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Soffermiamoci sulla scena iniziale: il giovane "cantante", un pò deliquentello un pò aspirante star, vuole darsi in pasto al suo(?) pubblico. Il film è come lui: si dà in pasto. Emerge il sospetto che SI dia, più che DARTI. Forse perché manca una vera storia, forse perché rischia di essere caricaturale, ad esempio nel delineare(?) personaggi come il "debole", vittima predestinata.
O forse siamo noi che dobbiamo cercare nel vuoto di "Soho", nella sua mancanza di implicazioni sociali (Presenti, invece, in "My Beautiful Laundrette" di Frears). Qui tutto si gioca su un'ambiguità di fondo: già detto della star-malavitoso, ma l'ambiguità non può non respirarsi in un panorama di duri, dove le donne istono solo per essere toccate e la violenza è pane quotidiano, e contemporaneamente si fanno i femminell: esemplare, in questo senso, la scena del gangster che chiede al ragazzo le sue aspirazioni risulta forse la migliore del film.
Alla fine "non si sa dove andare" in tutti i sensi; né, forse, perché sia andata a finire così. Ecco: questi personaggi, forse machi e maschilisti, rischiano di
essere i primi ad essere indecisi. E se fosse questo il senso del film?
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