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La leggenda del pianista sull'oceano |
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Un film di Giuseppe Tornatore.
Con Tim Roth, Pruitt Taylor Vince, Bill Nunn, Clarence Williams III, Peter Vaughan.
continua»
Fantastico,
Ratings: Kids+16,
durata 165 min.
- Italia 1998.
- Medusa
uscita mercoledì 28 ottobre 1998.
MYMONETRO
La leggenda del pianista sull'oceano   
valutazione media:
3,58
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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danzando sull'oceano in tempesta (2)
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| sabato 9 gennaio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Altre scene spettacolose sono quella in cui i due “danzano sull’oceano in tempesta”, o ancora la spettacolosa sfida a colpi da jazz tra Novecento e Jelly Roll Morton, coronata dalla frase “questa fumala tu, io non ne sono capace”. Per arrivare infine all’ultimo dialogo tra Tim Roth e Vince, in cui Novecento, oltre a rifiutarsi di scendere dalla nave, nonostante questa, ormai ridotta a vecchio rottame, stia per essere fatta saltare in aria, ma spiega anche all’amico il perché si fosse rifiutato di sbarcare dopo il dialogo sopra menzionato e si fosse invece fermato a metà della scala. Novecento dice “non è quello che vidi che mi fermò, Max … è quello che non vidi … puoi capirlo? Quello che non vidi … in quella sterminata città c’era tutto tranne la fine”. Insomma fu la paura Kierkegaardiana della scelta a fermarlo. “tu pensa ad un pianoforte: i tasti iniziano, i tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti, non sono infiniti loro; tu sei infinito, e su quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita. (…) ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai e questa è la verità, che non finiscono mai, quella tastiera è infinita. Ma se quella tastiera è infinita allora non c’è musica che puoi suonare. Sei seduto sul seggiolino sbagliato. Quello è il pianoforte su cui suona Dio” (…)“ma dimmelo come fate voi laggiù a scegliere una strada, a scegliere una donna, una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire” (…) “io ci sono nato su questa nave” (… ) “io ho imparato a vivere in questo modo … la terra.. è una nave troppo grande per me, è una donna troppo bella, è un viaggio troppo lungo, è un profumo troppo forte, è una musica che non so suonare.. non scenderò dalla nave … al massimo, posso scendere dalla mia vita”. Per quanto io capisca questo suo discorso, non posso fare a meno di notare una sorta di “inettitudine”- ben lontana da quella di stampo pirandelliano s’intende- nei confronti della vita, perché nel momento in cui questa ha bussato alla porta del suo cuore, tramite la forza della passione, dell’amore, egli ha rifiutato di aprirla, rinunciando così a quella parte dell’esistenza per cui vale, in fin dei conti, la pena di vivere.
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