Trainspotting

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Un film di Danny Boyle. Con Ewan McGregor, Robert Carlyle, Ewen Bremner, Kelly MacDonald, Jonny Lee Miller.
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Titolo originale Trainspotting. Drammatico, durata 115 min. - Gran Bretagna 1996. - Medusa uscita giovedì 3 ottobre 1996. MYMONETRO Trainspotting * * * * - valutazione media: 4,22 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Trainspotting Valutazione 4 stelle su cinque

di G. Romagna


Feedback: 16232 | altri commenti e recensioni di G. Romagna
giovedì 21 gennaio 2010

Trainspotting è terribile, crudo, cinico, non offre spiragli di redenzione, così come l'eroina, o come il segno che, indelebile, ti lascia se riesci ad uscirne. La droga nei protagonisti non si limita a divenire una momentanea via di fuga, ma la realtà costante in cui vivere, l'unica cosa che sappia dare una parvenza di senso all'esistenza (attenzione: solo una parvenza), in questo "scegliere di non scegliere la vita". L'eroina diviene l'esistenza (terrificante in tal senso, la scena in cui la madre, alla morte della propria figlioletta, riesca a pronunciare come prima e sola frase di senso compiuto un allucinante ma, forse, entrando nell'ottica dei personaggi -e questo film ti permette di farlo in maniera mirabile-, comprensibile "Devo farmi") e tutto il resto, l'esistenza canonica degli uomini medi, un lungo, tedioso ed insignificante cammino verso il marcire. Tuttavia, nessuna delle due vie, quella della droga o quella del "colesterolo basso e del fai da te della domenica mattina" riescono ad offrire un senso pieno, tangibile, un qualcosa per cui concretamente vivere. Anche l'amicizia tra i tossicomani ha come unico collante la droga: non può esservi fiducia reciproca, correttezza, lealtà, ed i fatti stanno lì, concreti, a dimostrarlo: quando Mark va in overdose la "madre superiora", per non essere coinvolto, lo carica su un taxi diretto verso l'ospedale e se ne torna a casa; quando Tommy viene mollato dalla ragazza perchè la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la sparizione della vhs pornografica amatoriale che li vedeva ritratti assieme, egli decide di cominciare a farsi di eroina -sino ad allora non lo aveva mai fatto- e se la procura grazie a Mark, lo stesso che gli aveva rubato il filmato e che non prova, davanti a ciò, il benchè minimo senso di colpa, neppure quando, di lì a poco, Tommy morirà, solo e tossicomane; quando Mark tenta di rifarsi una vita divenendo un mediocre agente immobiliare (attività che, non per niente, lo rende "quasi soddisfatto, per la prima volta nella vita"), saranno i suoi amici a venirlo a prendere ed a ricondurlo nel turbinio fatto di droga ed inganni, che non ci lasciano fino al termine del film. Se un barlume di redenzione e di uscita definitiva dal giro della disperazione (per abbracciarne, comunque, un altro fatto di mediocrità ed insignificanza, pur potendo sembrare migliore perchè meno autodistruttivo) sembra farsi largo nel finale, esso appare ad ogni modo non si sa quanto credibile e, soprattutto, ricolmo di nullità, tanto nel suo realizzarsi quanto nel suo fallimento. Nichilismo passivo in senso assoluto. Terribile e, proprio per questo, efficace. La miseria in cui vivono i protagonisti (la medesima che essi stessi vedono intrisa nelle persone che non sono come loro) è tale per cui, nonostante le loro malefatte, non si può odiarli, bensì provare al massimo un senso di pena e compassione per quello di cui sono vittime. Da sottolineare infine, tra le scene, quella che raffigura la fase di delirio da astinenza che coglie Mark nel letto: magnifica, inquietante e di sorprendente forza comunicativa, così come le precedenti, quando, tuffandoci in pieno surrealismo simbolista, vediamo lo stesso, appena fattosi, sprofondare nel tappeto su cui giace per essere poi così, da questa prospettiva, portato via e mostrato nei momenti successivi, sino all'arrivo in ospedale, a simboleggiare la profondità di quel tunnel che mai come in quel momento è stato ad un passo dall'inghiottirselo per sempre.

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