filippo catani
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venerdì 27 maggio 2011
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quando razionalizzare significa licenziare
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Un operaio di una fabbrica francese riesce a fare frequentare, con profitto, l'università al proprio figlio da sempre appassionato di materie economiche e di gestione del personale. Il ragazzo verrà mandato come stagista nella fabbrica dove lavora il padre per studiare una "razionalizzazione" della forza lavoro in vista delle 35 ore. Tutto cambia quando il ragazzo, nel frattempo divenuto il pupillo del padrone, scopre che a seguito di un suo suggerimento la fabbrica si appresta a licenziare diversi operai tra cui il padre.
Un ottimo film che direi rimane sempre di attualità e propone temi spinosi. Innanzitutto l'immensa soddisfazione che un padre che per tutta la vita ha fatto l'operaio può vedere ben istruito il proprio figlio.
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Un operaio di una fabbrica francese riesce a fare frequentare, con profitto, l'università al proprio figlio da sempre appassionato di materie economiche e di gestione del personale. Il ragazzo verrà mandato come stagista nella fabbrica dove lavora il padre per studiare una "razionalizzazione" della forza lavoro in vista delle 35 ore. Tutto cambia quando il ragazzo, nel frattempo divenuto il pupillo del padrone, scopre che a seguito di un suo suggerimento la fabbrica si appresta a licenziare diversi operai tra cui il padre.
Un ottimo film che direi rimane sempre di attualità e propone temi spinosi. Innanzitutto l'immensa soddisfazione che un padre che per tutta la vita ha fatto l'operaio può vedere ben istruito il proprio figlio. E allo stesso tempo il figlio che, conscio dei grandi sacrifici della famiglia, non si è certo risparmiato nello studio. Il problema purtroppo è quando dalla teoria bisogna passare alla pratica quando cioè si scopre sul campo quali significati e quali scelte si celano dietro certi termini del gergo economico. Naturalmente questa scoperta non porta solo dissidi a livello personale ma profonde lacerazione anche nel modo familiare e delle amicizie. La bravura del regista è quella di non perdere mai questa umanità per addentrarsi in inutili tecnicismi filosofici nella rappresentazione dell'eterno contrasto tra operaio e proprietario o tra forza lavoro e mercato.
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xquadro
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martedì 10 maggio 2011
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il presente si fa precario
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A rivederlo oggi viene da pensare che siamo tutti partiti da lì. Il sondaggio in fabbrica per capire come la pensano gli operai e poi la lista dei licenziamenti. Oggi quei posti di lavoro non sono stati recuperati. A riempire i vuoti, che sono sempre di meno perchè di lavoro ce n'è sempre meno, sono rimasti i precari. E in qualche caso abbiamo già superato anche questa soglia: i precari stiano a casa, sono di troppo. Anche loro. Padre e figlio sono diversi: conducono vite diverse, hanno prospettive diverse, reagiscono in modo diverso di fronte agli scenari di un mondo che cambia ogni mese, ogni giorno, ogni anno. Si scontrano e si ritrovano, ma fino a quando? Nell'era del precariato cosa c'è di più precario del presente? Il finale fotografa questo stato di cose.
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A rivederlo oggi viene da pensare che siamo tutti partiti da lì. Il sondaggio in fabbrica per capire come la pensano gli operai e poi la lista dei licenziamenti. Oggi quei posti di lavoro non sono stati recuperati. A riempire i vuoti, che sono sempre di meno perchè di lavoro ce n'è sempre meno, sono rimasti i precari. E in qualche caso abbiamo già superato anche questa soglia: i precari stiano a casa, sono di troppo. Anche loro. Padre e figlio sono diversi: conducono vite diverse, hanno prospettive diverse, reagiscono in modo diverso di fronte agli scenari di un mondo che cambia ogni mese, ogni giorno, ogni anno. Si scontrano e si ritrovano, ma fino a quando? Nell'era del precariato cosa c'è di più precario del presente? Il finale fotografa questo stato di cose. Interessante.
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