Odore di pioggia

Totò detto 'l'acchiappamosche', è uno sfaticato ragazzotto della provincia barese che coltiva ingenue velleità poetiche e una moderata passione per il gentil sesso. Si trastulla il giorno tra l'assillo di un padre ferroviere che lo vorrebbe sistemato e la sottana di una giovane donna , annoiata coniuge di un ufficiale americano di stanza in Italia. Sulle note Rhythm & Blues di una cultura simil beat e l'affresco scanzonato di una oleografica provincia meridionale va in scena un campionario ora banale ora surreale di una umanità che traguarda il mito americano dalle sponde remote di un mediterraneo immaginifico e la bellezza aspra di un paesaggio riarso dal sole, tentando una stralutata e grossolana commistione tra la commedia grottesca e il diario personale di una 'mosca da bar'. Il risultato è un filmetto senza arte nè parte (ma con un immancabile patrocinio pubblico) ispirato dalle fantasie artigianali di un Arbore-barbiere di Siviglia ('Giuvà e ù vuò fa stu cazzu di blues!') e dalla voce fuori campo di una radio 'libera' che intona le litanie ed i tormentoni dei popolari 'Squallor' (Storie di 'Apachi'), senza cadere nella provocazione sboccata o negli sberleffi demenziali di Boncompagni&Co ma senza tuttavia rieditarne l'irresistibile gusto iconoclasta e dissacratorio. Trascurabile da un punto di vista artistico per una inconsistenza del soggetto (pretestuoso) e dalla sceneggiatura (episodica e frammentaria) rivela una dilettantesca faciloneria produttiva e registica pur conservando un esile significato come documento di costume (gli anni '80?) tra citazioni televisive (sempre Arbore con 'Indietro tutta') e radiofoniche (i già citati Squallor) e illustrando con astratta allusività un paesaggio meridionale di canicolare e abbacinate candore. Rari momenti gradevoli tra siparietti musicali e stanche gag comiche. Attori anonimi da filodrammatica di paese. 'Blues e cime di rapa'.