gianleo67
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domenica 22 settembre 2013
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manifesto in fieri di un cinema dello spaesamento
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Rossella, attrice teatrale che vive un momento di fragilità emotiva ed esistenziale, torna nel suo appartamento romano dopo un periodo trascorso nell'eremo monastico di un convento gesuita. Qui convive per qualche tempo con il suo affittuario, un ex avvocato partenopeo che si è riconvertito nella produzione scenografica ed alla sua volenterosa assistente, una giovane separata con figlioletta a carico che fa la barista in un locale notturno dello movida estiva romana.
Garrone esporta la sua peculiare cifra stilistica, fatta di una costante ricerca di una dimensione narrativa che fluisce attraverso un elaborato documentarismo, nella location assolata e precaria di un'estate romana dove si intersecano con arbitraria causalità le vicende di personaggi a loro modo incapaci di imprimere una svolta decisiva ad esitenze incerte tra ambizione(spirituale,professionale,sentimentale) e concretezza, tra desiderio e appagamento, tra volontà e potere, sperdute come sembrano nel limbo di una crisi culturale (prima che generazionale) che li relega ad una indolente marginalità.
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Rossella, attrice teatrale che vive un momento di fragilità emotiva ed esistenziale, torna nel suo appartamento romano dopo un periodo trascorso nell'eremo monastico di un convento gesuita. Qui convive per qualche tempo con il suo affittuario, un ex avvocato partenopeo che si è riconvertito nella produzione scenografica ed alla sua volenterosa assistente, una giovane separata con figlioletta a carico che fa la barista in un locale notturno dello movida estiva romana.
Garrone esporta la sua peculiare cifra stilistica, fatta di una costante ricerca di una dimensione narrativa che fluisce attraverso un elaborato documentarismo, nella location assolata e precaria di un'estate romana dove si intersecano con arbitraria causalità le vicende di personaggi a loro modo incapaci di imprimere una svolta decisiva ad esitenze incerte tra ambizione(spirituale,professionale,sentimentale) e concretezza, tra desiderio e appagamento, tra volontà e potere, sperdute come sembrano nel limbo di una crisi culturale (prima che generazionale) che li relega ad una indolente marginalità. Tampinado da presso i personaggi con la sua camera mobilissima e rielaborando i canoni del naturalismo attraverso la saturazione cromatica e la ridondanza dei rumori ambientali, l'autore romano realizza una sorta di manifesto 'in fieri' di un cinema dello spaesamento e dello sradicamento, in cui gli individui sembrano abbozzare delle flebili risposte ad esigenze soverchianti di stabilità e sicurezza (dai tentennamenti afasici della psicolabile protagonista alle approssimazioni professionali di un artista indeciso tra imprecisioni tecniche e velleità sentimentali, alle abitudini sregolate di una mamma single in cerca di un rapporto soddisfacente). Lungi dal cercare spiegazioni esaustive o di realizzarsi entro una improbabile perfezione formale, Garrone asseconda uno spirito di ricerca che diventa esso stesso un aspetto riconoscibile del suo cinema, dove l'interpretazione della realtà viene delegata più al valore 'soggettivo' delle immagini che ad una loro controversa oggettività. Non privo di improvvisi slanci lirici e di una ridondanza metaforica (il mondo di cartapesta che finisce su una affollata spiaggia del litorale romano, la paradossale location di uno spot fotografico di giovani che annaspano all'interno di una bolla di naylon, le ciniche 'lezioni' di un insofferente e disilluso regista teatrale) è comunque un esempio qualificante di un cinema che cerca di rinnovare il linguaggio aggiornando le tematiche di una sfuggente modernità ("Il testo è la realtà, l'unico testo che si può rappresenatre. Solo che questa realtà ci sfugge da tutte le parti, non sappiamo da che parte acchiapparla... ci vorrebbe uno scarto di più di fantasia...una trasversalità. Tutte parole però vedi già vecchie, usate, riusate, trasversale..." ). Aiuto regista quel Gianni di Gregorio che sarà sorprendente autore cinematografico di stralunate estati romane (qui pure comparsa insieme alla riconoscibilissima e icartapecorita musa ispiratrice Valeria De Franciscis). Cinema di ricerca e ricerca di un cinema, possiamo comunque dire: buona la terza!
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howlingfantod
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domenica 7 settembre 2014
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le promesse mancate dell'avanguardia
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Un omaggio al che fu teatro di avanguardia e alle mitiche cantine romane, il contro teatro e la contro arte tout court dalla quale non nasce come causa-effetto il teatro e l’arte istituzionale affatto benchè alcuni “divi” provengano da lì per essere poi cooptati dal sistema. Quindi una galleria di teneri e puri personaggi, molto caratterizzati dalla mano quasi inesistente del regista nel loro essere così’ spontaneamente non attoriali, marginali, residuali come quelli del teatro delle cantine, sotterraneo e scomparso nell’ambiente contestatario di sempre e nello specifico degli anni 70 romani. Nella fattispecie il film illumina questo mondo scomparso in differita di 20 anni, con l’occhio distante di chi ritorna (Rossella)ad un tempo lontano e trova e si trova smarrita nel nuovo millennio, in una città irriconoscibile, cercando di riallacciare fili non riannodabili, sintomo ne è la sua afasia e lo straniamento quasi Pasoliniano del rappresentare la comunque vitalità di queste comparse sotto-borghesi e sotto-culturali determinate in ogni modo a sopravvivere, una cultura e un tentativo di parola non di regime che portano avanti con la loro forza, lei Rossella, lo scenografo napoletano ex avvocato che si interroga disilluso sulla forza dell’arte, la sua assistente.
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Un omaggio al che fu teatro di avanguardia e alle mitiche cantine romane, il contro teatro e la contro arte tout court dalla quale non nasce come causa-effetto il teatro e l’arte istituzionale affatto benchè alcuni “divi” provengano da lì per essere poi cooptati dal sistema. Quindi una galleria di teneri e puri personaggi, molto caratterizzati dalla mano quasi inesistente del regista nel loro essere così’ spontaneamente non attoriali, marginali, residuali come quelli del teatro delle cantine, sotterraneo e scomparso nell’ambiente contestatario di sempre e nello specifico degli anni 70 romani. Nella fattispecie il film illumina questo mondo scomparso in differita di 20 anni, con l’occhio distante di chi ritorna (Rossella)ad un tempo lontano e trova e si trova smarrita nel nuovo millennio, in una città irriconoscibile, cercando di riallacciare fili non riannodabili, sintomo ne è la sua afasia e lo straniamento quasi Pasoliniano del rappresentare la comunque vitalità di queste comparse sotto-borghesi e sotto-culturali determinate in ogni modo a sopravvivere, una cultura e un tentativo di parola non di regime che portano avanti con la loro forza, lei Rossella, lo scenografo napoletano ex avvocato che si interroga disilluso sulla forza dell’arte, la sua assistente. Un mondo post-Pasoliniano così come siamo nell’anno duemila e dove tutte le profezie del riflusso e dello sradicamento si sono avverate e dove il consumo regna sovrano uccidendo la libertà anche e soprattutto di espressione. Interessante la sceneggiatura, le immagini strappate, le voci off a sottolineare il non centro di un mondo del quale si può solo osservare e casomai partecipare malinconicamente il suo lento digradare e il rimanere il tutto ad uno stato embrionale di mancata realizzazione esistenziale ed espressiva .
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