Domani

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Roberto Nepoti

La Repubblica

La terra trema a Cacchiano, paesino turistico dell'Umbria noto per un'Annunciazione del Beato Angelico e per la produzione del salame all'aglio. Una scossa del nono grado della scala Mercalli che, quando non uccide la gente, le cambia la vita: tra le altre, quelle della famiglia del geometra Paolo Zerenghi (Marco Baliani), marito di Stefania (Ornella Muti) e di due ragazzi soprannominati Ago e Filo; di Giovanni (Valerio Mastandrea) e di sua madre (Ilaria Occhini); delle giovanissime amiche per la pelle Vale e Tina; dell'insegnante di scuola media Betty (Patrizia Piccinini) e dell'inglese Andrew (James Purefoy), giunto a soccorrere l'affresco. Sistemati in container,mentre le loro case sono destinate alla demolizione, i terremotati intrecciano rapporti che la quieta vita del giorno prima non avrebbe neppure lasciato intuire. Domani di Francesca Archibugi, fotografia di Luca Bigazzi, è un film messo in scena con una grazia e una sensibilità che non è dato trovare tutti i giorni. Girato a Sellano, paese sgombrato dopo il terremoto umbro del 1997, mette in scena in parallelo una serie di microstorie di crescita (quella dei ragazzi di Cacchiano) e di declino (l'anziana signora Moccia, malata cui le terapie hanno fatto perdere la memoria; il paese stesso, che non rinascerà dalle macerie ma sarà abbandonato) con un equilibrio che può essere ispirato solo da autentica partecipazione umana: i riti di passaggio non peccano mai di schematismo didascalico; le storie d'amore ai tempi della catastrofe vere o immaginarie sono pudiche, quasi titubanti. Pur con qualche veniale imprecisione (Andrew, che si è laureato con una tesi sull'affresco, non lo aveva mai visto prima), il giocodelle parti è di alta qualità e tutti le interpretano al loro meglio (con una nota di merito per Mastandrea, tra i nostri rarissimi attori giovani capaci di scegliersi i ruoli). Ma c'è qualcosa di davvero straordinario in Domani, una cosa che se il film fosse inglese o francese (noi siamo sempre un po' scettici riguardo alle qualità nazionali) sarebbe più facile additare all'ammirazione generale. Il modo in cui la Archibugi tratta i caratteri dei giovanissimi, preadolescenti (l'amicizia tra le due Valentine) e adolescenti (il ragazzo ombroso che detesta tutti, fuorché la vecchia signora malata): con una perspicacia che, al cinema, solo Truffaut e pochissimi altri ci hanno saputo regalare.
Da La Repubblica, 28 gennaio 2001


di Roberto Nepoti, 28 gennaio 2001

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