. Ceccarelli nelle vesti della pudibonda nobildonna mantovana. A ventitré anni di distanza dal superbo L’albero degli zoccoli (1978), è inoltre un ulteriore omaggio da non dimenticare che Olmi fece alla sua Lombardia, rievocando episodi storici piuttosto glissati dai libri di scuola con l’obiettivo di restituire fulgore a figure passate nell’oblio e riedificare mattone dopo mattone un’epopea degna di questo nome senza metterne inutilmente in risalto i fasti (lo dimostra specialmente la rappresentazione delle battaglie, depurata da tutti quei sovrabbondanti elementi di retorica gloriosa e boria immaginifica a cui, purtroppo, ci hanno abituato saghe come Il Signore degli Anelli o Il Trono di spade). Magnifica fotografia del figlio Fabio Olmi. Determinante nel condurre le immagini, in particolar modo nel Requiem, l’apporto musicale di Fabio Vacchi. Premi Sacher per il miglior film dell’anno e per la migliore attrice non protagonista (Ceccarelli). Premiato con nove statuette ai David di Donatello 2002.
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