Il presidente - Una storia d'amore

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Un film di Rob Reiner. Con Michael Douglas, Annette Bening, Martin Sheen, Michael J. Fox, Richard Dreyfuss.
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Titolo originale The American President. Commedia, durata 105 min. - USA 1995. - UIP - United International Pictures uscita lunedì 22 gennaio 1996.
   
   
   

Irene Bignardi

La Repubblica

I nostri amici americani hanno indubbiamente un senso dei valori tutto particolare. E almeno quanto si desume dal “delicato dilemma” che introduce la nota di presentazione del film Il presidente: “Come può riuscire il leader del mondo libero, rimasto vedovo, a conciliare i numerosi obblighi verso il suo paese con le comuni esigenze e i riti quotidiani del corteggiamento?”.
Già, come può il leader del mondo libero (dizione già di per sé polverosa almeno da quando si è deciso che il Moloch del comunismo è crollato insieme con il Muro di Berlino nel 1989)? Come può il presidente americano, vedovo e impegnato nei riti del corteggiamento come un pesce spinarello in amore, fare agevolmente quello che è riuscito così bene - per esempio - al presidente più amato di questo secolo, John Fitzgerald Kennedy, che doveva districarsi tra moglie, figli e Kruscev? O si vuole insinuare che le arti del corteggiamento sarebbero più facili per Deng o per Saddam Hussein?
Per carità, non me la sto prendendo con la prosa di un press-book, ma con la squisita ipocrisia di una cultura che, mentre di problemi in materia presidenziale ne ha di assai più gravi, riesce a inventare una deliziosa e diversiva problematica di questo tipo. A meno che il film di Rob Reiner, dove sostanzialmente si dona l’autentico presidente Clinton nella figura dell’immaginario presidente democratico Andrew Sheperd, non esprima un desiderio profondo, inconscio e anti-Hillary: quello di avere un presidente senza First Lady. O quello, ancor più profondo, di avere un presidente angelicato.
Come può dunque? In effetti la vita del povero Andrew Sheperd, interpretato da uno scolorito Michael Douglas che, per una volta, non ci mostra il sedere, è un caos ben organizzato. Ci sono almeno cinque consiglieri che lo tallonano in ogni momento (il pubblico americano si sarà divertito a riconoscere in Michael J. Fox una reincarnazione di George Stephanopoulos, la coscienza liberal di Clinton, ma anche gli altri sono modellati con precisione, in questo caso sì brillante, sui collaboratori più stretti della Casa Bianca). C’è quel cattivaccio di Gheddafi che scatena una crisi improvvisa (in effetti non si fanno nomi, si parla solo della Libia). Ci sono le lobby, i sondaggi, la stampa, e un cinico avversario politico, interpretato con giusta cattiveria da Richard Dreyfuss, che gli creano un sacco di grane. A parziale consolazione Lucy, la sua bambina dodicenne, è un tesoro, nonostante si diletti a suonare il trombone(Hail to the Chief). Per esempio, quando negli uffici della Casa Bianca si profila Annette Bening, avvocato e lobbista per la giusta causa dell’ambiente, la piccola Lucy, al papà che ha invitato la signora a cena, suggerisce il trucco per conquistarla: “Falle i complimenti per le sue scarpe. Alle donne piace”. Ma non è così facile: come si fa a mandare fiori alla bella se il presidente sostanzialmente non ha mezzi di pagamento personali? Se la fioraia se la ride quando sente il nome fatale al telefono e sviene quando lo vede arrivare nel suo negozio di persona? E come si fa a baciare la bella se la Libia fa i capricci e i guardiaspalle sono sempre attorno?
Fortuna che Bening, un po’ legnosa ma elegante, è una brava ragazza chic senza scheletri nell’armadio. Sfortuna invece che ci tenga alla sua causa (e al suo stipendio: guadagna più del presidente); e mentre i sondaggi dicono che il consenso per Sheperd sta scendendo, gli chiede di rispettare gli impegni che possono metterlo ulteriormente a repentaglio, soprattutto perché dall’altra parte preme la potente lobby dei produttori di armi.
Ancora una volta sono la perfetta confezione e la grande verosimiglianza della cornice a salvare il film dalla fondamentale frivolezza del suo quesito. E come se fossimo invitati a una visita informale alla Casa Bianca, compresa qualche cena elegante, dove Bening, sfoggiando un francese scolastico, ma sottraendo l’ambasciatore di Francia a un annoiato silenzio, fa la sua figurona e si conquista il diritto a diventare la First Lady. E sono benissimo raccontati gli intrighi e i meccanismi della politica: anche se a ben vedere l’anima di favola del film, più che nella sua parte sentimentale, sta nel trionfo della causa ambientalista...
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996


di Irene Bignardi, 1996

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