Una pura formalità |
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Un film di Giuseppe Tornatore.
Con Gérard Depardieu, Roman Polanski, Nicola Di Pinto, Sergio Rubini, Paolo Lombardi.
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Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 110 min.
- Italia 1994.
- Penta Distribuzione
uscita lunedì 8 agosto 1994.
MYMONETRO
Una pura formalità
valutazione media:
3,57
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Pura sostanza oltre la formadi John DoeFeedback: 900 | altri commenti e recensioni di John Doe |
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giovedì 4 marzo 2021 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Una pura formalità” è un film del 1994 diretto dal regista italiano Giuseppe Tornatore ed interpretato da Roman Polanski, Gerard Depardieu e Sergio Rubini. Il film si apre con una pistola che puntando verso la cinepresa spara e con una lunga e frenetica soggettiva in un bosco che viene rapidamente investito da una pioggia torrenziale.
Alla soggettiva succede l’inquadratura di un uomo corpulento che corre sgraziatamente sotto la pioggia (Gerard Depardieu), il quale viene fermato e portato in una caserma di campagna da una pattuglia di agenti. La pura formalità del titolo coincide proprio con l’interrogatorio nei confronti dello scrittore Onoff, il quale scopriremo essere sospettato di omicidio dal commissario di polizia interpretato da Roman Polanski. Il film di Tornatore si regge sopra solide basi date dalle interpretazioni magistralmente equilibrate dei due protagonisti e sopra una scrittura quasi perfetta che riesce a portare avanti una pellicola ambientata unicamente in poche stanze. Tornatore non ricorre ad alcun barocchismo, tipico di altre sue pellicole quali il pluripremiato “Nuovo Cinema Paradiso” o “La leggenda del Pianista sull’Oceano”, ma riduce al minimo le scenografie, riesce a rendere al meglio un’atmosfera ed un’ambientazione scarna quanto surrealista ed evocativa. Tutta la vicenda si svolge in spazi chiusi di una presunta caserma di polizia, fatiscente e sull’“orlo del collasso” (presenza di ratti e costantemente allagata). Tornatore ci catapulta in medias res in una dimensione purgatoriale e sospesa tra luce ed ombra, tra verità e menzogna, tra reale ed illusione. Attraverso movimenti di macchina lenti ed un montaggio posato coinvolge lo spettatore in una vicenda al limite dell’inquietante e del fantastico. Si dimostra un regista capace di muoversi abilmente tra i generi cinematografici ideando una sceneggiatura densa ed intricata, la quale plasma quasi un thriller paranormale con un finale premeditato e scioccante. La narrazione procede come un puzzle, un puzzle del quale circa a metà riusciamo ad intuirne il significato e la composizione, ma che riesce ancora a stupirci. I pezzi del puzzle riaffiorano dalla mente del protagonista ed i ricordi passati entrano nella narrazione presente, come memore lontane e sbiadite che fatichiamo a riportare alla luce (simbolica la presenza delle fotografie come immagini della vita passata). I Rapidi flashback contribuiscono a rendere ancor più ambiguo un mondo che già ci sembra incomprensibile, ma che verso il finale si riavvicina all’animo turbato ed inquieto del protagonista ed assume, rimanendo pur folle, qualità catartiche e di purificante bellezza. Una fotografia che rispecchia l’esigenza di scavare nel propio passato a costo di perdere se stessi, con molti neri e colori scuri che si tramutano improvvisamente in accesi bianchi. L’immagine scura e la pioggia rendono al meglio un ambiente di passaggio, un luogo nel quale nulla funziona e nel quale tutto pare compromesso. Anche le musiche del maestro Ennio Morricone, angoscianti e martellanti ed a tratti tragiche e solenni, contribuiscono alla dimensione cinematografica creata dal regista. La figura dello scrittore in crisi, vittima della sua stessa arte, intrappolato in una dimensione onirica e sognante assume connotati surreali e grotteschi. Rimaniamo in balia di una realtà che non riusciamo ad assecondare, un enigma che quasi ci spaventa ed un conflitto (che poi scopriremo solo apparente) tra due personaggi che si reggono l’uno sulle spalle dell’altro e scritti con fervente immaginazione. Dunque si configura dinnanzi allo spettatore un thriller drammatico, ma anche un giallo paranormale ed un intenso noir, modellato con l’eccellente tecnica cinematografica (dalla sceneggiatura sino al montaggio con la gestione dei ritmi) di Giuseppe Tornatore. Se dunque la forma non manca il film non si regge solo sulla “pura formalità”, ma su una sostanza studiata e consistente da identificarsi nei dialoghi scritti con spiazzante serietà (la sceneggiatura originale di Tornatore e Quignard) e nelle interpretazioni mai sopra le righe, sempre perfettamente bilanciate di Polanski e Depardieu, ma anche del giovane Rubini.
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