Lietta Tornabuoni
La Stampa
Kadosh significa sacro, e il titolo ha il suono del sarcasmo o dell'indignazione. Il film di Amos Gitai, più interessante che bello, analizza non soltanto antropologicamente a Gerusalemme, nel quartiere Mea Shearim che ospita gli ebrei superortodossi, una condizione femminile. Per questo gruppo religioso, le donne sono creature inferiori (“Sii benedetto, Dio eterno, per non avermi fatto donna”, è una preghiera); le donne esistono soltanto per mettere al mondo figli, “nuovi ebrei”, e per lavorare, così da permettere ai mariti mantenuti di studiare la Torah; la sterilità è per loro una maledizione; non possono tentare l'inseminazione artificiale né far esaminare il liquido seminale del marito per vedere se la sterilità risale a lui; non possono denudarsi e al momento del matrimonio debbono tagliarsi i capelli. [...]
di Lietta Tornabuoni, articolo completo (2173 caratteri spazi inclusi) su La Stampa 7 Aprile 2000