HURRICANE – IL GRIDO DELL’INNOCENZA (USA/GB, 1999)
Diretto da NORMAN JEWISON.
Interpretato da DENZEL WASHINGTON, VICELLOUS REON SHANNON, DAN HEDAYA, LIEV SCHREIBER, DEBORAH KARA UNGER, JOHN HANNAH, CLANCY BROWN, DEBBI MORGAN, DAVID PAYMER, HARRIS YULIN e ROD STEIGER.
§ L'afroamericano Rubin Carter, nato in Kansas nel 1937, divenne ben presto una grande promessa dei pesi medi, dopo una vita travagliata segnata da 7 anni di riformatorio e uno e mezzo di riformatorio, ma proprio alla vigilia dell’incontro che gli sarebbe valso il titolo mondiale in caso di vittoria venne arrestato perché sospettato di omicidio plurimo. Incriminato da schiaccianti testimonianze insieme a un amico e senza nessuno pronto a difenderlo, fu condannato all’ergastolo nel 1967. Dopo un ulteriore processo nel 1976 che altro non fece che attribuirgli un'ulteriore condanna, fu aiutato a partire dal 1985 da un ragazzo nero (nelle cui mani era capitata la sua autobiografia, scritta dietro le sbarre) e tre canadesi bianchi che si interessarono al suo caso e riuscirono, tre anni dopo, a scarcerarlo grazie ad un appello fortunato alla Corte Federale del New Jersey. Il tre volte candidato all’Oscar Jewison (1926), regista e produttore di pensiero liberal-democratico che non ha mai mancato di imbucare le sue idee nei suoi film, mette in piedi un’ottima biografia romanzata quanto basta che schiaccia il pedale dell’ingiustizia razziale, nella quale la minoranza svantaggiata proprio dai detentori del potere finisce per paragonare l’uomo all’animale, che viene di conseguenza condannato a sofferenze che lo segneranno per sempre. Hurricane uscirà dal carcere, anche per merito di Lesra e dei suoi coinquilini che gli hanno dato una mano significativa, ma dopo più di 20 anni di pene indicibili che quasi sicuramente non dimenticherà. La canzone omonima di Bob Dylan, composta nel 1975, sottolinea con accento sofferto e accusatorio la vicenda di questo uomo, capace di «atterrare un uomo con un pugno», ma costretto a vivere in un posto «dove la giustizia è un gioco». L'alta recitazione di Washington gli è valsa l’Orso d’argento a Berlino e il Golden Globe 2000, ma molta gente (compresi i realizzatori del film) avrebbero vederlo trionfare alla cerimonia degli Academy Awards (che comunque conquisterà due anni dopo). Tracce di giallo miste a sequenze tipiche del cinema noir talvolta stuccano, ma la storia scorre sempre con un ritmo piacevole e mai lento. Nel cast, seguono Washington in termini di bravura recitativa Hedaya nel ruolo di uno spudorato detective razzista e il capo delle guardie carcerarie dagli incisivi lineamenti di C. Brown, diviso fra rispetto e risentimento per il protagonista. Bravi anche Shannon, il ragazzo nero dal cuore d'oro, e i tre investigatori canadesi, senza nulla togliere alla moglie di Rubin, sempre innamorata del controverso marito e convinta della sua innocenza. Come sempre, il montaggio viene in soccorso nelle riprese delle scene di pugilato (girate in bianco e nero), affinandole.
Biografico; giudizio personale: 7½ (più che discreto)
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