Esistono indubbiamente accuse di "Bergmanismo" rivolte al regista di Manhattan, che riguardano - che io sappia- film come "Interiors". Ma mi chiedo, per quel poco che ne sappia, se siano osservazioni giuste. Ma è poco, appunto.
Piuttosto, forse, bisognerebbe domandarsi se sia un caso che questo film sia stato girato l'anno precedente di "Crimini e misfatti". E' come se l'Allen anni '80, famoso per film come "La rosa purpurea del Cairo", e che quindi forse non gode della fama di regista "Esistenzialista", cedesse il passo ad un uomo che si pone problemi sull'esistenza (In generale) e sulla sua visione de da parte di chi non è più giovane(Sarà un caso, ma l'ottimo Martin Landau, in "Crimini e misfatti", è praticamente coetaneo del protagonista di "Basta che funzioni").
L'"altra donna" del film, ufficialmente, si rinchiude nella casa per scrivere un romanzo. Ma il contatto con l'"Altro"( glielo impedisce: la Rowlands, dunque, trova elementi diversi in ciò che è (relativamente) lontano da lei(!), vale a dire le confessioni di una perfetta sconosciuta stile "Confidenze troppo intime", ma più approfiondite, e contemporaneamente dentro sé stessa, perché in un momento in cui voleva , forse, isolarsi da sé stessa, scrivendo un "Romanzo", sarà costretta come non mai ad interrogarsi su di lei, causa la "presenza" di un elemento esterno. Il film, dunque, rappresenta un viaggio nella diversità: da un lato il contatto, doloroso, tra due soggetti destinati a non incontrarsi mai, dall'altro il conflitto(?) tra la parte razionale e l' inconscio, che porterebbe a galla parti di noi che non possiamo o vogliamo vedere( Vi dice nulla quell'"incontro" onirico con una giovane, che nella sua sofferenza rischia di procurare gioia lla protagonista? Come dobbiamo interpretarlo, e perché proprio Klimt?).
Se però il film appare lontano, forse molto lontano, almeno dai momenti migliori di "Crimini e misfatti", é perché manca spesso il coraggio di fidare situazioni consolidate, ricorrendo nella sostanza ad elementi abusati come la gelosia dell'amica, giusta o sbagliata, vera o sognata che sia, il matrimonio che funiona poco, ecc. Se invece ci si fosse spinti oltre, come nel citato sogno con la ragazza, a livello sostanziale il viaggio della protagonista(Passato- presente, realtà-sogno, avrebbe assunto contorni più imprevedibili, e la forma ne avrebbe anch'essa guadagnato: non un'approccio semi- teatrale, come avverrà anni d opo nel desolante "Melinda e Melinda", dove io mi ricordo quasi solo dell'attrice):.Del resto, non credo sia casuale che il teatro ad un certo punto "Entri", credo, come elemento del film: una sfida nella sfida, ove alle fusioni già esposte sia ggiunge quella, riuscita così e così, tra due forme diverse di espressione artistica.
Un finale comunque non stupidamente ottimista: la donna smbra aver (ri) trovato sé stessa, in un "Tragitto" curioso che ricorda quello del bellissimo "Amore molesto", dove però il nostro Martone sfoderava ben altra profondità.
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