Roberto Nepoti
La Repubblica
A Losanna il celebre pianista André Polonski (Jacques Dutronc) e Mika Muller (Isabelle Huppert), direttrice dell'azienda di cioccolato Muller, si sposano per la seconda volta. Il marito ha un figlio, Guillaume; ma Jeanne (Anna Mouglalis), ragazza nata nello stesso giorno e nella stessa clinica del principino ereditario, si persuade di essere stata scambiata nella culla: in fondo, suona bene il piano come il suo (presunto) papà. Così, decisa a prendere il posto che le spetta, Jeanne s'introduce nella famiglia, dove non tutto è dolce come il cioccolato. Claude Chabrol non ha perduto il tocco d'autore; anzi, con Grazie per la cioccolata ha realizzato forse il film più personale, certo il più radicale della sua lunga carriera. Benché torni una volta di più sul terreno che predilige - il mistero, i segreti di famiglia, l'ambiente borghese - questa volta il regista smorza sistematicamente le piste drammatiche, passa ogni emozione attraverso il filtro di uno stile rigorosissimo e spogliato di qualsiasi enfasi. Raffreddando l'azione, prende gusto a tenere sulla corda lo spettatore, gode a rivelargli poco di quel che sta accadendo sullo schermo, non gli offre piste. Al centro di tutto c'è (assecondata da un Dutronc genialmente amorfo) una superba Isabelle Huppert: più enigmatica che mai, impenetrabile, troppo educata per lasciarsi andare ma impegnata a tessere la sua ragnatela con implacabile freddezza e capacità di calcolo. A Venezia alcuni hanno accusato questo bellissimo film di essere soltanto un esercizio di stile, più una ipotesi che un risultato effettivo. A smentirli basterebbe l'intenso falshback sulla prima moglie di André. E ancor più il fatto che, malgrado la programmaticafreddezza (ecco il genio del regista veterano), Grazie per la cioccolata ti prende, ti coinvolge come un inquietante intrigo sul male e l'umana perversità, diventa stranamente appassionante proprio nella mancanza d'azione.
Da La Repubblica, 13 novembre 2000
di Roberto Nepoti, 13 novembre 2000