Il grande Lebowski |
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Un film di Joel Coen.
Con Jeff Bridges, John Goodman, Julianne Moore, Steve Buscemi.
continua»
Titolo originale The Big Lebowski.
Commedia,
durata 117 min.
- USA, Gran Bretagna 1997.
- Cineteca di Bologna
uscita lunedì 6 novembre 2023.
MYMONETRO
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Lebowski sopravvalutato ma a tratti divertente
di marcobrenniFeedback: 4373 | altri commenti e recensioni di marcobrenni |
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venerdì 19 luglio 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non condivido affatto tutti gli osannamenti per questo film molto, troppo Yankee in senso solo negativo. Ho l'impressione che i fratelli Cohen qui hanno voluto togliersi qualche sassolino dalla scarpa contro gli USA del regno Bush. La storia appare disordinata-raffazzonata, ove si esaltano fannulloni, perdigiorno, criminali, drogati, grandi bevitori e anche delinquenti-criminali. Inutile riassumere il contenuto (se c'è) già esposto o immaginato da altri. I personaggi sono caricaturali sia pure con ottimi interpreti, va ammesso: però non dicono nulla di positivo; c'è solo del nichilismo sbocacciato a 360 gradi che dura quasi due ore. Di recente l'ho visto nella versione originale inglese, ma il linguaggio estremamente rozzo-volgare (!) alla fine mette addirittura nausea. Su cinque parole, almeno tre contengono l'onnipresente "F..." . I dialoghi, se così si possono chiamare, sono di un'elementarità disarmante, pure noiosa-ripetitiva. Qualche merito va solo alla sceneggiatura a volte di pregio, ma sono rari momenti. Mal si comprende perciò l'entusiasmo gregario della critica ufficiale, andato in crescendo solo negli anni, perché al suo esordio il film fu valutato per quel che effettivamente vale, cioè: non molto. Insomma: premi a go-go, ma perché? Azzardo delle ipotesi. Primo: il nome prestigioso dei fratelli Cohen, ma va anche ricordato che non tutte le ciambelle riescono col buco. Secondo: un sottostante motivo politico, cioè il sarcasmo contro gli USA repubblicani dell'era Bush (e accoliti), ritenuto un tipico pistolero Yankee-guerrafondaio. Terzo: l' indubbio piacere della "trasgressione" che è sempre pagante, anche se i conati di volgarità sono ormai cosa logora-scontata nel mondo del cinema postmoderno. Quarto: l' ammirazione per certi tizi dal look macho-selvaggio-criminale, a cui fa da contrasto il trasandato Lebowski, macho trasandato pure lui ma solo nell'aspetto, perché disarmante nella sua beata pigrizia del tutto imbelle. Quinto: si mette in risalto la pretesa nullità di certo ceto medio-basso primatista bianco USA, quello che vota repubblicano, che si riempie la pancia di alcol, patatine e hamburger e che ha la zucca sempre vuota; anzi: è un acefalo nel senso letterale del termine perché non produce mai nulla di sensato, quanto meno di costruttivo. Un film prossimo al nichilismo radicale che per contrasto può anche piacere, in quanto e ci rivaluta noi tutti quanti...non-Yankee.
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