Come ricorda Alessandra Levantesi,il film ricorda sotto certi aspetti "Americani"(1992) di David Mamet,il cui titolo originale credo sia "Glenngarry Glenn Ross". Anche lì l'oggetto del contendere
(In tutti i sensi)è la crisi degli yuppies e del modello economico e produttivo, ma forse anche (a?)morale, che avrebbe distinto gli anni'80; ed in più l'impostazione è marcatamente teatrale, che si riflette e nel tipo di dialoghi e nell'impostazione più generale.
La pellicola di Mamet, però, non era forse il gioiellino di cui si parlò nel lontano '92 ma rifletteva i travagli del rampante statunitense che vedeva sgretolarsi, in epoca (Quasi) clintoniana e soprattutto lontana dagli eccessi, veri o presunti, del decennio precedente le sicurezze e gli entusiasmi che sembravano forse consolidati. Anche se siamo lontani dai travagli psicologici o qualche volta trascendentali di "Fratelli" di Abel Ferrara, altro esempio di cinema dove il dialogo ha un senso dis vuotamento ed arricchimento al tempo stesso: si perdono le certezze e gli entusiasmi, ma al contempo il tuo punto di vista viene arricchito dal confronto con gli altri.
Qui, invece, negli anni in cui ci si avvia verso la "New economy", l'epoca di Internet e tutto ciò che ne (con)seguirà, tutto si riduce al pistolotto dei due cinici di turno che devono approfittarsi della debole(?) di turno. Non è davvero severo definire i personaggi stereotipati, notare come le loro reazioni siano sempre scontate e prevedibili; quando LaBute poi introduce trovate come lo "Spogliarello in ufficio", spiace dirlo ma più che compiere una satira della società cade nel ridicolo, con l'unica consolazione di >(forse) mostrarci uno dei pochissimi momenti di umanità(A modo suo) del personaggio di Eckart.
Ma a parte il taglio totalmente teatrale, che qui procura più noia che non voglia di riflettere, appare anche poco plausibile che la giovane veda a un certo punto che entrambi gli amici escano con lei ma non sospetti nulla. Il finale poi non tra(sgre)disce nulla, né nel significato (Il male ha vinto, i meno cattivi o buoni hanno perso), ma anche nei contenuti (Quel dialogo sordo che la sorda non arriva a sentire e noi neanche, come fossimo nel successivo "Lost in Translation"): ecco, verrebbe da pensare che questo è un film presuntuoso, per come in fondo propone pochino ma lo propone con l'aria (pseudo)sorniona di chi invece dice abbastanza.
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