mario carretta
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giovedì 1 settembre 2011
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grande film, ma per pochi
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Il film ricorda molto una rappresentazione teatrale. E' quasi interamente ambientato in una camera d'albergo quindi poca azione e molto dialogo. La trame serve ad intervallare ed innescare le riflessioni e i discorsi tra gli attori . Spacey e De Vito si dipingono addosso i personaggi, interpretazione straordinaria di entrambi anche se, a mio avviso, il copione esalta di più Spacey. Il film richiede una certa "attenzione" e non lo definirei certo leggero sia per la sarcastica, cinica comicità di Spacey sia per alcuni degli argomenti trattati. Tuttavia il gioco vale sicuramente la candela. Gli amanti del genere ne saranno affascinati e gli altri dovrebbero guardarlo comunque, ma non prima di andare a dormire.
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Il film ricorda molto una rappresentazione teatrale. E' quasi interamente ambientato in una camera d'albergo quindi poca azione e molto dialogo. La trame serve ad intervallare ed innescare le riflessioni e i discorsi tra gli attori . Spacey e De Vito si dipingono addosso i personaggi, interpretazione straordinaria di entrambi anche se, a mio avviso, il copione esalta di più Spacey. Il film richiede una certa "attenzione" e non lo definirei certo leggero sia per la sarcastica, cinica comicità di Spacey sia per alcuni degli argomenti trattati. Tuttavia il gioco vale sicuramente la candela. Gli amanti del genere ne saranno affascinati e gli altri dovrebbero guardarlo comunque, ma non prima di andare a dormire.
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ivanvalle90
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sabato 16 ottobre 2010
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"a great idea"
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Tre attori, una stanza e una pellicola da 90 minuti. L’idea è originale, gli interpreti: un Kevin Spacey vivace e brioso, forse anche troppo in alcuni punti, un Danny DeVito dei bei tempi in cui ancora recitava, che appare afflitto e pensieroso, e uno sbiadito Peter Facinelli, giovane attore praticamente sconosciuto. La trama non fa avanzare la storia e serve solo da sfondo per le riflessioni quasi “filosofiche” dei tre. I protagonisti, che potrebbero essere definiti come lo scettico (Spacey), il rassegnato (DeVito) e il pivellino bigotto (Facinelli), parlano molto e, tra battute carine e qualche gesticolazione quasi clownesca di Spacey, i dialoghi cercano di far riflettere lo spettatore e di fare uscire, almeno lui, da quella stanza.
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Tre attori, una stanza e una pellicola da 90 minuti. L’idea è originale, gli interpreti: un Kevin Spacey vivace e brioso, forse anche troppo in alcuni punti, un Danny DeVito dei bei tempi in cui ancora recitava, che appare afflitto e pensieroso, e uno sbiadito Peter Facinelli, giovane attore praticamente sconosciuto. La trama non fa avanzare la storia e serve solo da sfondo per le riflessioni quasi “filosofiche” dei tre. I protagonisti, che potrebbero essere definiti come lo scettico (Spacey), il rassegnato (DeVito) e il pivellino bigotto (Facinelli), parlano molto e, tra battute carine e qualche gesticolazione quasi clownesca di Spacey, i dialoghi cercano di far riflettere lo spettatore e di fare uscire, almeno lui, da quella stanza. Dopo una prima parte che scorre abbastanza bene, il film diviene statico e, anche se è vero che la seconda parte è, o dovrebbe essere, quella maggiormente riflessiva, essa sembra risentire dello spazio circoscritto. Così, la profondità dei dialoghi, che delinea un orizzonte dialogico a perdita d’occhio, si frantuma contro le pareti della stanza e trasforma il film in una narrazione troppo lenta. La storia sembra rianimarsi nei tratti finali, ma come una persona che esala gli ultimi respiri prima di morire. La fine sopraggiunge imprevedibile, senza che si possa credere ad un vero e proprio finale. Una conclusione secca che lascia l’amaro in bocca, per mancanza di qualcosa che si è atteso per tutto il tempo ma non è arrivato. Il momento più interessante del film è però il monologo finale, costruito su espressioni che appaiono come vere e proprie rivelazioni su cui riflettere, peccato venga piazzato sui titoli di coda. Sicuramente non è un film per tutti, ma è una grande idea, non sfruttata a pieno nelle sue potenzialità.
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giusepon
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sabato 26 marzo 2011
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spacey torna in te, accetta il consiglio
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Non sempre due grandi attori fanno un capolavoro. Senza alcuna riserva nessuno può non giudicare Danny De Vito e Kevin Spacey due grandi ed eccellenti attori, Hollywood è fatto da grandi dive e da grandi attori loro hanno navigato tra i generi per accostarsi a ciascun di essi nel miglior dei modi possibili e in questa pellicola l'approccio è buono ma non sempre regge per tutti i 90 minuti. Kevin Spacey anche produttore del film si è troppo immedesimanto nel personaggio che solo un anno prima gli ha portato tanto successo in "American beauty" che qui ripropone pulendolo un pò e stabilizandolo del ruolo. Spacey spacciato, senza limiti, diretto, con una moglie e tanti occhi per le altre donne, sembra che il personaggio faccia da tramite tra le due pellicole, lì era il marito qui il lavoratore, abbiamo amato quel personaggio ma non può contaggiare un altra pellicola, non può continuare e morto li in quel film, nell'ultima scena.
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Non sempre due grandi attori fanno un capolavoro. Senza alcuna riserva nessuno può non giudicare Danny De Vito e Kevin Spacey due grandi ed eccellenti attori, Hollywood è fatto da grandi dive e da grandi attori loro hanno navigato tra i generi per accostarsi a ciascun di essi nel miglior dei modi possibili e in questa pellicola l'approccio è buono ma non sempre regge per tutti i 90 minuti. Kevin Spacey anche produttore del film si è troppo immedesimanto nel personaggio che solo un anno prima gli ha portato tanto successo in "American beauty" che qui ripropone pulendolo un pò e stabilizandolo del ruolo. Spacey spacciato, senza limiti, diretto, con una moglie e tanti occhi per le altre donne, sembra che il personaggio faccia da tramite tra le due pellicole, lì era il marito qui il lavoratore, abbiamo amato quel personaggio ma non può contaggiare un altra pellicola, non può continuare e morto li in quel film, nell'ultima scena. Molto meglio De Vito, uomo divorziato con alle spalle una vita fatta di lunghi anni che adesso non fanno altro che riempirgli la testa di "se" e "ma", interpretazione intensa ma non pesante, incorniaciato bene da una fotografia sottile che lo inquadra tra un bicchierino e una bottiglia di gazosa. La suite rappresenta nel miglior modo quello che è la situazione in cui si trovano i tre protagonisti, o ancor meglio De Vito colui che la sceglie, un angolo di vita spenta e passata, qualcosa che un tempo era stupenda e sopra ogni prospettiva, scenografia scelta bene. Il più giovane tra i tre BoB ( Peter Facinelli) assilla tutti con i suoi discorsi religiosi ,anche il grande cliente che tanto attendono, ma alla fine troverà le sue risposte dai due e non nelle sue preghiere, lo sguardo finale tra Spacey e Facinelli rimette quell'equilibrio instabile tra vecchie e nuova generazione di venditori e non solo. L'idea era ottima ma difficile da riuscire forse, un film girato totalmente in un uno anzi due interni, uno scenario ridottissimo, nessuna esterna, il ritmo era scandito solo dai dialoghi che senz'altro funziona ma non sempre reggono in tutta la pellicola, senza De Vito sarebbe stato in fiasco, senza SPacey sarebbe stato fermo, senza Facinelli forse sarebbe stato meglio. Da citare il finale, la colonna sonora del film è un monologo molto famoso e molto bello di Mary Schmich riproposto con una musica che chiude il film e introduce i titoli di cosa, "Usa la crema solare,accetta il consiglio( per questa volta)".
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aristoteles
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domenica 24 aprile 2016
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accetta il consiglio per questa volta
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Probabilmente la recensione è un po troppo severa anche se concordo sul fatto che quanto visto non ci farà cambaire idea sul nostro modo di vivere e pensare.
Il fatto che il film si svolga in poche stanze non mi è dispiaciuto affatto.
I dialoghi ovviamente la fanno da padrone e ci si può tranquillamente affidare a Spacey e De Vito che rimangono due dei miei attori preferiti.
Comunque anche il giovane Falcinelli la sua discreta figura la fa.
Tre venditori combattono per accaparrarsi il cliente migliore ,nell'intramezzo di lunghe attese raccontano con dovizia di particolari le proprie esistenze,le proprie idee sulla vita finendo per confrontarsi anche in maniera cruda e diretta.
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Probabilmente la recensione è un po troppo severa anche se concordo sul fatto che quanto visto non ci farà cambaire idea sul nostro modo di vivere e pensare.
Il fatto che il film si svolga in poche stanze non mi è dispiaciuto affatto.
I dialoghi ovviamente la fanno da padrone e ci si può tranquillamente affidare a Spacey e De Vito che rimangono due dei miei attori preferiti.
Comunque anche il giovane Falcinelli la sua discreta figura la fa.
Tre venditori combattono per accaparrarsi il cliente migliore ,nell'intramezzo di lunghe attese raccontano con dovizia di particolari le proprie esistenze,le proprie idee sulla vita finendo per confrontarsi anche in maniera cruda e diretta.
Tutto fatto molto bene anche se il finale ,almeno secondo il mio giudizio,poteva essere sviluppato in maniera nettamente migliore.
Un piccolo capolavoro sfiorato.
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luca scialo
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sabato 17 aprile 2021
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riflessioni sulla vita
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Tre rappresentanti di una società che produce lubrificanti industriali sono chiamati ad organizzare una convention per attirare nuovi clienti. Ciascuno di loro ha un carattere diverso: c'è chi, cinquantenne, è rimesso e stanco della vita, per le troppe cose negative successegli. C'è chi è quarantenne ed ambisce ancora ad una brillante carriera. E chi, ventenne, è alle prime armi ma ha dei profondi valori religiosi che cozzano col lavoro ipocrita che svolge. I loro caratteri finiranno spesso per scontrarsi, dando però vita a profonde riflessioni sulla vita. Unico film di John Swanbeck, che riprende una opera teatrale dello stesso sceneggiatore che poi scriverà il film Carnage. Anche esso svoltosi tutto in un solo ambiente, dove i personaggi si scontrano.
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Tre rappresentanti di una società che produce lubrificanti industriali sono chiamati ad organizzare una convention per attirare nuovi clienti. Ciascuno di loro ha un carattere diverso: c'è chi, cinquantenne, è rimesso e stanco della vita, per le troppe cose negative successegli. C'è chi è quarantenne ed ambisce ancora ad una brillante carriera. E chi, ventenne, è alle prime armi ma ha dei profondi valori religiosi che cozzano col lavoro ipocrita che svolge. I loro caratteri finiranno spesso per scontrarsi, dando però vita a profonde riflessioni sulla vita. Unico film di John Swanbeck, che riprende una opera teatrale dello stesso sceneggiatore che poi scriverà il film Carnage. Anche esso svoltosi tutto in un solo ambiente, dove i personaggi si scontrano. Ma in quel caso, danno vita anche ad interessanti e variabili relazioni interpersonali: con alleanze che tra loro cambiano di continuo. Qui invece il protagonista assoluto è il senso della vita, che emerge a poco a poco più i protagonisti si scontrano tra loro. Sebbene alla fine convergeranno sulle stesse idee. Bello il monologo finale, con la voce del doppiatore di Denny De Vito che rilegge un articolo scritto 2 anni prima.
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andrea
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sabato 21 aprile 2001
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"kammerspiel deludente"
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In questo film (seconda produzione di Spacey dopo “Il prezzo di Hollywood”) il grandissimo attore di “L.A. Confidential”, “Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, “Seven”, “I soliti sospetti” e “American Beauty” (vero talento emergente del cinema degli ultimi anni assieme a Del Toro) cerca di ricimentarsi con la commedia dopo “C’eravamo tanto odiati” con l’alleniana Judy Davis ma non vi riesce nonostante una spalla come DeVito (misurato nella sua interpretazione), dialoghi a tratti gustosi nella loro salacità e l’interessante impianto da Kammerspiel, anche perché eccede talvolta in gestualità alla Carrey che proprio non gli si addicono e se la prima parte comico-tragica cerca di preparare alla seconda riflessiva e di bilancio umano (in cui affiora il talento drammatico dei due “big”) l’effetto globale è di “ciambella non riuscita con il buco”.
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In questo film (seconda produzione di Spacey dopo “Il prezzo di Hollywood”) il grandissimo attore di “L.A. Confidential”, “Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, “Seven”, “I soliti sospetti” e “American Beauty” (vero talento emergente del cinema degli ultimi anni assieme a Del Toro) cerca di ricimentarsi con la commedia dopo “C’eravamo tanto odiati” con l’alleniana Judy Davis ma non vi riesce nonostante una spalla come DeVito (misurato nella sua interpretazione), dialoghi a tratti gustosi nella loro salacità e l’interessante impianto da Kammerspiel, anche perché eccede talvolta in gestualità alla Carrey che proprio non gli si addicono e se la prima parte comico-tragica cerca di preparare alla seconda riflessiva e di bilancio umano (in cui affiora il talento drammatico dei due “big”) l’effetto globale è di “ciambella non riuscita con il buco”. Scartamento ulteriore e inutile il “finale rap” sui titoli di coda.
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