Sierra Nevada, 1867. All'indomani della grande corsa all'oro nella California del Nord, Dillon (Peter Mullan), sindaco di una piccola comunità rurale sperduta tra le montagne innevate, Kingdome Come, si comporta come un vero e proprio re: dopo aver fatto fortuna con l'oro come pioniere, ha in mano l'intera cittadina e, in qualche modo, il destino dei suoi abitanti. Ora però deve fare i conti con il proprio passato e con il presente. Giungono infatti in paese la moglie malata (Nastassja Kinski) e la figlia (Sarah Polley), che molti anni prima, quando la bimba era ancora in fasce, aveva venduto in cambio di una miniera d'oro, e un giovane ed onesto ingegnere delle ferrovie (Wes Bentley), intenzionato a far spostare il paese a valle per consentire il passaggio del treno che collegherà la costa del Pacifico a quella dell'Atlantico. Dillon è così diviso tra i rimorsi di un passato tornato improvvisamente a galla e il tentativo di preservare a tutti i costi l'integrità del suo paese, cercando di corrompere il giovane e di comprare la linea ferroviaria. Tra interni illuminati debolmente da fioche luci ed esterni dominati dall'accecante bianco di imponenti e silenziose montagne, le vite di questi personaggi s'intrecciano tra rammarico, perdono e speranza. Il perdono è quello che va ad un uomo che il denaro ha reso freddo e dispotico e che ora è tormentato dai sensi di colpa e dall'ansia per l'imminente perdita del proprio regno. A lui non rimarrà altro che una fine tragica. La speranza è quella di un mondo visto con occhi puri e innocenti, come quelli della figlia di Dillon (non a caso di nome Hope, speranza), vittima del passato, ma anche estranea a tutte le vicende presenti. E' virtù di pochi, però, perchè l'insaziabile avidità dell'uomo è dura a morire: nell'ultima scena gli abitanti di Kingdome Come sono pronti a saltarsi addosso come bestie impazzite per impossessarsi delle ricchezze dell'ormai defunto sindaco. Rielaborato da un romanzo di Thomas Hardy (Il sindaco di Casterbridge), il film di Winterbottom è girato con stile realistico, guarda i suoi personaggi con umana compassione e dipinge con vena nostalgica un mondo destinato a scomparire. La narrazione è fluida ed equilibrata e ha un ampio respiro, cosa non comune per Winterbottom, regista che tocca molti generi e che talvolta si perde in film troppo freddi e sottotono.
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