Un pesce di nome Wanda

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Un film di Charles Crichton. Con Jamie Lee Curtis, John Cleese, Kevin Kline, Stephen Fry, Jeremy Child.
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Titolo originale A Fish Called Wanda. Commedia, durata 108 min. - Gran Bretagna 1988. MYMONETRO Un pesce di nome Wanda * * * 1/2 - valutazione media: 3,56 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Quartetto sgangherato di ladri a briglia sciolta. Valutazione 4 stelle su cinque

di Great Steven


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domenica 15 febbraio 2015

UN PESCE DI NOME WANDA (USA, 1988) diretto da CHARLES CHRICTON. Interpretato da JOHN CLEESE, JAMIE LEE CURTIS, KEVIN KLINE, MICHAEL PALIN, MARIA AITKEN, TOM GEORGESON, STEPHEN FRY, JEREMY CHILD, ROGER HUME, NEVILLE PHILLIPS, PATRICIA HAYES, ROBERT PUTT
Americani trapiantati a Londra e compagni d’amore in gran segreto, Wanda e Otto si fingono fratelli per ingannare i loro due complici, il balbuziente Ken e il benestante George, dopo che insieme hanno portato a termine una rapina in un celeberrimo centro di gioielleria. In altre parole, mirano a farsi vicendevolmente le scarpe, con la collaborazione fino a un certo punto ignara di un rispettabile avvocato londinese di nome Archie, che finirà per tradire ripetutamente la moglie con Wanda ed essere vivacemente minacciato di morte più volte da Otto, ma coronerà insperatamente un sogno che aveva da tempo nel cassetto, alla fine di questa strampalata avventura dove ogni evento stravolgerà con inaspettata forza quello precedente. Questo quartetto immorale e pittoresco di lestofanti mette in piedi un ballo di ladri che risulta la carta vincente di questa commedia angloamericana, fra le più divertenti, aguzze e intelligenti degli anni 1980. È anche il caso spesso insolito di un film che riesce a mettere d’accordo tutti, critica e pubblico, e specialmente i critici fra loro. La regia di Chricton (1910-1999), qui all’opera conclusiva della sua pluridecennale carriera, dà carta bianca al simpaticissimo e affiatato gruppo di attori protagonisti per esprimersi al meglio in un bailamme scatenato ma coerente di situazioni al limite del paradossale che sfruttano l’effetto sorpresa portato alle sue estreme conseguenze e il capovolgimento delle condizioni di vantaggio e svantaggio di cui la trama usufruisce come espediente narrativo per esporre i fatti con una regolarità serrata e inarrestabile. Cleese è eccezionale nel ruolo del giureconsulto che possiede alcuni scheletri nell’armadio, appassionato di gioielli preziosi e con velleità sessuali non indifferenti, ligio al proprio dovere ma disposto sovente e volentieri alle trasgressioni. J. L. Curtis, figlia del compianto Tony e di Janet Leigh, sfodera tutta la sua irriverente e birichina simpatia per dipingere a tinte forti una ladra di prima categoria, piuttosto puttanella e vogliosa, che seduce gli uomini per ottenere da loro quanto le serve per sfuggire alle punizioni e condurre una vita all’insegna delle sue trasgressioni preferite e dell’amore libero e disinteressato. M. Balin si impegna a fondo per raffigurare il timido e imbranato complice affetto da una balbuzie che alla fine riesce miracolosamente a superare, e dedito alla cura di una vasca di pesciolini che adora con tutto il cuore. Ma il meglio fico del bigoncio è Kline, con la sua avversione inacidita per l’aggettivo ‘stupido’, la sua fissazione con la meditazione buddhista e la filosofia di Nietzsche e la sua antipatia incancellabile per i difetti degli statunitensi, che odia con una velenosità non priva di sarcasmo. Le scene andate a segno per una maggiore dose di comicità, divertimento, spensieratezza e acume narrativo: l’incontro notturno in casa dell’avvocato, dove Otto finge di essere un agente della CIA  e in tale veste si presenta di fronte alla sbigottita moglie (Aitken) di Archie; lo spogliarello del difensore prima di un agognato rapporto sessuale con Wanda che poi non avverrà e che lo costringerà involontariamente a mostrarsi nudo di fronte a una coppia di visitatori coi loro figli; la sevizia di Otto ai danni di Ken, con le patatine infilate nelle narici e la fagocitazione dei suoi pesciolini vivi; il sottofinale, in cui Ken investe Otto, vendicandosi definitivamente, con una schiacciasassi sopra un mucchio di cemento, ma l’irriducibile e testardo malvivente riuscirà a sopravvivere. K. Kline, alla cerimonia del 1989, portò a casa un meritatissimo Oscar per il miglior attore non protagonista, e coronò con questo successo personale una delle sue interpretazioni più felici e scanzonate. Ottima anche l’ambientazione, che ritrae una parte di Londra che solitamente non viene ripresa dalle immagini audiovisive del cinema straniero, per come è osservata con occhio indagante, critico e valutatore.    

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