Lucchetti fa condannare ai suoi personaggi, sia pure in maniera
(Non troppo) sentenziosa la retorica. Quasi come, a costo di
arrampicarsi sugli specchi, si volesse togliere un sassolino alla
scarpa contro qualcuno. Ma, per evitare di guardare la semplicità
in maniera troppo sofisticata(Sicuri?), potremmo limitarci ad
evidenziare che questo nuovo -Forse- modo di gettare nuova luce
su sentimenti "post-bellici" è quanto di più simpatico offra questo
filmetto, a suo tempo stroncato da molta critica italiana, che (s)
corre (via) come acqua fresca, quasi emulando la semplicità dei
suoi protagonisti, ma anche -O soprattutto?- le tante
semplificazioni in cui incorre la sceneggiatura.
Anziché parlare -Solo- di un'Italia da ricostruire, della pace da
ritrovare -Tutte cose nobilissime, per carità- Luchetti, o lo stesso
Meneghello cui ci si è ispirati, appaiono percepire il conflitto
bellico come qualcosa che abbia strappato la semplicità al
mondo. Ed ecco dunque il piacere di scoprire e ri-scoprire gesti
semplici oppure preziosissimi, come donare formaggio a chi sia
morto di fame, ed al contempo il fastidio vrso la retorica: qualcosa
di pesante, di opprimente, quasi quanto il conflitto appena
terminato. Ed al contempo la ri-conquista delle città "Domani, ce la
riprendiamo. Domani!" esclama, ad un certo punto, la Montorsi),
come uno spazio dic ui riappropriarsi; ma, forse, non
esclusivamente nel senso ego-centrico di "possesso".
Però. I però non mancano, anzi. Se davvero Luchetti ed i suoi
sceneggiatori avessero provato fastidio per la retorica, perché mai
disseminare il film di scene come l'uccisione del giovane tedesco
-Certo, in guerra.....-, ma soprattutto "i parenti di secondo grado", i
cartelli sentenziosi, e persino altre frasi che non aggiungono
praticamente nulla -Quella sulla musica, per esempio, come
quelle sul "Dolore fisico", o le scene in cui Accorsi ricorda la
brutalità della guerra. Oltretutto, nell'ultima scena, si potrebbe
essere cattivelli, e dire che l'opera stessa riabilita quella retorica di
cui, ufficialmente, voleva liberarsi.
Dove il film "funziona" meglio, semmai. è nel descrivere la
sparatoria come una liberazione, con una musica di sottofondo
che, senza buonismi di sorta, esprime affetto verso chi tiri: uno
sfogo, un riacquistare la semplicità perduta, come quando ci si
abbraccia con il timore di non rivedersi più.
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