iaco
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lunedì 23 luglio 2001
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sconvolgente commento
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Un film raggelante, ipnotico, recensito e commentato da un ipotetico critico che probabilmente ha riparato motori fino all'altro ieri!!! E' un film che va visto, eliminando il commento "ridicolo" presente su questo sito.
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darko
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lunedì 17 aprile 2006
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il miglior dogma
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La prima bellissima inquadratura del film mostra un giovane uomo vestito di nero che parla al telefonino con una persona cara, lo vediamo molto in lontananza su una lunga strada dritta in mezzo alle dolci e quasi inesistenti colline danesi. Annuncia che sta per raggiungere la famiglia per il compleanno del padre. Il tono è leggero, romantico. Sentiamo la sua voce come se fosse a un centimetro dal nostro orecchio, mentre invece si trova metri e metri lontano. Questa è la prima regola infranta da Vinterberg, se si vuole stare a seguire il rigoroso schema del DOGMA '95 messo a punto insieme al suo "padrino" Lars von Trier: niente effetti, tutto in presa diretta, no ai salti temporali e geografici nella narrazione.
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La prima bellissima inquadratura del film mostra un giovane uomo vestito di nero che parla al telefonino con una persona cara, lo vediamo molto in lontananza su una lunga strada dritta in mezzo alle dolci e quasi inesistenti colline danesi. Annuncia che sta per raggiungere la famiglia per il compleanno del padre. Il tono è leggero, romantico. Sentiamo la sua voce come se fosse a un centimetro dal nostro orecchio, mentre invece si trova metri e metri lontano. Questa è la prima regola infranta da Vinterberg, se si vuole stare a seguire il rigoroso schema del DOGMA '95 messo a punto insieme al suo "padrino" Lars von Trier: niente effetti, tutto in presa diretta, no ai salti temporali e geografici nella narrazione. Ma chi se ne frega del Dogma, dato che il fondatore attualmente è impegnato nel concludere la sua trilogia sull'America, che di naturalistico praticamente non ha niente. Se il suo dogma gli impediva di contraffare il cinema, lui alla fine si è preso la libertà di tradire questa ideologia (dando quindi il permesso anche a Vinterberg) e di mettere in atto una rappresentazione sofisticatamente tearale, espressionista. Insomma... Di tutti i film fatti fino ad oggi da questi due registi, FESTEN è il più vicino all'idea d'origine e, c'è da dire, il regista giovanissimo riesce a superare il maestro scrivendo una storia di grande impatto sociale. Il senso di disgusto e schifo generale non manca, ma c'è meno arresa e sfiga rispetto ai film di von Trier. FESTEN è più energico ed esteticamente raggiunge un alto livello qualitativo nonostante il film sia stato girato con pochi mezzi e rudimentali. Le luci, i colori, gli attori e le ambientazioni sono assolutamente perfetti e contribuiscono a creare un film "puro e duro". Piaccia o non piaccia, è il migliore della scuola DOGMA.
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mahatma baabi
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controcorrente
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E' in fondo così facile sparare sul Dogma... E lo è ancora di più dopo che certi critici l'hanno esaltato... Ma scendendo un attimo dal piedistallo di chi i film li guarda già con una penna in mano, Festen è un esempio di ottimo cinema, che con pochi mezzi colpisce anche lo spettatore più pigro…
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pome
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martedì 25 marzo 2008
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lamenti borghesi
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Festen: la critica alla società borghese più evidente che mai... In questa pellicola è molto evidente il lato anticonformista e critico del regista, che banalizza e scherza con questa festa di compleanno del capo famiglia, sottolineando i caratteri difficili e particolari dei protagonisti e delle comparse (cuochi, cameriere, ospiti). Il film narra la storia di questa grande e ricca famiglia danese che si riunisce in campagna per festeggiare il sessantesimo compleanno del padre capostipite. Al pranzo, il figlio maggiore, christian, mette in evidenz i problemi infantili col padre, gli atti di pedofilia compiuti e le violenze fisiche e psicologiche subite. Tutto questo per accusarlo del suicidio della sorella gemella.
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Festen: la critica alla società borghese più evidente che mai... In questa pellicola è molto evidente il lato anticonformista e critico del regista, che banalizza e scherza con questa festa di compleanno del capo famiglia, sottolineando i caratteri difficili e particolari dei protagonisti e delle comparse (cuochi, cameriere, ospiti). Il film narra la storia di questa grande e ricca famiglia danese che si riunisce in campagna per festeggiare il sessantesimo compleanno del padre capostipite. Al pranzo, il figlio maggiore, christian, mette in evidenz i problemi infantili col padre, gli atti di pedofilia compiuti e le violenze fisiche e psicologiche subite. Tutto questo per accusarlo del suicidio della sorella gemella. Tra crisi, pianti, risse e intrighi, il regista mette in evidenza il vero lato di queste nobili famiglie borghesi, triste e pieno di problemi; per tutto il film infatti il lato felice e orgoglioso di questi ricchissimi ospiti. Il film è privo di colonna sonora e sceneggiatura. Questo lo rende curioso ed originalissimo nel genere, anche se a volte appare lento e ripetitivo.
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video-r
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domenica 9 febbraio 2014
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perversione e castità
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La vicenda, attendendosi ai dettami del collettivo Dogma 95, si svolge in un spazio e un tempo determinati: ci troviamo difatti nella residenza di una ricca famiglia danese, riunitasi per celebrare il sessantesimo compleanno del suo più stimato componente, l'imprenditore Helge Klingenfeldt. La festa in suo onore, già offuscata dal recente suicidio della figlia Linda, assume una piega ancora più sinistra quando il gemello di questa, Christian, approfitta di un brindisi per accusarlo di averli stuprati da bambini. A tale rivelazione i convitati rimangono interdetti e, non sapendo come reagire, continuano i festeggiamenti con micidiale noncuranza; il tutto mentre nelle cucine la servitù si adopera per vendicare i figli.
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La vicenda, attendendosi ai dettami del collettivo Dogma 95, si svolge in un spazio e un tempo determinati: ci troviamo difatti nella residenza di una ricca famiglia danese, riunitasi per celebrare il sessantesimo compleanno del suo più stimato componente, l'imprenditore Helge Klingenfeldt. La festa in suo onore, già offuscata dal recente suicidio della figlia Linda, assume una piega ancora più sinistra quando il gemello di questa, Christian, approfitta di un brindisi per accusarlo di averli stuprati da bambini. A tale rivelazione i convitati rimangono interdetti e, non sapendo come reagire, continuano i festeggiamenti con micidiale noncuranza; il tutto mentre nelle cucine la servitù si adopera per vendicare i figli. Nel frattempo la tensione sale e raggiunge l'apice quando Helge è dichiarato responsabile della morte della figlia e Christian, per questa sua affermazione, viene forzatamente allontanato dal fratello minore Michael. La precauzione si rivela però inefficace dal momento che Helena, l'altra sorella, si decide a rendere pubblica la lettera d'addio trovata in camera di Linda, toltasi la vita per il ricordo degli abusi paterni. A questo punto diventa quindi impossibile per il capofamiglia nascondersi e, non potendo più addurre giustificazioni, si limita a fingersi pentito in un ultimo, quanto ridicolo, tentativo di riconciliazione: questa volta sarà infatti lui a venire allontanato, evitando di turbare la pace familiare così faticosamente raggiunta.
I principi della poetica del Dogma (regia castigata, essenzialità scenica e assenza di effetti speciali) nella mani di Vinterberg diventano strumenti ideali per rendere verosimile una storia di incredibile brutalità; tra questi la camera a mano, usata in maniera tutt'altro che amatoriale, consente allo spettatore di penetrare le dinamiche interne al racconto senza mai scadere nell'indiscrezione. Ne risulta dunque un'opera che, più che per gli espedienti tecnici, si distingue per la capacità di trattare argomenti scomodi con invidiabile lucidità; abilità, questa, che Vinterberg dimostra anche nel suo ultimo “The haunt”, una variante sul tema dell'abuso minorile riproposta da un'inedita prospettiva.
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stabeinrhapsody
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lunedì 5 marzo 2012
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dogme 1 - festen
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Non tutto è come sembra, alla festa del sessantesimo compleanno del ricco Danese protagonista di questa disavventura. L'estrema ricchezza, le belle parole, un centinaio di invitati, non sono abbastanza per compensare il violento e disgustoso passato di Helge. Non basta apparire belli, per esserlo. E questo ce lo fa notare il figlio Christian che, inaspettatamente, durante la festa, propone un discorso. Un discorso dedicato a suo padre, i cui contenuti sono così disgustosi, privi di buon gusto, da provocare il silenzio totale di ogni invitato. E da quel momento in poi prevale la tragedia sulla festosità che animava -in modo alquanto insano- il film.
Thomas Vinterberg, dirigendo questo film, non solo ottiene il premio più prestigioso del festival di Cannes; ottiene bensì ottime critiche, ed un buon successo di pubblico.
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Non tutto è come sembra, alla festa del sessantesimo compleanno del ricco Danese protagonista di questa disavventura. L'estrema ricchezza, le belle parole, un centinaio di invitati, non sono abbastanza per compensare il violento e disgustoso passato di Helge. Non basta apparire belli, per esserlo. E questo ce lo fa notare il figlio Christian che, inaspettatamente, durante la festa, propone un discorso. Un discorso dedicato a suo padre, i cui contenuti sono così disgustosi, privi di buon gusto, da provocare il silenzio totale di ogni invitato. E da quel momento in poi prevale la tragedia sulla festosità che animava -in modo alquanto insano- il film.
Thomas Vinterberg, dirigendo questo film, non solo ottiene il premio più prestigioso del festival di Cannes; ottiene bensì ottime critiche, ed un buon successo di pubblico. Ma io non sono qui per stare dalla parte nè del pubblico, nè della critica, ma bensì dalla mia parte, cioè quella di un ragazzo qualsiasi imbattutosi in questo film (quasi) casualmente.
La mia prima impressione fu che era ottimamente diretto, d'altronde sono abituatissimo e devotissimo al cinema di Lars Von Trier, che è il secondo creatore (insieme al regista del film in questione) del Dogma95, di cui questo film è il manifesto. Inevitabili riprese a mano, mancanza totale di colonna sonora, luci naturali, assenza di effetti speciali e di filtri ottici. Insomma, grandissima parte delle regole imposte dal dogma cinematografico danese sono state rispettate. Dopo la direzione del film, ho voluto dare uno sguardo più attento alla recitazione degli attori. E, non conoscendo nessuno degli attori presenti nel film, mi sono incredibilmente stupito per il fatto che recitano in una maniera pressochè impeccabile. Soprattutto il figlio Christian e suo fratello Michael. Ma nessuno degli attori è da sottovalutare. E per quanto riguarda la storia, il montaggio e la sceneggiatura non v'è nulla da dire, pressochè perfette. Insomma, uno dei film più belli che ho visto di recente. Da non perdere per nulla al mondo, soprattutto se non gradite il mondo della nobiltà. Capolavoro.
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filippo catani
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mercoledì 26 marzo 2014
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una famiglia devastata
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Danimarca. I membri di una famiglia dell'alta borghesia si ritrovano a festeggiare il sessantesimo compleanno del padre insieme ai membri più influenti della società. Durante i consueti discorsi di rito, il figlio maggiore decide di svelare ai commensali le violenze sessuali che il padre ha inferto a lui e alla sorella recentemente suicida.
Fedele al manifesto Dogma 95 il regista Vinterberg consegna allo spettatore il ritratto devastante di quella che, fino all'inizio dei festeggiamenti per il compleanno del padre, sembrava una ricca e felice famiglia borghese. Purtroppo però dietro alle mura della maestosa tenuta di famiglia si nascondeva un orco terribile nella persona di un padre che ha commesso il più abominevole dei crimini approfittando dell'innocenza dei propri figli.
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Danimarca. I membri di una famiglia dell'alta borghesia si ritrovano a festeggiare il sessantesimo compleanno del padre insieme ai membri più influenti della società. Durante i consueti discorsi di rito, il figlio maggiore decide di svelare ai commensali le violenze sessuali che il padre ha inferto a lui e alla sorella recentemente suicida.
Fedele al manifesto Dogma 95 il regista Vinterberg consegna allo spettatore il ritratto devastante di quella che, fino all'inizio dei festeggiamenti per il compleanno del padre, sembrava una ricca e felice famiglia borghese. Purtroppo però dietro alle mura della maestosa tenuta di famiglia si nascondeva un orco terribile nella persona di un padre che ha commesso il più abominevole dei crimini approfittando dell'innocenza dei propri figli. Non è certo esente da colpe nemmeno la madre che, per quieto vivere o per paura, ha sempre voltato lo sguardo dall'altra parte. Ecco spiegati i disturbi di cui soffriva il figlio maggiore e la depressione della sorella che decide di suicidarsi per sfuggire agli incubi che la perseguitano nello sconcerto dagli altri due fratelli e del resto dei commensali. Oltre a questo troviamo un attacco con pochi precedenti al "fatato mondo borghese" regno di ipocrisie e feste come quella che si vede e popolata da personaggi più o meno equivoci che non esitano a intonare squallidi canti razzisti e a fare inizialmente spallucce davanti al racconto del figlio maggiore. Il tema della pedofilia è stato poi riproposto in salsa diversa dallo stesso regista nel recente e altrettanto bello Il Sospetto. Una menzione al cast per essersi calato in una storia letteralmente da brividi e che affronta con forza e senza orpelli (come voleva il manifesto Dogma 95) una questione terribile di cui un tempo nessuno aveva il coraggio di parlare.
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eugenio
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lunedì 23 maggio 2011
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una rimpatriata nel segno del dogma
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E il Dogma fu.
Acclamato “a furor di giuria” al Festival del cinema di Cannes nel 1998, la pellicola Festen del danese Thomas Vintenberg costituisce uno dei più feroci atti d’accusa nei confronti della borghesia perbenista di fine secolo.
In una lussuosa residenza di campagna il patriarca Helge ha riunito, in occasione dei festeggiamenti per i suoi sessant’anni, l’intero nucleo familiare: il primogenito Christian dalla presunta malattia mentale, la sorella Helen trasgressiva e anticonformista tanto da opporsi alla strada di avvocato che i bravi genitori avevano opportunamente “asfaltato”e il fratello minore Michael (non invitato), arrogante, razzista e provocatore, totalmente asservito alla volontà paterna.
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E il Dogma fu.
Acclamato “a furor di giuria” al Festival del cinema di Cannes nel 1998, la pellicola Festen del danese Thomas Vintenberg costituisce uno dei più feroci atti d’accusa nei confronti della borghesia perbenista di fine secolo.
In una lussuosa residenza di campagna il patriarca Helge ha riunito, in occasione dei festeggiamenti per i suoi sessant’anni, l’intero nucleo familiare: il primogenito Christian dalla presunta malattia mentale, la sorella Helen trasgressiva e anticonformista tanto da opporsi alla strada di avvocato che i bravi genitori avevano opportunamente “asfaltato”e il fratello minore Michael (non invitato), arrogante, razzista e provocatore, totalmente asservito alla volontà paterna.
Su di essi fa da sfondo una società ipocrita, meschina e sprezzante ben rappresentata dai nobili commensali (parenti e amici) dell’illustre padre di famiglia accusato durante il discorso d’elogio proferito dal primogenito di violenza sessuale ai danni del giovane Christian e della sorella Linda quando erano ancora bambini; un orrore che la ragazza non ha saputo sopportare preferendo il suicidio a una vita segnata dal peccato incestuoso.
Quanto detto dal giovane corrisponde al vero o è frutto di schizofrenia?
E’ quanto il regista “tenta” di approfondire nelle quasi due ore di pellicola, girate secondo i dettami del manifesto Dogma 95, interamente con telecamera a spalla evitando l’utilizzo di ausili tecnici artificiali (luci di scena,effetti speciali): una sorta di video “dilettantistico” che, nella sua austerità, mostra la grazia e la sapienza di un maestro controcorrente del cinema. Tuttavia, nonostante la drammaticità della tematica sociale e la particolare tecnica filmica utilizzata, l’idea di fondo risulta debole, il ritmo lento e a tratti dispersivo (si vedano le frequenti analessi del protagonista) troppo incentrato su quel presunto scandalo che, anziché coinvolgere lo spettatore, lo annoia.
Il soggetto è scarno, dilatato temporalmente oltre ogni misura, l’interpretazione degli attori, tra cui spicca un bravo Ulrich Thomsen, non trova il giusto sfogo in un ruolo che li vede sofferenti e alla lunga pedanti spesso incapaci di esprimere al meglio il loro potenziale.
Il quadro è chiaro: lo scheletro dei fu Ibsen/Strindberg è stato incautamente portato alla luce, squarciando quel velo di inquietudine e insicurezza dietro l’agiata facciata borghese ma “la riesumazione” risulta troppa programmata, innaturale e monotona.
“L’inferno sono gli altri” diceva Sartre in una sua famosa opera teatrale e questa pellicola, benché non priva di difetti, ne costituisce l’esempio per antonomasia.
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