Anno | 1993 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Alessandro Di Robilant |
Attori | Sabrina Ferilli, Renato Carpentieri, Giulio Scarpati, Regina Bianchi, Ileana Rigano Antonino Bruschetta, Giacinto Ferro, Salvatore Puntillo. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,11 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 10 febbraio 2014
Il giudice Livatino è stato una delle numerose vittime della mafia. Il film ne disegna il ruolo nella lotta al crimine organizzato. Ha vinto un premio ai David di Donatello,
CONSIGLIATO SÌ
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Seconda metà degli anni '80. Il Sostituto Procuratore della Repubblica Rosario Livatino vive a Canicattì con i genitori e ha un incarico a Palermo dove interviene contro la mafia seguendo i percorsi del denaro sporco. La sua azione è resa più difficile dal fatto che chi lo circonda non gli dà il sostegno sufficiente e che uno dei suoi principali indagati abita nel suo stesso stabile.
Rosario Angelo Livatino (Canicattì, 3 ottobre 1952 - Agrigento, 21 settembre 1990) è stato un magistrato italiano assassinato dalla Stidda. Questo è ciò che si legge nelle prime righe della pagina di Wikipedia dedicate al protagonista di questo film che non ha avuto il problema di cercarsi un titolo. Perché il titolo glielo diede, con un intervento inopportuno, l'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga intendendo con questo stigmatizzare quei magistrati di abbastanza fresca nomina intenzionati a compiere il loro dovere con una dedizione assoluta. Alessandro di Robilant decide di raccontare Livatino non come un eroe ma come una persona colta nella sua quotidianità.
A Regina Bianchi e a Leopoldo Trieste è affidata la tenerezza di un rapporto genitoriale che non vincola ma sostiene così come il possibile legame con l'avvocatessa Guarnera ci fa percepire come il magistrato non abbia prevalso sull'uomo. Casomai è la consapevolezza dei rischi a cui è esposto che lo spinge a compiere scelte difficili ma necessarie. Di Robilant ci mostra come si possa fare un cinema di denuncia utilizzando dei toni sommessi che, ancor più dei proclami, riescono a scuotere le coscienze nel profondo.
La filmografia di Alessandro Di Robilant non è particolarmente corposa. Eppure, ogni suo film finisce sempre per lasciare qualcosa. Crudo e senza fronzoli com'è nel raccontare la realtà.Il giudice ragazzino racconta la vita, tanto breve quanto eroica, di Rosario Livatino. Magistrato definito "ragazzino" in modo dispregiativo dall'allora Presidente della Repubblica Cossiga.