Quando si guarda "Eyes wide shut" il primo pensiero che balza alla mente va rivolto immediatamente a Kubrick. Con quest'opera infatti il maestro newyorkese ha chiuso sia la carriera che la sua stessa esistenza, quasi che il cinema a cui lui ha dato un contributo non solo importante, ma decisivo si dovesse simbolicamente "prendere la sua vita".
E' impressionante come Kubrick qui riassuma splendidamente tutto il suo cinema. In "Eyes wide shut" tutto è Kubrick: le immagini, le musiche, le suggestioni, le atmosfere nelle quali si esprime benissimo il suo usuale stile, costantemente sospeso tra l'iper-reale e il surreale, il simbolico e il concreto.
La trama è intricata e straordinariamente coinvolgente: il dottor William Harford e sua moglie Alice sono una coppia benestante. Dopo una serata di gala in cui i due si lasciano corteggiare, irrompe una scottante rivelazione di lei (facilitata anche dall'effetto della marijuana): la ragazza dice di aver desiderato un giovane ufficiale con tutta se stessa, per il quale sarebbe stata disposta addiritura ad abbandonare lui e la piccola figlia di sette anni. Da questo momento il giovane dottore cade vittima di un'ossessione, immaginandosi la moglie in atto di tradimento; così egli inizia a "vendicarsi", reprimendo ogni razionalità, cedendo alle lusinghe della figlia di un paziente defunto, andando a casa di una prostituta e, in una delle sequenze più belle e caratterizzanti di tutto il film, riuscendo ad infiltrarsi in una villa in cui una specie di confraternita mette in scena strani riti esoterici legati alle più stravaganti pulsioni sessuali. Egli rischia addirittura la vita, trovando via di scampo soltanto nel sacrificio di una prostituta che scoprirà poi esser colei che, durante la festa della sera prima, lui ha salvato da un overdose.
Tutto ciò che succede a William però spiazza perchè ci si aspetterebbe un vero e proprio tradimento che però non arriva mai. Tutto è velato, indugiante e sfiorato, quasi a sottolineare il parallelismo con il sogno di Alice, e per mettere sullo lo stesso piano il tradimento di lei e di lui, un piano onirico e mai reale, ma piuttosto vissuto in due modi diversi: Alice attraverso il sogno e William attraverso la realtà (o presunta tale).
Con questo complicato meccanismo psicologico Kubrick vuol forse sottolineare la fatalità delle esperienze d'amore dell'uomo, il quale è sempre in balia degli istinti e che mai, per amare, può stabilizzarsi sulla superficie della sola regione e dell'ufficialità di un rapporto sotto "l'ufficialità" un po' ipocrita del matrimonio. Inoltre sembra evidenziare in tono pessimistico la tendenza dell'essere umano a ricorrere al sesso come strumento freddo e staccato dalla dimensione dell'amore vero, che però adempie alla soddisfazione di un bisogno quasi primitivo, che sfocia in vizio (straordinaria in questo senso una frase di Alice, la quale dice proprio mentre dentro di lei si sentiva attratta carnalmente dall'ufficiale, di aver amato in maniera intenssissima William, ma di un amore tenero e triste).
C'è inoltre una velata e forse non voluta critica alla società borghese ritenuta l'esasperazione e il portabandiera dei peggiori difetti umani, anche se probabilmente questa è solo una scelta narrativa.
Questo film è il punto di arrivo kubrickiano, tecnicamente girato in maniera maniacale (due anni solo di riprese), quest'opera coinvolge dal primo all'ultimo secondo, lasciando lo spettatore in uno stato di continuo dubbio e riflessione, al contempo esterrefatto dalla perfezione stilistica ed interpretativa.
Ogni primo piano è ossessivo, teso a sottolineare ogni emozione, ogni fotografia è originale, ogni inquadratura è una gemma incastonata nella mente dello spettatore, che rimanda a tutto lo straordinario percorso cinamatografico attraverso il quale Kubrick ci ha guidati per oltre quarant'anni, fatto di poche, centellinate ma strepitose opere.
A mio parere, esistono in sostanza due categorie di cinema: il cinema dei "comuni mortali" nel quale si può apprezzare la bontà o la negligenza tecnica, espressiva o narrativa, considerando il genere di appartenenza, anche per i cosiddetti "registi d'autore"; poi c'è il "cinema dei geni" in cui tutto è caratterizzante, originale, quel cinema che in poche parole si riconosce a "vista d'occhio", che riesce a fuggire da ogni schema, genere e convenzione, sempre in grado di stupire, proiettandoci in una dimensione unica e che dona una sensazione di irripetibile. Kubrick, piaccia o no, appartiene sicuramente a questa seconda categoria e "Eyes Wide Shut " ne è un esempio lampante e raffinato, come ogni opera del grandissimo regista anglo-amercano.
Il cinema di Kubrick difficilmente abbandona l'anima e ci coinvolge in un fascino che purtoppo, dopo questo "Eyes Wide Shut" , non potremo mai più aprezzare d nuovo, ma forse è proprio per questo che questo film resterà nella storia: l'arte è anche questo, assoluta unicità.
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