Philadelphia

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Un film di Jonathan Demme. Con Tom Hanks, Denzel Washington, Jason Robards, Antonio Banderas, Joanne Woodward.
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Titolo originale Philadelphia. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 120 min. - USA 1993. MYMONETRO Philadelphia * * * 1/2 - valutazione media: 3,66 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La battaglia d'un avvocato difeso da un collega. Valutazione 4 stelle su cinque

di GreatSteven


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sabato 8 settembre 2018

PHILADELPHIA (USA, 1993) di JONATHAN DEMME. Interpretato da TOM HANKS, DENZEL WASHINGTON, JASON ROBARDS JR., MARY STEENBURGEN, ANTONIO BANDERAS, RON VAWTER, ROBERT RIDGELY, CHARLES NAPIER, LISA SUMMEROUR, OBBA BABATUNDé, ANN DOWD, ROGER CORMAN, ANDRé B. BLAKE
Andrew Beckett è un brillante avvocato, proveniente da una numerosa famiglia, che lavora per la White-Wheeler, una delle maggiori società giudiziarie di Philadelphia. Un giorno riceve dai suoi superiori una promozione, ma dopo qualche tempo, dall’oggi al domani, si ritrova licenziato, con la pretesa d’aver smarrito un fascicolo e anche le insinuazioni di non essere sempre stato all’altezza dei compiti affidatigli. La vera ragione, però, per cui Wheeler e soci han deciso all’unanimità di liquidarlo è che hanno scoperto che soffre di Aids, in quanto omosessuale. Pur di riavere il suo posto, Andy si rivolge a nove avvocati, finché non reincontra un collega conosciuto casualmente qualche mese prima, Joe Miller, diventato di recente padre, che ha sempre nutrito una certa ripugnanza verso gli omosessuali. Non vedendovi il sussistere d’una causa, Joe rifiuta, ma quando vede Andrew reperire informazioni sulle forme di discriminazione non tollerate dalla legge degli Stati Uniti, cambia idea e raccoglie la sua richiesta appellandosi nientemeno che alla Corte Suprema. La vicenda è seguita molto da vicino anche da Liza, moglie di Joe, da Miguel Alvarez, compagno di Andrew, e dall’intera famiglia di quest’ultimo. Il processo dura circa un anno, emergono molti elementi rilevanti – il fatto che Andy abbia sempre nascosto la sua omosessualità ai colleghi; il pensiero di essi che lo stesso agisse da giureconsulto impreparato e incompetente; il clima di odio e paura che da sempre imperversava nelle aule della società giudiziaria nei confronti degli appartenenti a determinanti gruppi per via di certi comportamenti –, ma alla fine la causa è vinta da Andrew e Joe. Ma proprio il giorno del trionfo Andy ha una crisi e viene ricoverato in ospedale. Joe va a trovarlo e si scambiano le reciproche congratulazioni, poi, quando il compagno Miguel rimane con l’ammalato, gli scambia l’ultimo bacio. Al funerale, vengono proiettati i filmati che ritraggono i momenti indimenticabili dell’infanzia di Andrew Beckett con tutti i suoi affettuosi famigliari. Saggio legale sull’accettazione delle diversità e sull’abbattimento delle barriere culturali a favore di una società che privilegi le attitudini e i talenti di ciascuno a discapito delle tendenze comportamentali di ogni sorta, non solo in merito al sesso. Per quanto Miller disprezzi i gay, dà la priorità al suo mestiere (che sa fare con un ottimo senso dell’umorismo) di avvocato difensore per un cliente che è stato privato dei suoi diritti e della sua dignità senza una motivazione plausibile. Dal canto suo, Beckett (un T. Hanks sbiancato in volto, smagrito e coi capelli radi e grigi, giustamente premiato col suo primo Oscar per la sua magnifica interpretazione, molto sentita e profonda) è consapevole dei rischi che ha sempre corso celando la sua natura, ma quando si vede costretto ad uscire allo scoperto, non si tira indietro e affronta la realtà declamando, addirittura come teste al processo che lo osserva come parte lesa, il suo attaccamento viscerale al diritto come prolungamento ed estensione dei fatti della vita quotidiana, nonché come applicazione della sua dote innata alla giurisdizione in favore dell’esplicazione giuridica tanto all’esperto quanto al profano. La storia, sebbene inventata di sana pianta, sembra vera, per quanto sa commuovere, incantare e interessare: la costruzione della sceneggiatura rivela un’impalcatura che trascende il pathos passando attraverso l’ironia e l’analisi attenta e approfondita delle scelte umane che conducono ad atteggiarsi o secondo natura o secondo le varie necessità imposte dalle circostanze. Oltre al già citato e bravissimo Hanks, abbiamo un D. Washington che si fa valere ripetendo con puntuale comicità la battuta della spiegazione «come se avesse sei anni», strappa l’applauso con la digressione gastronomica durante l’arringa al processo e in generale stupisce positivamente per come perora con senso della giustizia e del dovere, ammirevoli per un servitore della legge che conosca la sua missione. Affianco a loro, si muovono un Banderas fidanzato esemplare e sanguigno, una Steenburgen avvocatessa della difesa che non demorde contro l’avversario finché non molla l’osso di fronte al verdetto conclusivo e un J. Robards che gioca il ruolo di Charles Wheeler recitando sotto le righe, ma senza disdegnare una alacrità pungente e toccante. J. Demme dirige il traffico con laboriosità dando la precedenza alle inquadrature in primo piano in cui gli interpreti guardano direttamente nell’obiettivo della telecamera, gestisce i contributi tecnici (scenografia e montaggio in primis) affinché funzionino come funziona bene la puntigliosa scansione del tempo prevista dalla vicenda e attribuisce un peso notevole alla colonna sonora, che vanta la stupenda Streets of Philadelphia di Bruce Springsteen (anch’essa si conquistò una statuetta), brani di Peter Gabriel e Neil Young e arie cantate con meravigliosa intensità da Maria Callas (esemplare il momento di sublime poesia che vivono Hanks e Washington in casa del primo quando questi alza il volume della musica e spiega all’altro l’ambientazione dell’opera cui l’aria si rifà).

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