Lietta Tornabuoni
La Stampa
Sidney Lumet ha settantatré anni. Alla sua età, secondo una legge hollywoodiana non scritta ma spietata, quasi nessun regista americano continua a lavorare. Lui sì: Prove apparenti, tratto dal romanzo di Robert Daley (editore Sperling & Kupfer), è il suo quarantesimo film, il ventinovesimo girato a New York, e racconta quella corruzione della polizia che già era al centro di altre sue opere quali Il principe della città o Serpico. Lumet è un regista di grande vigore e di stile teatrale, efficacemente polemico, interessato ai problemi sociali e morali, sempre democratico, a volte bravissimo (La parola ai giurati, L'uomo del banco dei pegni, Daniel, Vivere in fuga): Prove apparenti è invece un film medio-basso, un pò noioso, scritto non bene dallo stesso Lumet, con situazioni improbabili (un figlio magistrato che si trova a giudicare il padre poliziotto per una illegalità compiuta a fin di bene, un Procuratore che s'innamora della assistente dell'avversario avvocato della difesa), con un eccesso di tirate, arringhe, pistolotti, monologhi e con un protagonista, Andy Garcia, che la poca intensità espressiva, la faccia carina e fragile, la mancanza di autorevolezza e spessore destinerebbero piuttosto a ruoli secondari. [...]
di Lietta Tornabuoni, articolo completo (2371 caratteri spazi inclusi) su La Stampa 26 Aprile 1997