Il re Leone

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Un film di Roger Allers, Rob Minkoff. Con Jonathan Taylor Thomas, Matthew Broderick, Michele Kalamera, Moira Kelly, James Earl Jones.
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Titolo originale The Lion King. Animazione, Ratings: Kids, durata 90 min. - USA 1994. - Walt Disney uscita venerdì 11 novembre 2011. MYMONETRO Il re Leone * * * * - valutazione media: 4,29 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Alla riconquista d'un reame indegnamente occupato. Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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giovedì 11 aprile 2019

 IL RE LEONE (USA, 1994) di ROGER ALLERS & ROB MINKOFF.
Convinto di essere responsabile della morte del padre Mufasa, sovrano della savana severo e saggio il cui uccisore è stato in realtà il suo malvagio fratello Scar, il piccolo leoncino Simba si allontana dalla sua terra, scacciatovi dallo zio con l’aiuto delle iene, e si rifugia nel deserto. Qui viene trovato disidratato dal suricato Timon e dal facocero Pumbaa, che lo accolgono con loro. Simba cresce e diventa adulto cercando di lasciarsi alle spalle il proprio nefasto passato. È ritrovato dalla coetanea Nala, compagna di giochi quand’entrambi erano cuccioli, e Rafiki, babbuino sciamano, i quali lo convincono a ritornare nei luoghi dove è nato per sconfiggere il perfido zio usurpatore e riportare la savana agli antichi apogei. La lotta fra Scar e Simba vede quest’ultimo trionfare e diventare il nuovo re. Trentaduesimo lungometraggio Disney, è il primo basato su una storia originale (benché molti siano i richiami, voluti o meno, all’Amleto di Shakespeare: il padre ucciso dal fratello, il figlio di questi che brama la vendetta, la preparazione di un piano per metterla in atto che però, in questo caso, a differenza che nel testo del drammaturgo inglese, dà i suoi frutti), interamente ambientata nel regno animale, senza umani. Molte scene vennero girate con la tecnica del Rotoscope, che permise di accentuare il realismo delle immagini così da descrivere con potente e maggiore verosimiglianza la magnificenza degli assolati e riarsi paesaggi africani. Insieme alla discreta colonna sonora di Tim Rice ed Elton John, con il brano Can You Feel the Love Tonight che assurse rapidamente a successo mondiale, la summenzionata tecnica grafica rende considerevoli e di forte impatto i coloratissimi balletti degli animali, fra cui è imperdibile il risveglio della fauna al sorgere del Sole quando Simba nasce e, sotto lo sguardo di Mufasa e sua moglie, Rafiki lo solleva dalla cima dello spunzone roccioso per mostrarlo a gnu, gazzelle, zebre, giraffe ecc. Fu campione d’incassi fin dai primissimi giorni di proiezione nelle sale di tutto il mondo ed è tuttora stabilmente presente nella Top 50 dei maggiori incassi cinematografici di ogni epoca. Quattro anni di lavoro occorsero per la realizzazione, assieme ad un budget basilare di quaranta milioni di dollari. Il computer, per fortuna, è stato adoperato per ottenere toni che risultano molto meno artefatti rispetto ad Aladdin (1992). Ma quel che più colpisce, soprattutto agli occhi dell’osservatore più esperto e introspettivo, è l’infinita varietà della psicologia dei personaggi: abbiamo a che fare col senso del dovere e la tenacia di Simba, resi man mano più audaci con l’invecchiamento dell’età; dopodiché si passa dal pugno di ferro "governativo", unito all’imperscrutabile bontà genitoriale, di Mufasa (da noi doppiato da Vittorio Gassman) alla mellifluità ambigua e crudele di Scar, dall’affetto genuino e la passione asciutta di Nala allo sguardo veridico e trasparente di Rafiki, dall’opportunismo vigliacco del terzetto delle iene alla scanzonata e scatenata autoironia dei due "caratteristi"Timon e Pumbaa, gli unici personaggi comici che tuttavia bastano da soli a ravvivare con un soffio di salubre comicità la trama del cartoon, e che in seguito avranno, grazie a come gli autori son riusciti a caratterizzare stupendamente la loro innata simpatia, veri e propri spezzoni e cortometraggi in cui rivestiranno da soli ruoli di primo piano. La giustizia è un motore che anima la storia fin dalle prime battute, da quando Simba comincia a nutrire sospetti sulla lealtà di Scar nei confronti di Mufasa a quando la morte di Scar per merito di Simba riporta l’ordine antecedente e distrugge il mantra di paura e aggressione in cui il leone assassino aveva precipitato la savana dopo averne scorrettamente assunto lo scettro. Non c’è un’autentica cifra narrativa che pervada il racconto, e questo difetto ne penalizza la caratura, ma in compenso una buona alternanza fra la tetraggine di alcuni momenti e la gioiosità di altri costituisce un degno contraltare alla mancanza di un leitmotiv che conduca la storia dal principio al termine, il che le avrebbe fatto guadagnare una credibilità creativa assai più efficiente. Molti bambini nati nei primi anni ’90 son cresciuti con questo film e ancora oggi non mancano di rammentarlo volentieri, in quanto The Lion King ha rappresentato non solo un’occasione irrinunciabile per i giovanissimi di quel periodo, ma anche uno spartiacque fra due modi differenti di pensare, produrre e vivere i cartoni, nel senso che si è passati da una visione piuttosto antiquata del cliché buonista e mieloso ad un approccio moderno che non cerca ad ogni costo la lieta fine, benché nemmeno la ripudi, e insiste con accento più slanciato sulla costruzione dell’azione definendola con coloro che agiscono e rapportandola ai legami che questi individui, animali o umani che siano, stringono fra loro nelle circostanze più disparate. Ricchezza di inventiva, ritmo abbastanza incalzante e mantenuto con regolarità sufficiente, nessuna rilevante caduta di tono e abbondanza di humour puro nella parte centrale per sancire il cambio di rotta che porta il protagonista dall’autocommiserazione alla rivoluzionaria, decisiva rivalsa. Non è molto più che un blockbuster animato un po’ ante litteram, ma importa poco, considerando che la vicenda è riuscita ad appassionare spettatori di svariate generazioni anche molto lontane tra loro, che ci si può immedesimare con facilità nel personaggio principale prendendone le parti e che i riferimenti alla realtà del quotidiano non sono neanche troppo nascosti e perlopiù traboccano quando meno te lo aspetti. Un lavoro di ottimo artigianato il cui merito consiste nel non aver avanzato troppe pretese, già a partire dall’elaborazione del solo soggetto.

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