Il bambino e il poliziotto

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Un film di Carlo Verdone. Con Carlo Verdone, Federico Rizzo (II), Adriana Franceschi, Barbara Cupisti, Salvatore Billa.
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Commedia, Ratings: Kids+13, durata 118 min. - Italia 1989. Acquista »
   
   
   

Deludente e fiacco, pecca di scarsa creatività. Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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domenica 17 agosto 2014

IL BAMBINO E IL POLIZIOTTO (IT, 1989) diretto da CARLO VERDONE. Interpretato da CARLO VERDONE – FEDERICO RIZZO – ADRIANA FRANCESCHI – BARBARA CUPISTI – LUIGI PETRUCCI – GIANLUCA FAVILLA – ISABELLA DE BERNARDI – CLAUDIA POGGIANI § Un commissario di polizia romano arresta una tossicodipendente ad una festa fiacca e soffusa nell’appartamento in cui ella vive, ma improvvisamente, dopo la retata dei suoi colleghi, entra in scena un bambino assonnato che si scopre essere il figlio della donna. Poiché il padre è un uomo inaffidabile, altri parenti non sono disponibili e il pargolo non vuole certo stare né all’istituto correttivo né dalla vecchia portinaia, il commissario è costretto ad occuparsene a tempo pieno finché la madre non sarà rimessa in libertà dopo la custodia cautelare e gli interrogatori sulle sostanze stupefacenti. La convivenza fra i due porterà non poche sorprese e molti ribaltamenti di certezze, anche perché il poliziotto vedrà poco a poco svanire e sfumarsi la relazione clandestina con un’analista che gli fa da amante pur essendo già sposata. A un certo punto il bambino verrà rapito da una banda di teppisti e spacciatori, e il commissario dovrà rimboccarsi le maniche per ritrovarlo. Alla fine tutto si concluderà per il meglio: il fanciullo verrà recuperato sano e salvo dal suo ormai nuovo amico e sua madre sarà scarcerata perché ritenuta finalmente incolpevole. Intanto il poliziotto si è trasformato in trepidante padre putativo, tanto il bambino gli è diventato caro e sincero col passare del tempo. Film al giulebbe per famiglie, raccontino anemico e dilatato con gag divertenti (come quella dei vetri rotti, quella degli spaghetti strascicati e della radio rubata dopo lo scassinamento) alternate a fiacche sequenze d’azione. Invece di affondare i denti nella realtà, la sfiora. Difficile per un regista e interprete così caratterizzato uscire dal suo ruolo standard di commedia all’italiana. Ma si deve capirlo: Verdone stava affrontando, alla fine degli anni ’80, un periodo di stanchezza fisica e immobilità creativa, tant’è vero che gli sceneggiatori Leo Benvenuti e Piero De Bernardi l’hanno aiutato a fuoriuscire da quest’impasse e lo hanno coinvolto in un film con pretese drammatiche che fuorvia leggermente dall’itinerario abituale di Verdone intrapreso dopo la decisiva svolta tragicomica di Io e mia sorella (1987). La contrapposizione bonaria e giocosa fra Verdone e il piccolo F. Rizzo è comunque vincente, e regala non pochi momenti spassosi che rendono un sano divertimento anche agli spettatori più esigenti, ai quali però non sarà sfuggito l’innesto malagevole del film e la sua struttura precaria, come una baracca fabbricata sulle rive di un fiume che spesso straborda e ha delle piene devastanti. La sceneggiatura presenta non pochi buchi e non è all’altezza della professionalità e dell’esperienza di due scrittori di lungo corso come i due sopracitati, inoltre il copione è labile nelle esigenze di racconto di formazione, mentre si può accettare come decente per quanto riguarda i momenti spassosi e la comicità sopraffina e malinconica che ha sempre contraddistinto i film dell’attore/regista romano. Una vena di nostalgia e di tristezza vela però quest’opera che sicuramente non è da annoverare fra le migliori di Verdone, e probabilmente è frutto di un vuoto creativo che s’è cercato di colmare con poche idee e realizzate maluccio, per giunta. Le interpretazioni delle attrici donne sono scialbe, come un fantasma al sole opaco e debole di novembre, monocordi e monoespressive. In qualche scena fa pure capolino L. Petrucci, già apparso in Compagni di scuola dell’anno prima e dello stesso regista. In definitiva, una pellicola che lascia un po’ con l’amaro in bocca e delude gli amanti di Verdone, e certamente si poteva fare di meglio, dato che il materiale per realizzare non certo un cult ma un buon film artigianale non mancava, e sicuramente un qualche ragguaglio di più sull’inventiva e una superiore attenzione ai personaggi di contorno e alle smagliature recitative avrebbe permesso un risultato di rango più elevato.

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