Il silenzio degli innocenti

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Un film di Jonathan Demme. Con Jodie Foster, Anthony Hopkins, Ted Levine, Charles Napier, Anthony Heald.
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Titolo originale The Silence of the Lambs. Thriller, durata 118 min. - USA 1991. MYMONETRO Il silenzio degli innocenti * * * * - valutazione media: 4,09 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Son sempre gli innocenti a pagare un prezzo salato Valutazione 4 stelle su cinque

di Great Steven


Feedback: 70018 | altri commenti e recensioni di Great Steven
lunedì 23 febbraio 2015

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI (USA, 1991) diretto da JONATHAN DEMME. Interpretato da JODIE FOSTER, ANTHONY HOPKINS, SCOTT GLENN, TED LEVINE, ANTHONY HEALD, CHARLES NAPIER, ROGER CORMAN, CHRIS ISAAK
L’FBI non riesce a catturare uno psicopatico, noto come Buffalo Bill, che uccide giovani donne e poi le scotenna. Viene incaricata dell’indagine la giovane agente in addestramento Clarice Starling, tormentata, geniale e coraggiosa. La ragazza fa riferimento a un altro assassino mentalmente deviato, lo psichiatra Hannibal Lecter, detenuto in un carcere di massima sicurezza dietro un blocco di vetri, letterale divoratore delle sue vittime. Fra i due personaggi si crea una gara di intelligenza, forza nervosa e oscuri segnali da interpretare. Clarice, cogliendo al volo un’intuizione di Lecter, trova la chiave del mistero: una farfalla, il lepidottero testa di morto, trovata nella gola delle vittime, è la raffigurazione di un desiderio transessuale. Buffalo Bill viene trovato proprio mentre sta per uccidere l’ennesima prigioniera. Nel frattempo Lecter, grazie a uno stratagemma, fa strage di poliziotti ed evade dalla prigione. Una mattina, a caso finalmente risolto, Clarice riceve la telefonata di Hannibal, che è ormai lontano e irraggiungibile. Il killer si complimenta con lei e le annuncia nuove imprese e vendette a sfondo cannibalistico. Tratto dal romanzo (1988) di Thomas Harris, riesce ad inquietare con un utilizzo della suspense e una tensione miratamente convertita che stupiscono per il rigore narrativo e l’eliminazione di una violenza inutilmente spinta. A suo modo, è effettivamente un film violento e sanguinario, ma senza l’autocompiacimento che si ravvede nei thriller di peggior specie, al contrario: il martirio della pace e della serenità interiore è portato avanti con un’intelligenza considerevole e una purificazione catartica dell’anima eseguita, come lo stesso Lecter precisa a chiare parole, attraverso il desiderio che nasce da ciò che l’occhio umano vede quotidianamente. Un’ottima Foster incarna un ruolo di poliziotta anticonvenzionale, dalla temerarietà invincibile e dall’insistenza prodigiosa, con una bravura che non si addirebbe completamente alla sua giovane età di allora, ma tant’è: non dimentichiamo che la Foster è stata una superba bambina-prodigio! E non è facile proseguire un talento quando esso si manifesta molto presto. La sua interpretazione le è valsa un meritatissimo Oscar, mentre un’altra statuetta è andata all’impressionante, sublime, malvagio e sarcastico Hopkins, perfettamente a suo agio nella parte dello psichiatra pervertito e antropofago, divenuto ormai una leggenda nell’immaginario collettivo cinematografico non solo statunitense: un antagonista così fuori dagli schemi e con un’espressione linguistica e psicofisica tanto meditativa e sconvolgente, non si può certo dire che si sia visto molto spesso, sul grande schermo. La pellicola ha ricevuto praticamente tutti gli Oscar più importanti: film, regia, attrice e attore protagonista e sceneggiatura. Ma l’autentico colpo di genio sperimentato da J. Demme è l’inserimento degli animali come leitmotiv ricorrente che spiega le nevrosi e le angosce che tormentano gli animi in tempesta dei personaggi, in particolar modo Clarice: nel suo caso, gli agnelli che vengono massacrati dai loro simili e che gemono disperatamente costituiscono il punto di raccordo di un trauma infantile che Lecter sa cogliere con preoccupante immediatezza nella psiche dell’aspirante poliziotta, svelando i misteri e i segreti che la tengono immobilizzata in un cantuccio che ancora la fa soffrire, a diversi anni dalla morte del padre. Altro animale incaricato di uno spazio espressivo più ampio di quel che sembra è la farfalla: oltre al fatto che la locandina del film ne presenta una sulla bocca di una donna, a significare il silenzio dentro cui sono costretti coloro che non hanno commesso colpe ragguardevoli, questo insetto diventa il veicolo e il simbolo della voglia insopprimibile di un cambiamento che però non potrà mai rivoluzionare una condizione vitale ritenuta insoddisfacente e deleteria. Qualche scena che merita di essere inserita nel catalogo delle immagini più memorabili che il cinema americano degli anni 1990 ha saputo inventare: l’inizio nel folto del bosco, con una nebbiolina e un sentore di freddo che avvolgono la donna protagonista mentre corre tra gli alberi e il suolo carico di foglie secche; l’interno della cella di Hannibal, decorato coi suoi ricchi disegni e tappezzato di mattonelle d’un blu molto evocativo; la maschera in stile medievale apposta sulla bocca dello psichiatra omicida; tutte le telefonate fatte dalla Starling, che ruotano sempre intorno al fulcro delle indagini e al suo rapporto con Lecter; l’unico momento in cui Clarice e Hannibal si toccano, attraverso le sbarre della prigione, immortalato in un significativo fotogramma che dimostra come lo psichiatra non abbia intenzioni crudeli nei confronti dell’agente; la ricerca dell’antagonista dopo la sua fuga dal carcere di Baltimora, con l’impiego dell’ascensore come nascondiglio. In conclusione, è un capolavoro che ha saputo mettere in piedi una storia convincente, efficace e avvincente, e che è da apprezzare oltre ogni misura per come tratta il tema della pericolosa devianza mentale, combinandolo con i dogmi neanche tanto restringenti delle esistenze traumatiche che fanno capo a voglie mai soddisfatte e a comportamenti traviati. Demme premiato al Festival di Berlino 1991 con l’Orso d’oro per la regia.

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