Tre uomini e una gamba

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Un film di Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti. Con Marina Massironi, Giacomo Poretti, Aldo Baglio, Giovanni Storti.
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Comico, durata 90 min. - Italia 1997. - Medusa uscita martedì 23 dicembre 1997. MYMONETRO Tre uomini e una gamba * * * - - valutazione media: 3,37 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Il trio più in voga dei '90 arriva al cinema! Valutazione 3 stelle su cinque

di GreatSteven


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giovedì 19 luglio 2018

TRE UOMINI E UNA GAMBA (IT, 1997) di ALDO BAGLIO, GIOVANNI STORTI, GIACOMO PORETTI & MASSIMO VENIER. Con ALDO BAGLIO, GIOVANNI STORTI, GIACOMO PORETTI, MARINA MASSIRONI, CARLO CROCCOLO, LUCIANA LITTIZZETTO, MARIA PIA CASILIO, AUGUSTO ZUCCHI, MOHAMED EL SAYED, ROSALINA NERI
Aldo, Giovanni e Giacomo, commessi in un negozio di ferramenta milanese, il Paradiso della Brugola, viaggiano verso Gallipoli, dove avverranno le nozze di Giacomo con Giuliana, figlia più piccola del becero e iracondo imprenditore romano Eros Cecconi, di cui Aldo e Giovanni son già generi, in quanto hanno sposato le sorelle maggiori di Giuliana. I tre devono portare al suocero, che da sempre li tiranneggia sul lavoro e anche in famiglia e detiene la proprietà del negozio in cui esercitano, un articolo artistico, ossia una scultura di legno a forma di gamba opera di Garpez, uno scultore in punto di morte che Cecconi vuol vedere defunto affinché il valore in denaro dell’opera, già piuttosto alto, salga ulteriormente. Si portano dietro anche Ringhio, il bulldog di Aldo, un cane alquanto amato dal suocero. Durante una sosta da un benzinaio, però, dimenticano l’animale attaccato al bagagliaio, ne provocano la morte e cercano goffamente di nasconderne la notizia ad Eros. In seguito, dopo che sono usciti dall’autostrada per un controllo in officina, vengono tamponati dall’automobile di una giovane donna, Chiara: urge per i quattro trovare un macchino che ripari le due vetture, ma l’unico che individuano ha lasciato un biglietto in cui dice che prima è andato a pranzo e poi al cinema. Il quartetto raggiunge il meccanico in sala, dove si sta proiettando un film neorealista. Durante la proiezione, Giacomo si sente male, e pensa sia per via delle troppe cozze mangiate al ristorante. Ricoverato in ospedale, gli viene diagnosticata una colica renale e dovrà star là per una notte d’accertamenti. Con immensa rabbia del suocero, l’arrivo a Gallipoli viene posticipato di un giorno. Chiara, che deve raggiungere Brindisi per partire da là per una vacanza in Grecia, chiede al gruppetto se possono accompagnarla al traghetto più vicino. La mattina dopo via che si riparte, ma l’auto finisce ancora in panne. Mentre gli altri tre tentano di aggiustarla, Aldo si appisola e fa un sogno in cui immagina di essere un Conte Dracula meridionale che si smarrisce in un bosco inseguendo una foresta e viene quasi ucciso da due transilvani leghisti. Al suo risveglio, trova un randagio nero e scarmigliato e ne fa il nuovo Ringhio, pur essendo questi un cane totalmente diverso dall’originale. Nel corso di una sosta in cui i quattro fanno un bagno presso un lago, il cane urina sulla gamba; Giovanni cerca di lavarla nell’acqua, ma la fa accidentalmente cadere dentro. La scultura viene recuperata alla foce del fiume da un gruppo di muratori marocchini, che la utilizzano come palo per una porta di un campo da calcio. Aldo, Giovanni, Giacomo e Chiara decidono di sfidarli ad una partita per riprendersi il maltolto, ma perdono 10-3, pertanto Chiara propone di introdursi di soppiatto nella notte nella casupola dei nordafricani per recuperare l’opera. Riescono, ma vengono sorpresi dai Carabinieri che li portano in caserma. La vittima del furto, in realtà un ingegnere, non sporge denuncia e, visto che il quartetto gli fa compassione, li lascia andare via con la gamba, ignaro del suo valore. Giacomo, durante il viaggio, s’è innamorato di Chiara, di cui era palesemente invaghito fin dal primo incontro: la donna, non volendo rovinare il suo matrimonio e avvertendo sensi di colpa per i guai successi durante il viaggio, si fa lasciare, con una scusa, in un’area di servizio, e riprende il suo cammino a piedi e in solitudine. Le peripezie han fatto riflettere i tre protagonisti: Giacomo decide di mandare all’aria il matrimonio, e i tre lasciano la gamba con una scarpa da ginnastica sul viale d’ingresso della villa di un minaccioso cavalier Cecconi che li aspetta col fucile puntato e fuggono verso nuovi orizzonti. Condita opportunamente da tre sketches risalenti al periodo teatrale del trio prima di sbarcare al cinema con questo primo film – 1.) il 22 novembre 1963, i tre serial killer balordi e impreparati che s’apprestano, in uno squallido hotel di Dallas poco illuminato, a montare un kit da sparatoria per assassinare JFK, fallendo come da manuale; 2.) il film Biglietto amaro, in cui l’immigrato Ajeje Blazorf viene scoperto da un controllore sul tram senza biglietto e da questi inseguito per strada e addirittura su un altro mezzo su rotaia, il tutto sotto gli occhi attoniti di un vecchietto occhialuto e accomodante; 3.) i due locandieri leghisti che una notte ricevono la visita di un vampiro siculo e trovano l’occasione, una volta individuate le sue origini, per appendere una nuova testa d’animale imbalsamato alla loro collezione –, è una commedia allegra con ritmo svelto e ben sostenuto con rari punti morti e non troppe cadute di ritmo, che dà a ciascuno dei tre componenti lo spazio ideale per esprimere ognuno il proprio lato esilarante assieme alla rispettiva, sarcastica autoironia: Baglio che ha per telefono lo sfogo nervosissimo col suocero (un C. Croccolo efficiente che unisce l’antipatia primigenia del personaggio al suo stakanovismo bigotto, edonista e autoreferenziale) arrogante e prepotente; Storti che rimprovera di continuo gli altri due per la loro sbadataggine e cretineria, senza accorgersi di essere fatto anch’egli della stessa pasta; Poretti che, fra fuoriuscite verbali funamboliche e lampi di innocua cattiveria, s’infatua di Massironi (la quale fa con tranquillità e rigore stilistico la parte della colta restauratrice appassionata della filosofia platonica) e sceglie di staccarsi definitivamente tanto dalla promessa sposa (una Littizzetto perennemente in abito bianco, troppo sottovalutata e perfino ridicolizzata involontariamente quando interpreta Quello che le donne non dicono alla festa nuziale) quanto ad una vita lavorativa e sentimentale che non lo appaga, come non soddisfa nessuno dei tre commessi, imbranati all’ennesima potenza ma con quel giusto filo di dignità che gli rimane per dare una svolta alla propria vita, guardarsi indietro, riconoscere i propri errori e agguantare al volo una diversa opportunità. Nonostante la sceneggiatura (scritta dai quattro registi in combutta con Giorgio Gherarducci e Lucio Martignoni – l’unico dei sei sceneggiatori a non aver curato anche il soggetto) vacilli sul significato della morale, conceda pochi frammenti ai personaggi di contorno e dunque manca di farne un adeguato utilizzo e imbastisca un road movie tutto sommato convenzionale e non differente dal prototipo del sottogenere, si ride spesso di gusto, e le risate non vengono strappate: coadiuvati da una scenografia ben predisposta (Maria Luigia Spoletini) e da una colonna sonora scritta da Phil Palmer (con anche canzoni di Vecchioni, Negrita, Cugini di Campagna, Capossela), i tre protagonisti si divertono un mondo a recitare e regalano agli spettatori una storia spassosa che ha il suo pregio migliore nell’impalcatura delle gag, costruita a puntino e supportata anche dalla lunghezza non troppo dilatata. 40 miliardi di lire d’incasso soltanto nelle prime tre settimane di uscita nelle sale. Un debutto sul grande schermo che è già un cult-movie per i fan del terzetto, e non soltanto al botteghino. 

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