moniquette
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martedì 7 dicembre 2010
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un fantastico film fantastico
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Un film che parla dell'assurdità della guerra e della faciloneria del "popolo", della rassegnazione di chi ci crede e della furbizia di chi la sta combinando. E nel caos la vita cerca di continuare nel gesto più simbolico dell'esistenza: il matrimonio. Esilarante la scena della festa di nozze animata dalla canzone "Mesecina" in cui si recita "è il sole a mezzanotte e la notte a mezzogiorno" metafora del mondo rovesciato dalla guerra in cui gli uomini sognano ancora un modo diverso di vivere. (Le musiche sono quelle di Goran Bregovic che ha poi reso , presso il grande pubblico, la musica gitana)
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eugenio
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martedì 27 marzo 2012
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cronaca di una morte annunciata
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“Alice nel paese delle meraviglie riscritto da Kafka, con Hyeronimus Bosch come scenografo e Francis Bacon direttore della fotografia”.
Cosi' Morandini definì all’uscita Underground , il quinto lungometraggio del bosniaco Kusturica, vincitore della palma d’oro al Festival di Cannes nel 1995.
Rivedendolo a distanza di diversi anni, non possono che venirmi alla mente diversi aggettivi per definire una pellicola contraddittoria : picaresco,eccesivo,barocco, ridondante, polemico e onirico. Queste le parole: vuoti tentativi di imprigionare entro una dimensione ben definita l’essenza del cinema, la polvere di stelle emozionale e il carico sentimentale che ogni rappresentazione cinematografica porta con sé in grembo.
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“Alice nel paese delle meraviglie riscritto da Kafka, con Hyeronimus Bosch come scenografo e Francis Bacon direttore della fotografia”.
Cosi' Morandini definì all’uscita Underground , il quinto lungometraggio del bosniaco Kusturica, vincitore della palma d’oro al Festival di Cannes nel 1995.
Rivedendolo a distanza di diversi anni, non possono che venirmi alla mente diversi aggettivi per definire una pellicola contraddittoria : picaresco,eccesivo,barocco, ridondante, polemico e onirico. Queste le parole: vuoti tentativi di imprigionare entro una dimensione ben definita l’essenza del cinema, la polvere di stelle emozionale e il carico sentimentale che ogni rappresentazione cinematografica porta con sé in grembo.
Underground ha inizio nell’estate del 1941 quando l’offensiva tedesca rade al suolo Belgrado: un variegato insieme di personaggi grotteschi tra cui spicca l’ingenuo balbuziente guardiano dello zoo,” padre adottivo” dello scimpanzé) e violenti, rappresentazione del “sogno utopico” del regista di una città unita, si rifugia in una cantina. In quest’universo avulso dalla realtà, la meschina umanità vive costruendo armi per il borsanerista Marko anche quando la Yugoslavia viene liberata e il regime socialista di Tito governa il paese.
Marko è il protagonista della pellicola: il tramite tra l’illuso mondo onirico legato a una tradizione arcaica e ahimè dolorosamente lontana dalla realtà e quello esterno con il suo carico di bruttura e violenza; per anni questi fa credere a tutti (compreso il migliore amico Nero) che il paese è ancora in fuerra. Al contrario, il cinico e sui generis partigiano vive una doppia identità: eroe della resistenza e indegno trafficante, amante del lusso sfrenato (i siparietti con l’attricetta ricordano le pellicole “immaginifiche” di Fellini) e spregiudicato uccisore, oculato curatore dei propri interessi.
Accade l’imprevisto: un incidente durante lo sposalizio del figlio di Nero fa esplodere la cantina con un esito “pirandelliano”: i superstiti si trovano “faccia a faccia” con attori impegnati sul set di un film che racconta le loro gesta, un palcoscenico virtuale dove la finzione viaggia su un binario prossimo alla realtà sino a divenire indistinguibile. La reazione sarà inconciliabile e violenta, una violenza che per tutti il film è utilizzata come legame di sangue che unisce un popolo ai limiti della ragione. Pertanto, una delle scene più famose, il rogo della carrozzella che continua a roteare su sé stessa quasi come se posseduta da qualche spirito malvagio, costituisce la semplice conseguenza di un atto dovuto e quasi necessario che,attraverso una vervè di non-sense e grottesca ironia è ribaltata dal regista nelle ultime inquadrature.
Sorge spontanea una domanda: cosa c’e’ di così appassionante in un film trasgressivo che alcuni hanno definito portavoce della mitologia espansionistica serba? La musica tzigana che scandisce le quasi tre ore di pellicola? Lo spettacolo di immagini e la maestosità di numerose inquadrature? O, semplicemente, la lucida consapevolezza di un mondo che non esiste più?
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pennac
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venerdì 22 marzo 2013
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favola balcanica
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Sarà la musica coinvolgente che dà ritmo alla pellicola, saranno gli attori un po' clowneschi ma anche le bombe che cadono su Belgrado e i nazisti non sono visti in maniera tragica ma affrontati col sorriso (che contagia lo spettatore) da Marko e Nero. Un po' briganti un po' patrioti vivono con passione le loro emozioni. La prima parte del film è veloce e gradevole, le musiche gitane di Gregovic inseguono gli attori immergendoli nella favola balcanica.
Anche qui vi è un triangolo amoroso, alla Truffault, con una splendida Mirjana Jokovic.
Marko tradisce tutti i suoi cari rinchiudendoli in un sotteraneo a produrre armi, crea un mondo parallelo dove le sirene delle bombe non smettono di ululare, Natalia la moglie disprezza e ama Marko, la loro è una relazione intensa e subdola, che viene rappresentata con scene di forte sensualità e ironia.
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Sarà la musica coinvolgente che dà ritmo alla pellicola, saranno gli attori un po' clowneschi ma anche le bombe che cadono su Belgrado e i nazisti non sono visti in maniera tragica ma affrontati col sorriso (che contagia lo spettatore) da Marko e Nero. Un po' briganti un po' patrioti vivono con passione le loro emozioni. La prima parte del film è veloce e gradevole, le musiche gitane di Gregovic inseguono gli attori immergendoli nella favola balcanica.
Anche qui vi è un triangolo amoroso, alla Truffault, con una splendida Mirjana Jokovic.
Marko tradisce tutti i suoi cari rinchiudendoli in un sotteraneo a produrre armi, crea un mondo parallelo dove le sirene delle bombe non smettono di ululare, Natalia la moglie disprezza e ama Marko, la loro è una relazione intensa e subdola, che viene rappresentata con scene di forte sensualità e ironia.
La seconda parte si conclude con il matrimonio di Johan figlio di Nero dove tutto si capovolge e tutto si confonde, il regista fa esplodere un turbinio di trombe, danze su cannoni, confessioni, mutilazioni e fughe patriottiche.
La terza parte si apre con Nero e Johan che scappano dal sotterraneo, continua la confusione tra sogno e realtà, si trovano sul set di uin film che racconta delle loro gesta. L'innocente Johan scopre la luna e il sole, il suo stupore è il nostro stupore.
Ritorna l'amara realtà, la Jugoslavia è scoppiata, scopre il candido Ivan, Marko e Natalia bruciano insieme alle loro colpe, Nero lotta ancora ma senza un ideale. Tutti insieme scoprono che il sogno è più dolce della realtà, si ritrovano di nuovo giovani di nuovo uniti su una terra che va alla deriva verso l'eternità, verso i miti di una favola balcanica che non c'è più.
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guidobaldo maria riccardelli
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giovedì 14 aprile 2016
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un eccesso portato... all'eccesso?
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Nell'esagerazione, nel gusto per l'eccessivo risiedono virtù e vizi di questa importante pellicola di Nemanja Emir Kusturica.
Se da un lato lostile registico frenetico, accompagnato dalle splendide melodie balcaniche (curate da Goran Bregović) caratterizza a pieno la mano del cineasta serbo, non lasciando un attimo di respiro allo spettatore, dall'altro l'uso massiccio dell'iperbole e soprattutto della metafora risulta a tratti fin troppo esplicito e tangibile, così come la durata del lungometraggio, nonostante tutto, pare dilatata all'eccesso.
Nonostante ciò, l'opera è maestosa e sa mettere in scena una varietà smisurata di sentimenti, riuscendo ad essere anche toccante e commovente, specie nella splendida scena sulla barca col surreale dialogio tra Crni ed il figlio Jovan.
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Nell'esagerazione, nel gusto per l'eccessivo risiedono virtù e vizi di questa importante pellicola di Nemanja Emir Kusturica.
Se da un lato lostile registico frenetico, accompagnato dalle splendide melodie balcaniche (curate da Goran Bregović) caratterizza a pieno la mano del cineasta serbo, non lasciando un attimo di respiro allo spettatore, dall'altro l'uso massiccio dell'iperbole e soprattutto della metafora risulta a tratti fin troppo esplicito e tangibile, così come la durata del lungometraggio, nonostante tutto, pare dilatata all'eccesso.
Nonostante ciò, l'opera è maestosa e sa mettere in scena una varietà smisurata di sentimenti, riuscendo ad essere anche toccante e commovente, specie nella splendida scena sulla barca col surreale dialogio tra Crni ed il figlio Jovan. Grandiose le interpretazioni dei protagonisti, Lazar Ristovski, Miki Manojlović e Mirjana Joković con un'eccellenza assoluta rappresentata da Lazar, capace di una caratterizzazione superba.
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cres-tek
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mercoledì 12 agosto 2015
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megagalattico
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Un capolavoro di arte contemporanea, per girare i suoi film Kusturika a volte impiega anni, e questo è quello che esce. Un genio del cinema. Questo è un film che nonostante la durata non ti fa fare neanche uno sbadiglio, e poi è una cosa bellissima il fatto che non ti aspetteresti mai quello che succede dopo. Non è mai scontato. È davvero divertente e nonostante ciò ti fa pensare, ragionare tantissimo. Se vi è piaciuto vi consiglio di vedere anche gli altri dallo stesso regista, cortometraggi compresi.
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cres-tek
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mercoledì 12 agosto 2015
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megagalattico
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Un capolavoro di arte contemporanea, per girare i suoi film Kusturika a volte impiega anni, e questo è quello che esce. Un genio del cinema. Questo è un film che nonostante la durata non ti fa fare neanche uno sbadiglio, e poi è una cosa bellissima il fatto che non ti aspetteresti mai quello che succede dopo. Non è mai scontato. È davvero divertente e nonostante ciò ti fa pensare, ragionare tantissimo. Se vi è piaciuto vi consiglio di vedere anche gli altri dallo stesso regista, cortometraggi compresi.
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danko188
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sabato 5 marzo 2016
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ballata storica nel sottosuolo slavo
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La storia, che mi sento di accostare a C’eravamo tanto amati, si svolge in tre diversi piani temporali che attraversano 3 fasi della tormentata storia balcanica del XX secolo: la seconda guerra mondiale (1941), la dittatura di Tito (1961) e la scissione dell’ex Jugoslavia (1992), infatti siamo in presenza di un triangolo amoroso: Natalija, un attrice costretta dagli occupanti nazisti a recitare in tedesco è contesa da due amici fraterni, eroi del racconto sono Marko e Petar detto “Il Nero”.
Dietro l’epopea dei nostri protagonisti, scandita dal suono di una torrenziale musica gitana, si cela allegoricamente la parvenza storica e di uno stato fatto di più popoli, lingue e religioni.
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La storia, che mi sento di accostare a C’eravamo tanto amati, si svolge in tre diversi piani temporali che attraversano 3 fasi della tormentata storia balcanica del XX secolo: la seconda guerra mondiale (1941), la dittatura di Tito (1961) e la scissione dell’ex Jugoslavia (1992), infatti siamo in presenza di un triangolo amoroso: Natalija, un attrice costretta dagli occupanti nazisti a recitare in tedesco è contesa da due amici fraterni, eroi del racconto sono Marko e Petar detto “Il Nero”.
Dietro l’epopea dei nostri protagonisti, scandita dal suono di una torrenziale musica gitana, si cela allegoricamente la parvenza storica e di uno stato fatto di più popoli, lingue e religioni. Due facce dalla stessa medaglia sono quelle di Marko e il Nero, che finiranno per ribaltarsi lungo lo scorrere delle loro vite, con i loro pregi e difetti, astuzia e inganno, coraggio e onore, inquietudine e spirito libertino si fanno personificazione della loro patria, una terra a cui sono irrimediabilmente legati ma che non esiste più.
Chi si aspetta un film di guerra pieno di nauseante retorica patriottica, o l’ennesimo dramma piagnone è totalmente fuori strada. Il film di Kusturica in questo senso è più facilmente collocabile accanto al capolavoro di Ettore Scola e in misura minore all’Amarcord di Fellini, per la capacità di riuscire a raccontare un contesto storico, politico e culturale in uno sfondo crudo e desolante quale è quello della guerra, e di come questa si riversa sugli spiriti di ciascuno plasmandone l’esistenza.
Non ho visto film che meglio di questo abbia sappia porre su due piani così differenti la tragicità della guerra e la quotidiana serenità familiare, che nella scena del matrimonio nella seconda parte raggiunge la stessa idilliaca bellezza del cinema di Fellini. Si rimane colpiti dalle reazioni quasi disincantate dei protagonisti in preda ai bombardamenti, di come questi si ostinino a continuare a mangiare o ballare incurantemente, simboleggiando il distacco del mondo slavo da tutto il resto, che verrà a palesarsi nel meraviglioso, poetico e surreale finale.
Underground per il suo travalicare i canoni di ogni genere cinematografico, per il riuscire a far sorridere senza scadere nel ridicolo avvicendando la sequenze drammaturgiche a quelle comiche o romantiche è veramente fuori dagli schemi e la regia e la fotografia riescono ad imprimere all’opera un’atmosfera di favola amara e nostalgica, che ha il sapore del rimpianto. La presenza di alcuni personaggi bizzarri come la scimmia scampata al bombardamento dello zoo di Belgrado e il figlio del Nero, che sembra un minorato perché è vissuto sempre nel sottosuolo e non ha mai visto il mondo, danno un tocco di baldanza e surrealismo in più a tutto il film, senza contare la musica di Bregovic, la cui sonorità è nella sua ridondanza perfetta e ben utilizzata.
Il film è uno dei più belli degli anni ’90 e la Palma d’oro di Cannes, di cui Kusturica non è nuovo alla vincita, non tradisce chi ha qualche aspettativa nei confronti di ciò che sta per vedere.
Molto belle e ben fatte le immagini di repertorio coi protagonisti affiancati alle celebrità politiche dell’epoca e gli squarci del funerale di Tito in cui si vede anche Pertini a pieno schermo, piccole perle d'archivio in fase di montaggio.
Si esce dalle 2 ore e 40 di Underground un po’ frastornati, ma con la stessa soddisfazione post-sbornia in un locale dei bassifondi di Novi Sad.
Voto 9
Danko188
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nick castle
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venerdì 8 ottobre 2010
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altalenante cult di kusturica...
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Difficile sbrogliare questo film... In se la trama è semplice, ma ciò che non convince di questa pellicola sono alcuni particolari, ad esempio, i protagonisti Nero e Marko nel 1941 dovrebbero avere come minimo e sottolineo minimo, trent'anni, quindi dovrebbero essere nati nel 1911, ma man mano che il film prosegue e gli anni passano i personaggi invecchiano ma non troppo, infatti a fine film nel 1992, si rivedono i protagonisti, si invecchiati, ma che dimostrano circa una sessantina d'anni, mentre dovrebbero averne ottanta e più, in più nella prima parte, il film altarna momenti comici e leggeri, mentre la seconda parte pur rimandendo nel cerchio della credibilità, si fa lenta e sempre meno simpatica, per poi concludere con un terza parte all'insegna del miscuglio incondizionato, con allucinazioni alla Hieronymus Bosch e ambientazioni in stile "Guerra e pace".
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Difficile sbrogliare questo film... In se la trama è semplice, ma ciò che non convince di questa pellicola sono alcuni particolari, ad esempio, i protagonisti Nero e Marko nel 1941 dovrebbero avere come minimo e sottolineo minimo, trent'anni, quindi dovrebbero essere nati nel 1911, ma man mano che il film prosegue e gli anni passano i personaggi invecchiano ma non troppo, infatti a fine film nel 1992, si rivedono i protagonisti, si invecchiati, ma che dimostrano circa una sessantina d'anni, mentre dovrebbero averne ottanta e più, in più nella prima parte, il film altarna momenti comici e leggeri, mentre la seconda parte pur rimandendo nel cerchio della credibilità, si fa lenta e sempre meno simpatica, per poi concludere con un terza parte all'insegna del miscuglio incondizionato, con allucinazioni alla Hieronymus Bosch e ambientazioni in stile "Guerra e pace". Nel finale sconforta ancora di più dove non si riesce a capire perchè tutti siano diventati di nuovo giovani come nel 1961, l'anno in cui è ambientata la seconda parte. Insomma, un po' incasinato questo Underground di Kusturica, che in alcuni parti si impegna a creare l'illusione della realtà, con tecniche digitali tipo "Forrest Gump", ovvero, gli attori inseriti in spezzoni di documentari dell'epoca di guerra. Sicuramenhte non il migliore di Kurturica...
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[+] si chiamano errori se non sono voluti.
(di cres-tek)
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