Gli spietati

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Un film di Clint Eastwood. Con Morgan Freeman, Gene Hackman, Richard Harris, Clint Eastwood, Frances Fisher.
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Titolo originale Unforgiven. Western, durata 122 min. - USA 1992. MYMONETRO Gli spietati * * * - - valutazione media: 3,09 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La relatività della morte Valutazione 4 stelle su cinque

di Paolo Assandri


Feedback: 1177 | altri commenti e recensioni di Paolo Assandri
sabato 11 febbraio 2012


Non aveva fatto niente per meritarsi di morire, niente che mi ricordassi quando mi passò la sbronza”;
Tutti ce la meritiamo, Kid.”;
I meriti non c’entrano in queste cose.”.Così parla Will Munny, l’eroe forse più immortale della filmografia di Clint Eastwood. Nello stesso film, nell’arco di pochi giorni, la sua opinione sulla morte, o meglio, sull’inflizione della morte al nemico, subisce questi cambiamenti repentini. Questo non perché il protagonista sia realmente schizofrenico, ma perché, Unforgiven è un film che traccia, ripercorre e descrive più linee coincidenti del western, deformandole e reinventandole. Will Munny è il protagonista di un western arcaico, che precede la normalizzazione del genere, fatto di pura e primitiva violenza vendicativa (nel finale), di un western revisionista dall’incipit all’excipit, saltando la sequenza noir di Big Whiskey, che tende a rivalutare l’importanza della vita umana e a demonizzare la violenza e il duello, descrivendolo per quello che è: un omicidio e, in ultimo, di un meta western, che tende continuamente a raccontare se stesso: Munny e Ned che evocano il passato, così come Little Bill e Bob l’inglese tramite l’inserimento parodico di Beuchamp, scrittore di memorie e di menzogne. Le linee si sovrappongono e si compenetrano, ma restano in fin dei conti distinte. È l’ultimo western diretto dal regista, il quale comunque non abbandonerà mai definitivamente il genere, riprendendolo fino al recente Gran Torino in forma inedita e autoriflessiva. Il gene della vendetta che, assieme a quello della natura spettrale dei personaggi, è il gene dominante dell’opera estwoodiana, ha in questo film la propria consacrazione. È un film sulla vendetta più di Mystic River, più di Pale Rider, più di Gran Torino perché a differenza di questi ultimi, Unforgiven, non cerca giustificazioni oneste al piacere esplicito della stessa. Se Jimmy in qualche modo deve uccidere Dave, perché la giustizia latita e perché il suo codice malavitoso non gli consente altra scelta, se Kowalski decide addirittura di trasformare una vendetta in un sacrificio – suicidio che possa in qualche modo riscattare un’intera comunità, se non un’intera società, e se il cavaliere vendicatore di Pale Rider tramite la vendetta ottiene la libertà dei bravi abitanti di Carbon Canyon, Will Munny si vendica per pura abitudine, per un piacere quasi estetico che la morte provoca in quelli come lui che hanno vissuto di morte (anche a livello economico, essendo un cacciatore di taglie) e che dalla morte, se non mascherandosi (fede, astinenza da alcol), non riescono a fare a meno.
Come detto, il punto di vista di Clint trascende il classico (preclassicità) o lo rivisita; è inutile dire che il suo stile rimane aderente a quell’economia di mezzi estetici che tentano in ogni modo di favorire la storia alla narrazione. La sua linea, che da Bird in avanti si farà sempre più netta, è quella di un autore che né vuole consegnarsi del tutto al postmoderno citazionista che diventerà il pane di autori come Tarantino, né tuttavia da questa linea vuole rimanere escluso, perseverando esclusivamente su quella strada che la critica di tutto il mondo ha tracciato con una matita da Griffith a Ford e da Ford a lui. Il suo cinema si fa sempre maggiormente un cinema autonomo, che privilegia il film al regista, la storia allo stile, l’intento narrativo all’intento autoriale e che si pone in mezzo e al di sopra delle correnti preponderanti classica, postclassica e di genere.

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