Rorret

Un film di Fulvio Wetzl. Con Massimo Venturiello, Lou Castel, Anna Galiena, Patrizia Punzo.
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Horror, Ratings: Kids+13, durata 105 min. - Italia 1988. uscita giovedì 23 maggio 2024. MYMONETRO Rorret * * * 1/2 - valutazione media: 3,50 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La ricerca della paura tramite varie forme d''arte Valutazione 4 stelle su cinque

di DavideCancila


Feedback: 100
domenica 16 giugno 2024

Quante volte ci è capitato di viaggiare con la fantasia sui film che amiamo? Magari immaginando di farne parte, entrandoci dentro?

 

“Rorret”, senza utilizzare effetti speciali, ma con l’ausilio di precisi e mai casuali movimenti di macchina, sposta lo sguardo dello spettatore dentro e fuori il fotogramma e letteralmente dentro e fuori il cinema sia nel senso di arte che di luogo dove avvengono le proiezioni.

 

Joseph Rorret è un tipo eccentrico, non è avvezzo al contatto con le persone, parla tramite il telefono con i suoi dipendenti, dai quali preferisce non essere visto, è impacciato ma ha una mente affascinante, fervida e affamata di forti emozioni, in particolare in costante ricerca della paura.

 

Joseph Rorret ama il cinema. Lo ama così tanto da possederne uno, il “Peeping Tom”, dentro il quale addirittura vive, in una stanza posta dietro lo schermo, all’intero di una struttura che era originariamente la cripta di una chiesa ormai sconsacrata.

 

Cripta-teatro-cinema-casa, come viene più volte detto. Un unicum di luoghi che fondono le loro funzioni per il protagonista.

Tutti luoghi tanto di culto che di spettacolo (la messa è considerata una delle forme più antiche di spettacolo, con tanto di  struttura divisa in atti e un pubblico che ne fruisce)

 

Joseph osserva i film dall’altra parte dello schermo, e da questa posizione osserva anche gli spettatori, cercando donne con le reazioni più genuine o partecipi. 

Le avvicina, le seduce e conduce assieme a loro una personale ricerca della paura attraverso varie forme di arte e intrattenimento, via via sempre più elaborate e più intime.

 

Si inizia con Sheila, che si spaventa durante la visione di una geniale riproposizione della più famosa scena della doccia della storia del cinema, con cui si reca in un Luna Park, in cui attrazioni come l’ottovolante (usato già come termine di paragone per la rappresentazione della paura nel cinema horror, che deve portare fino a un centro limite ma avere una “sicura”) e una casa degli orrori scatenano l’agognata paura in modo molto fisico e diretto senza l’ausilio di particolari processi intellettivi.

Dopo la forte emozione le pulsioni del protagonista diventano incontrollate, e finisce per strangolare la donna.

 

È poi un binocolo il mezzo con cui nel buio della sala scorge Barbara, intenta a fotografare momenti salienti della reinterpretazione  de “L’occhio che uccide” che da nome alla sala; questa volta il personaggio è più controverso, si tratta di un’artista, che usa le foto come modello per dipingere i suoi quadri dai soggetti tormentati.

La ricerca si raffina, si passa ad un piano più ricercato e cerebrale; Barbara sembra tenere testa a Rorret, diventando la prima donna ad entrare all’interno della sua abitazione, dove lei inizia a decifrarne la figura, ma senza riuscire però a carpirne in tempo la natura intrinseca e finendo anche lei uccisa dal serial killer.

 

Il teatro è l’approdo finale del viaggio del nostro protagonista, trascinato da Cecilia (già incrociata brevemente durante l’inseguimento della prima vittima) notata mentre cerca di immedesimarsi nelle forti emozioni rappresentate nella famosa scena rivisitata di un altro grande classico.

Stavolta Rorret, come a preannunciare la fine della sua ricerca, si presenta con il suo vero nome, inizia a venire fuori “dal film” mettendo da parte i personaggi, e grazie agli esercizi estremi di immedesimazione di Cecilia, porterà alla luce un suo ricordo d’infanzia di un’incosciente gioco e un ricordo fittizio e drammaticamente suggestivo, ricreato dall’attrice che si appropria letteralmente della scena.

Sarà proprio una sorta di rappresentazione teatrale il punto di arrivo in cui lo spazio cinematografico e narrativo cessano di alternarsi e diventano tutt’uno.

Casa-cinema-teatro-cripta.

Viene alzato lo schermo/sipario, finalmente Rorret è allo scoperto ed lui a diventare protagonista per gli spettatori nella sua sala, e davanti a loro finisce ucciso da Cecilia, che si rivelerà più simile a lui di quanto lei potesse immaginare.

E finisce qui il viaggio, sotto sguardi increduli e quasi annoiati, salvo poi realizzare che quella a cui stanno assistendo non è solo una messa in scena.

Solo un bambino, nonostante la madre cerchi di distrarlo, continuerà a fissare la scena turbato, ma al tempo stesso affascinato, con un entusiasmo nello sguardo che ci ricorda perché ci piace ricercare la paura.

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