Belli e dannati |
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Un film di Gus Van Sant.
Con River Phoenix, Keanu Reeves, James Russo, Rodney Harvey.
continua»
Titolo originale My Own Private Idaho.
Drammatico,
durata 102 min.
- USA 1991.
MYMONETRO
Belli e dannati
valutazione media:
3,41
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Belli e Dannati. E non erano rockstar.di volevosolodiventareFeedback: 838 | altri commenti e recensioni di volevosolodiventare |
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martedì 23 novembre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Qualcosa mi è piaciuto e qualcosa non mi è piaciuto. Mi è piaciuto River Phoenix, per esempio, che non conoscevo, se non di nome. Mi è piaciuta la sua interpretazione, la sua realtà, la sua capacità di dar vita a un personaggio complesso senza ricorrere agli eccessi, senza sfondare lo schermo di pathos, senza sbattere in faccia tutta la sua problematicità, che è ben chiara, ma non esasperata. Mi è piaciuto River Phoenix perché quando dice che muore dalla voglia di baciare Scott, in qualche modo senti sulla pelle il suo stesso desiderio irrefrenabile, che diventa contagioso, che ti ritrovi a vivere, per provare una delusione maggiore di quella che prova lui nel momento in cui, di fatto, non si baciano. Mi è piaciuto River Phoenix in quanto unico protagonista del film, circondato da tutti gli altri personaggi, alternativamente e/o contemporaneamente grotteschi e caricaturali, impegnati in pose e dialoghi teatrali, shakespeariani quasi, volutamente stridenti con il degrado ritratto. Personaggi, marionette, comparse sul percorso di Mike Waters, le cui storie vengono sempre raccontate con una sorta di distacco lucido, di razionale distanza, chiaramente voluta. L’unico che si spartisce il ruolo, l’unico che sembra emergere da questa parata di casi umani, di eroinomani, markettari, sbandati, alcolizzati, drogati che vivono ai margini di una società che non si limita a ignorarli ma che all’occorrenza ne usufruisce, è Scott Favor, il figlio del sindaco. Una sorta di radical chic, poco chic. Sembra che tra Mike e Scott debba nascere una storia, sembra che questi due personaggi che viaggiano per l’America alla ricerca di se stessi, tramortiti da melodie country e inghiottiti da paesaggi iconografici, debbano diventare un punto di riferimento l’uno per l’altra. Finché anche questa sensazione svanisce, in una sterzata fasulla. Dando, una volta ancora l’impressione di non capire esattamente quale sia la direzione di questo film. I tempi sono lenti, a tratti rarefatti, nelle visioni semi-allucinate del subconscio di Mike e i personaggi instaurano così poca empatia con lo spettatore che risulta ovvio che questa fosse la volontà del regista. Il film si salva, alcuni lo trovano eccezionale, fresco, originale. Probabilmente lo è. Ma a me, in parte, è parso più che altro un esercizio stilistico del regista, un disperato tentativo di voler colpire con qualche trovata bizzarra, di voler apparire impegnato quel tanto che basta, di voler giocare con lo spettatore confondendolo con un paio di virate improvvise. Mi è parso che trapelasse un po’ la presunzione di poter raccontare una realtà così complessa senza prendere posizione, senza penetrarla. Sfiorandola, appunto, quasi pretestuosamente. Personalmente preferisco chi, umilmente, decide di raccontarmi una storia, quale che sia, e una volta che lo fa, decide di colpirmi, dritta, nel profondo. Belli e Dannati non ci arriva, non per incapacità, ma per scelta. Se Gus Van Sant mi avesse attraversata, senza girare una specie di “Noi ragazzi dello zoo di Seattle” e senza renderlo un deprimente film da pomeriggio estivo su Canale 5 forse avrei urlato al capolavoro. Ma non sarebbe stato facile. E non sarebbe stato Gus Van Sant. C’è solo un momento in cui, se un messaggio deve passare da questa storia, pare che passi. E non è un bel messaggio. E per questo mi è piaciuto. La sequenza finale dei due funerali, del padre naturale di Scott e del suo “padre psichedelico” Bob. Lo stridore tra le due situazioni paradossalmente affiancate, in un meccanismo in cui l’esercito di sbandati, alcolizzati, drogati, markettari, ladri sembra più autentico dell’altro, ricco di persone normali, composte, eleganti. Sotto lo sguardo di uno Scott distante e, in qualche modo, ripugnante. Mike Waters è solo. E il film non dona illusioni in merito. Ma i suoi orizzonti sono pur sempre sconfinati. E, nella sua totale vulnerabilità, è come se nessuno potesse ferirlo. O almeno, ferirlo di più. Consigliato? Comunque sì. Vedere Belli e Dannati non è sbagliato. Non fosse altro per la sconvolgente bellezza di Keanu Reeves, che fa venire nostalgia degli anni novanta, quando i ragazzi potevano avere i capelli a tendina senza sembrare dei perfetti imbecilli.
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