Batman - Il ritorno

Irene Bignardi

Finora, nella storia dei sequel, ce n’era almeno uno la cui qualità batteva quella della prima puntata: ed era Il Padrino parte II, che resta nella memoria come un grande dramma elisabettiano sulla conquista del potere assai più forte del pur forte mito originale. Lo stesso si può dire, fatte le dovute proporzioni, di Batman - Il ritorno.
Fatta anche la tara all’entusiasmo dei pezzi parapromozionali pubblicati sulla stampa Usa e alle deliranti espressioni di ammirazione uscite dalla penna dei critici francesi, è vero che, forse perché più adulto, più libero dopo i successi registrati con gli altri suoi film, più forte per le esperienze accumulate, Tim Burton ci dà con la nuova puntata di Batman un film più interessante, più ambiguo, più ricco di letture, più stravagante.
Forse troppo. Primo problema: qual è il pubblico a cui è naturalmente destinata questa versione del fumetto di Bob Kane? Be’, non precisamente i bambini. Pensate: il film si apre su una nascita mostruosa. E con due genitori, non meno mostruosi, che decidono di abbandonare il povero esserino nelle fogne, affidandolo a una cesta come il piccolo Mosè. Lo ritroviamo nel sottosuolo di Gotham City, trentatré anni dopo: orribile, naso a becco, mani a pinza, cattivissimo, e in preda a un furioso desiderio di vendetta (è un sensazionale Danny De Vito). I pinguini che lo hanno salvato non sono meno odiosi. Ed è composta di clown criminali la banda alla testa della quale riemerge alla superficie quando decide di scoprire la propria identità e di candidarsi alle elezioni di sindaco di Gotham.
Gli offre il suo appoggio contro un sindaco scemo ma quasi perbene l’industriale Max Schreck (che si chiama come l’attore del Nosferatu di Murnau ed è interpretato da un allucinato Christopher Walken), un riccone che avvelena la città con gli scarichi tossici delle sue industrie e si prepara a succhiarle energia elettrica con un impianto p1c~Vra.
Per vincere le elezioni, il Pinguino si allea anche con la misteriosa Catwoman (Michelle Pfeiffer), segretaria frustrata dalla doppia identità: insieme, come è costume nelle campagne elettorali americane, non trovano di meglio che distruggere l’immagine di Batman, l’unico che si opponga alle loro losche pastette. Ovvio che non ce la faranno.. Ma in compenso, di simbolo in simbolo, di situazione in situazione, questa nuova avventura di Batman, come l’ha scritta Daniel Waters e come l’ha diretta da grande visionario Tim Burton, diventa più che mai una fiaba “nera” e sgradevole, morbosa e inquietante. Più per i grandi (se hanno la curiosità e la pazienza di sostenere l’urto del rumore e l’effetto ottovolante delle spettacolari scene d’azione) che per i ragazzi.
Dai riferimenti politici (in trasparenza si vedono le elezioni Usa) ai giochi di parole (la dolce “gattina” Michelle Pfeiffer in americano rimanda direttamente all’organo sessuale femminile), dalle citazioni colte (l’architettura del Terzo Reich, il cinema espressionista tedesco, l’immaginario biblico) all’amore-odio tra Michael Keaton e Catwoman, Batman - Il ritorno elabora fantasticamente materiali per adulti. Corruzione e politica, sesso e malavita, perversioni e crudeltà, temi più autentici e solidi delle trame gotico-romantiche del primo Batman. Due giovani studiosi sono addirittura intervenuti il 2 luglio sul “New York Times” in una sapiente e articolata analisi dell’antisemitismuo di Batman che ha avuto un’ampia eco. Forse Danny pe Vito non sapeva di incarnare un parente di Suss l’ebreo, né Burton, innalzando sulla piazza di Gotham un albero di Natale, pensava di farne il simbolo dell’etica cristiana che salverà Gotham City dalla falsa ideologia del pinguino. Chi vorrà andare al cinema col calepino, insomma, avrà pane per i suoi dibattiti. Per i più piccoli, è garantita la regolamentare quota di adrenalina e di sorprese visive miliardarie.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996


di Irene Bignardi, 1996