Eyes Wide Shut |
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Un film di Stanley Kubrick.
Con Nicole Kidman, Tom Cruise, Madison Eginton, Jackie Sawiris.
continua»
Drammatico,
durata 160 min.
- Gran Bretagna, USA 1999.
MYMONETRO
Eyes Wide Shut
valutazione media:
4,04
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Odissea nel mondo esterno (alla coppia)di Paolo 67Feedback: 9827 | altri commenti e recensioni di Paolo 67 |
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martedì 22 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Kubrick aveva in mente già dopo "Arancia meccanica" la trasposizione del romanzo di Schnitzler, un medico psicoanalista molto ammirato da Freud che lo considerava una specie di suo doppio. Dopo aver riversato parte dei contenuti nella sua opera, è riuscito finalmente a girare il film, con la consueta maniacale perfezione che qui raggiunge un livello mai visto prima nel suo e in tutto il cinema. Il tema è quello di un matrimonio felice sconvolto dalle confessioni di lei e da una avventura notturna di lui che riveleranno ai coniugi gli impulsi della loro vita interiore. Attraversando la notte, il protagonista svolge una specie di esame di coscienza mentre tutto gli crolla intorno, rivelando la corruzione oltre la facciata di quel bel mondo cui aspira nelle sue ambizioni (come avveniva ne "La dolce vita" di Fellini). Portare avanti il matrimonio sembrerà al protagonista la luce di un esistenta sempre tentata (e a volte annientata) dal peccato. Egli vede il suo doppio (come Humbert Humbert vedeva Quilty in "Lolita") nella persona di Ziegler, che rappresenta il potere e il denaro senza coscienza morale (è così ricco e potente per questo) e viaggia in un mondo che gli presenta tutti gli aspetti della perversione e del mercenarismo. Molto laico (anche nella conclusione "aperta" sul matrimonio, una felicità da conquistarsi giorno per giorno), può reggere l'interpretazione in chiave di "Fidelio" beethoveniano, suggerito dalla parola d'ordine per entrare nel castello (anche se nella versione originale è "Danimarca"), cioè la luce dell'amore rappresentato dalla fedeltà coniugale che squarcia le tenebre di un mondo avvolto nel male e nella menzogna, un libertà spirituale dal carcere del peccato terreno, ma Kubrick lascia come sempre lo spettatore libero limitandosi a far scaturire la riflessione morale dalla durezza obiettiva dei fatti e delle situazioni marcate in modo geometrico, euclideo secondo un procedimento caro ai moralisti settecenteschi se non del Medioevo, come manifestazione fisica dei concetti (e viceversa). Tutto il film è una lussuosa galleria kubrickiana, dal "noir" a "Lolita", dalle atmosfere ultraterrene di "2001" e "Shining" alle simbologie allegoriche e ai flash subliminali, dal sarcasmo corrosivo all'ironia paradossale e all'umorismo sardonico. Kubrick ha fatto in tempo a finire una straordinaria copia, che aveva approvato soddisfatto ("E' il mio film più bello" ebbe a dire dopo averlo visto nella prima proiezione privata) ma sulla quale sarebbe con ogni probabilità ritornato sopra, come ha fatto con tutti i suoi film (quasi 20 minuti tagliati in "2001", una sequenza magistrale eliminata dal "Dottor Stranamore" e così via) per renderlo ancora più compatto. La scena del film in cui Ziegler parla col dottor Harford verso la fine del film può sembrare troppo lunga, ma Kubrick voleva mostrare il ruolo di Ziegler come manipolatore,come lo era Quilty in "Lolita", che parimenti è stato accusato di eccessiva preponderanza: questi rappresentano inoltre una delle ossessioni più profonde di Kubrick, quella del doppio. Come sempre, Kubrick sperimenta: la densità senza pari dei colori è stata ottenuta aumentando il tempo di immersione dei negativi per lo sviluppo. Nicole Kidman recita un ruolo molto importante: è una delle figure femminili più positive dell'opera del regista. La sua battuta finale, molto kubrickiana nella sua lapidaria sinteticità, chiude bruscamente il film come subliminalmente si era aperto, col suo nudo tra i titoli, una specie di apparizione del monolito, che invita ad essere trapassato come nella sequenza del mistero della vita nel finale di "2001"... Come Fellini nel "Satyricon" Kubrick usa i colori in modo psicologico-subliminale, senza soluzione di continuità dal realismo all'espressionismo (i suoi due cardini espressivi) fino allo psichedelico (il vecchio leone di "2001"). Il film, che di nuovo rievoca i miti e gli archetipi della Storia che Kubrick ha sempre rimescolato nella sua opera, e anche gli stili pittorici (come nella sequenza dell'"orgia" dove ogni stanza è un quadro diverso), ha la struttura di un sogno (il libro era una ricapitolazione delle esperienze psicoanalitiche di Schnitzler), ed è infatti nello stato R.E.M. dello stesso che gli occhi sono "spalancati chiusi". Il fatto che Cruise e la Kidman fossero all'epoca veramente marito e moglie moltiplica il gioco di specchi del film, che in fondo non fa che rivelare al protagonista il suo profondo, unico metafisico tra il fuori dell'universo e il dentro del suo inconscio, in cui non esiste l'Io (come evidenziano le maschere dell'orgia dove scompare l'identità in una regressione a un oscuro magma libidinale dove, come Kubrick sottolinea col bacio tra le maschere, non esiste il sentimento ma una meccanica iterazione). Come tutti i film di Kubrick, anche questo può dare una impressione iniziale di freddezza, ma se si guarda a mente riposata e con attenzione, il ghiaccio (quello di Jack raggelato come un fotogramma fisso alla fine di "Shining", lo stato della materia più vicino alla fotografia, di cui il cinema è l'ingannevole nel suo movimento successione di fotogrammi) si scioglie e il film può dare grande soddisfazione, sensuale e intellettuale innanzitutto, ma anche comunicare la sensibilità profondissima di un romantico la cui cerebralità è solo una (straordinaria) corazza. "Eyes wide shut" è la sublime conclusione dell'opera di un cineasta visionario di raro, stupefacente talento, che fa risplendere nel meraviglioso, in quella luce algida e un po' plumbea propria del genio tutte le inquietudini, i tormenti e i desideri dell'uomo, animale i cui istinti sono in contrasto con la sua intelligenza (la morale ha base razionale), sempre nella speranza (o nella ricerca) di qualcosa o qualcuno che lo liberi facendogli superare il suo tragico conflitto sociale e interiore che Kubrick ha saputo rendere al cinema forse meglio di chiunque altro, come il sentimento di fronte al mistero, da compagno di strada ex studente un po' svogliato che ha sempre amato l'umanità.
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