stefano
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mercoledì 25 gennaio 2006
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il gioco della seduzione
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“Le relazioni pericolose”, diretto dal regista inglese Stephen Frears, è la versione cinematografica più famosa del celeberrimo romanzo epistolare di Choderlos De Laclos. Accolto da un grande successo di critica e di pubblico all’epoca della sua uscita e premiato con 3 Oscar per la sceneggiatura, la scenografia e i costumi, questo splendido film racconta in maniera superba le note vicende del romanzo, ovvero il pericoloso gioco di intrighi e di seduzione messo in atto con cinica spregiudicatezza dal fascinoso visconte di Valmont (John Malkovich) e dall’astuta marchesa di Merteuil (Glenn Close) ai danni di Cécile (Uma Thurman), una ragazza illibata di nobile famiglia, e di madame de Tourvel (Michelle Pfeiffer).
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“Le relazioni pericolose”, diretto dal regista inglese Stephen Frears, è la versione cinematografica più famosa del celeberrimo romanzo epistolare di Choderlos De Laclos. Accolto da un grande successo di critica e di pubblico all’epoca della sua uscita e premiato con 3 Oscar per la sceneggiatura, la scenografia e i costumi, questo splendido film racconta in maniera superba le note vicende del romanzo, ovvero il pericoloso gioco di intrighi e di seduzione messo in atto con cinica spregiudicatezza dal fascinoso visconte di Valmont (John Malkovich) e dall’astuta marchesa di Merteuil (Glenn Close) ai danni di Cécile (Uma Thurman), una ragazza illibata di nobile famiglia, e di madame de Tourvel (Michelle Pfeiffer). Moglie fedele e dai saldi principi morali, quest’ultima finisce suo malgrado per cedere alle lusinghe di Valmont, innamorandosi follemente di lui. Ma ben presto gli eventi sfuggono di mano al visconte, e il gioco da lui intrapreso si avvierà verso un tragico finale. L’eccellente sceneggiatura di Christopher Hampton rappresenta con estrema fedeltà il complesso intreccio di sentimenti e di passioni del romanzo; la ricostruzione d’epoca (la Francia del secolo XVIII) è assolutamente perfetta, con costumi e scenografie che illustrano magnificamente lo sfarzo decadente della nobiltà francese pochi anni prima della rivoluzione. Ma il vero punto di forza di questo meraviglioso film è la prova degli attori, dal luciferino John Malkovich alla radiosa Michelle Pfeiffer, nelle migliori interpretazioni della loro carriera. La più brava di tutti, però, è proprio lei, una sensazionale Glenn Close, insuperabile nel ruolo della spietata e machiavellica marchesa (per il quale avrebbe meritato l’Oscar). La sottile crudeltà espressa dal suo personaggio è da manuale della recitazione; del resto, la Close si è sempre dimostrata la “cattivissima” per eccellenza del grande schermo (da “Attrazione fatale” a Crudelia De Mon). Straordinaria l’ultima scena del film, con un indimenticabile e silenzioso primo piano sul suo volto: la capacità con cui l’attrice riesce a trasmettere le emozioni del personaggio solo con l’espressione del viso è davvero impressionante. Un suggerimento per tutti gli estimatori: se avete gradito questo film, non perdetevi l’occasione di vedere l’altra versione del romanzo, il film di Milos Forman “Valmont”, girato appena un anno dopo con Colin Forth e Annette Bening come protagonisti (di recente è disponibile anche in DVD).
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stefania callisto
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lunedì 19 marzo 2007
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glenn close e john malkvich in un film eccezionale
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le Relazioni Pericolose è l'ultimo rifacimento del romanzo omonimo, un racconto ambientato nella Francia del '700, che tratta degli intrighi e passioni di due nobili. Il film ripercorre molto abilmente il romanzo, rendendo la storia, già di per sè intricata e romanzesca, incredibilmente avvincente.Si, perchè la passione tra Valmont-Malkovich e Madame de Tourveilles è ben più di una storia erotica, ed il regista Stephen Frears sapientemente riesce ad avvincere con questa seduzione che della classica seduzione ha solo l'apparenza.Valmont è un libertino increbilmente annoiato che spinto dalla sua amica la marchesa di Monteilles, architetta un piano per sedurre Madame de Tourveilles.I due complici sono apparentemente crudeli fino alla perfidia,e nel complotto addirittura godono della rovina della loro virtuosissima vittima.
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le Relazioni Pericolose è l'ultimo rifacimento del romanzo omonimo, un racconto ambientato nella Francia del '700, che tratta degli intrighi e passioni di due nobili. Il film ripercorre molto abilmente il romanzo, rendendo la storia, già di per sè intricata e romanzesca, incredibilmente avvincente.Si, perchè la passione tra Valmont-Malkovich e Madame de Tourveilles è ben più di una storia erotica, ed il regista Stephen Frears sapientemente riesce ad avvincere con questa seduzione che della classica seduzione ha solo l'apparenza.Valmont è un libertino increbilmente annoiato che spinto dalla sua amica la marchesa di Monteilles, architetta un piano per sedurre Madame de Tourveilles.I due complici sono apparentemente crudeli fino alla perfidia,e nel complotto addirittura godono della rovina della loro virtuosissima vittima.
Ma Valmont stesso non sa che il suo piano lo travolgerà, così come la marchesa ignora la profondità dei suoi sentimenti per Valmont.Così entrambi finiranno vittime di se stessi in un film da oscar che non annoia mai, neanche quando dovrebbe, e che riesce a tracciare profili psicologici da thriller.
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julia
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martedì 31 luglio 2007
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è un film da non perdere...
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è VERAMENTE il capolavoro di un genio di regista, con l'ausilio di attori che fanno rivivere tempi scomparsi, dove s'intrecciavano amori, falsità e frasi da romanzo che fanno venire le lacrime da quanto sono emozionanti, profonde e vere. non esistono parole, secondo me, per esprimere un capolavoro di questo calibro, perfetto in tutto... da sceneggiatura, scrittura, attinenza al testo di base, professionalità commovente degli attori, bellezza dei costumi che sono REALISTICI!
è un film d'impressionante impatto storico e meravigliosa filmografia moderma, da rivedere centinaia di volte senza stancarsi mai!
questi sono veri film d'ambientazione storica, non altri di nuova uscita che sono carini, ma agli occhi di un conoscitore fanno acqua da tutte le parti come Marie Antoinette.
[+] acqua da tutte le parti: carino.
(di jeminy)
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hal 9000
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lunedì 31 agosto 2009
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ricostruzione accurata, recitazione moderna
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L'esordio hollywoodiano di Frears è l'adattamento della versione teatrale che Hampton (sceneggiatore) aveva tratto dal capolavoro di Pierre Chodelors. Frears ricostruisce in modo accurato l'epoca senza mai sfiorare la maniera tanto "I puristi si scandalizzarono per l'atmosfera poco settecentesca (salvo ricredersi dopo il flop del "Valmont" di Forman)" [Paolo Mereghetti] ed affronta in modo magistrale la lotta fra amore e seduzione "la crudele battaglia fra sessi dove dominano denaro e potere" [Paolo Mereghetti], regalando alcune scene da antologia come la morte di Valmont e il primo piano finale della Close.
Un grandissimo cast tra cui spicca uno straordinario John Malkovich, indubbiamente poco settecentesco, ma strepitoso nel suo gesticolare e nell'uso degli occhi (strabici) con cui riesce a far cogliere allo spettatore il cambiamento del suo sentimento nei confronti di Madame de Tourvel (una bravissima Michelle Pfeiffer, candidata all'oscar).
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L'esordio hollywoodiano di Frears è l'adattamento della versione teatrale che Hampton (sceneggiatore) aveva tratto dal capolavoro di Pierre Chodelors. Frears ricostruisce in modo accurato l'epoca senza mai sfiorare la maniera tanto "I puristi si scandalizzarono per l'atmosfera poco settecentesca (salvo ricredersi dopo il flop del "Valmont" di Forman)" [Paolo Mereghetti] ed affronta in modo magistrale la lotta fra amore e seduzione "la crudele battaglia fra sessi dove dominano denaro e potere" [Paolo Mereghetti], regalando alcune scene da antologia come la morte di Valmont e il primo piano finale della Close.
Un grandissimo cast tra cui spicca uno straordinario John Malkovich, indubbiamente poco settecentesco, ma strepitoso nel suo gesticolare e nell'uso degli occhi (strabici) con cui riesce a far cogliere allo spettatore il cambiamento del suo sentimento nei confronti di Madame de Tourvel (una bravissima Michelle Pfeiffer, candidata all'oscar). Di innarivabile crudeltà la Close anch'essa candidata all'Oscar.
Ottime scenogtrafie, costumi, trucco e muscihe.
Mise insieme sette nominations agli Oscar, ne vinse 3: sceneggiatura, scenografia e costumi. Scandalosamente Malkovich non ricevette nemmeno una nomination.
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jeminy
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martedì 27 gennaio 2009
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dannazione qualcuno di voi ha letto il libro?
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Bene, io sì e per quanto i romanzi storici siano bellissimi se si sa apprezzare il genere e si conosce bene il contesto storico vi dico che il libro di Laclos, tralasciando l'ovvia noia della narrazione epistolare, è qualcosa di veramente profondo che rispecchia una società corrotta, ma non dimentichiamo che Lui è lo stesso autore che ha scritto lettere di raccomandazione alle autorità repubblicane a favore di quel verme del Duca d'Orleans! E quindi ha sicuramente esasperato una realtà che comunque il film rispecchia in modo molto analogo, non tralasciando errori di titoli come "Milady" e qualche abito un poco sbagliato, ma non dimentichiamoci che è un film storico e non un documentario! Il regista e tutta il suo entourage hanno fatto del loro meglio per creare un film adatto e gli è venuto dannatamente bene rispetto al libro e con l'ausilio di attori bravissimi.
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Bene, io sì e per quanto i romanzi storici siano bellissimi se si sa apprezzare il genere e si conosce bene il contesto storico vi dico che il libro di Laclos, tralasciando l'ovvia noia della narrazione epistolare, è qualcosa di veramente profondo che rispecchia una società corrotta, ma non dimentichiamo che Lui è lo stesso autore che ha scritto lettere di raccomandazione alle autorità repubblicane a favore di quel verme del Duca d'Orleans! E quindi ha sicuramente esasperato una realtà che comunque il film rispecchia in modo molto analogo, non tralasciando errori di titoli come "Milady" e qualche abito un poco sbagliato, ma non dimentichiamoci che è un film storico e non un documentario! Il regista e tutta il suo entourage hanno fatto del loro meglio per creare un film adatto e gli è venuto dannatamente bene rispetto al libro e con l'ausilio di attori bravissimi. Ognuno di loro ha saputo apportare qualcosa di vero e reale ad un personaggio creato alla fine del 1700. Io vi dico solo che prima di criticare un film storico conoscetene il contesto. Ma avete presente la scena stupenda della marchesa de merteuil che dichiara guerra al visconte? L'espressione della Close che fa intendere che ci sta e poi gli dice Guerra? Oppure la scena finale dove lei si strucca? per quanto storico è sempre un film e come tale va criticato. Secondo me è un capolavoro. Non ho altro da dire.
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lamazoniana
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domenica 31 luglio 2011
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bellissimo
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Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino.
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Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino. Ma forse Valmont non si rende conto neanche lui di quanto fosse innamorato: difatti, ha sempre cura di sostenere il contrario, ogni qual volta la Marchesa gli rinfaccia che ne è pazzo, anche dopo la consegna della famosa lettera di rottura (che nel film diventa un tragico colloquio tra lui e la Presidentessa, di cui è emblema la significativa frase “Trascende ogni mio controllo”).
Forse, nel film possiamo notare una Marchesa più “umana” rispetto al romanzo, una donna che, oltre ad essere capace di ordire intrighi infami solo per il gusto di nuocere alle sue vittime, è anche capace di debolezze e di sentimenti umani; più di una volta appare chiaro quanto ella sia attratta da Valmont, anzi, in una frase lo esprime chiaramente: “Io vi volevo ancor prima di conoscervi. Lo esigeva la mia presunzione. Poi quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire. La sola volta che mi sono sentita dominata dal mio desiderio... in una singolar tenzone.”; come dimenticare, poi, la scena di costernante disperazione che ci offre una magistrale Glenn Close (la quale ammiriamo per tutto il tempo in una delle sue interpretazioni cinematografiche meglio riuscite), quando la machiavellica Marchesa viene a sapere della morte del Visconte.
La scena più struggente è senz’altro quella del duello e della conseguente morte di Valmont: qui notiamo un’ulteriore differenza, rispetto all’opera di De Laclos: in quest’ultima non sono riportati i particolari del duello, ma nel lungometraggio notiamo chiaramente come Valmont, sopraffatto dai rimorsi per aver lasciato Madame de Tourvel (la quale, nel frattempo, sta morendo per lui) si lascia letteralmente uccidere da Danceny, al quale consegna prima di spirare la corrispondenza che in quei mesi aveva avuto luogo tra lui e la Merteuil, corrispondenza che condanna definitivamente la Marchesa, smascherando i suoi perfidi intrighi dei quali ne erano divenuti vittima Cècile, Danceny, M.me de Tourvel, e lo stesso Valmont.
Altra differenza: alla fine del film Valmont dice a Danceny di riferire alla Signora de Tourvel quanto egli l’abbia amata e di come egli non sappia spiegarsi perché abbia dovuto interrompere la loro relazione ma che, dall’istante in cui si è separato da lei, la sua vita non ha avuto più alcun senso; nel romanzo, invece, ella viene a sapere della morte dell’uomo amato in una conversazione tra il medico e Madame de Volanges, la quale si trova al suo capezzale, subendo così il colpo finale che la porterà alla morte.
La tragica fine della Marchesa, che nel film è “limitata” alla distruzione totale della sua reputazione in società, nel romanzo assume toni più drammatici: si ammala di vaiolo, riesce a guarire, ma ne esce sfigurata, cosicché “la sua anima è ora dipinta sul suo volto” (particolare che mi fa balzare alla mente un altro grande capolavoro, “Il ritratto di Dorian Grey”), perde tutti i suoi beni nel processo cui ella fa riferimento in alcune lettere, e fugge in Olanda.
Ma, per tutto il resto, il film è fedelissimo al romanzo, ed alla fedeltà della riproduzione cinematografica hanno contribuito senz’altro l’abilità di un grande regista (Stephen Frears), la bravura di tre attori eccezionali, ed una ricostruzione dell’epoca in cui vengono narrati i fatti (XVIII secolo) praticamente perfetta.
Credo che “Le Relazioni pericolose” sia ormai divenuto il mio film preferito; così come il romanzo è uno dei miei favoriti in assoluto; i suoi personaggi difficilmente si riescono a dimenticare e, personalmente, mai dimenticherò soprattutto la figura del Visconte de Valmont, libertino sarcastico ed egocentrico, ma ben più umano della Marchesa, vittima forse quanto gli altri delle spietate macchinazioni di quest’ultima, consapevole di non poter vivere senza l’unica donna che egli abbia mai amato in tutta la sua vita.
Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino. Ma forse Valmont non si rende conto neanche lui di quanto fosse innamorato: difatti, ha sempre cura di sostenere il contrario, ogni qual volta la Marchesa gli rinfaccia che ne è pazzo, anche dopo la consegna della famosa lettera di rottura (che nel film diventa un tragico colloquio tra lui e la Presidentessa, di cui è emblema la significativa frase “Trascende ogni mio controllo”).
Forse, nel film possiamo notare una Marchesa più “umana” rispetto al romanzo, una donna che, oltre ad essere capace di ordire intrighi infami solo per il gusto di nuocere alle sue vittime, è anche capace di debolezze e di sentimenti umani; più di una volta appare chiaro quanto ella sia attratta da Valmont, anzi, in una frase lo esprime chiaramente: “Io vi volevo ancor prima di conoscervi. Lo esigeva la mia presunzione. Poi quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire. La sola volta che mi sono sentita dominata dal mio desiderio... in una singolar tenzone.”; come dimenticare, poi, la scena di costernante disperazione che ci offre una magistrale Glenn Close (la quale ammiriamo per tutto il tempo in una delle sue interpretazioni cinematografiche meglio riuscite), quando la machiavellica Marchesa viene a sapere della morte del Visconte.
La scena più struggente è senz’altro quella del duello e della conseguente morte di Valmont: qui notiamo un’ulteriore differenza, rispetto all’opera di De Laclos: in quest’ultima non sono riportati i particolari del duello, ma nel lungometraggio notiamo chiaramente come Valmont, sopraffatto dai rimorsi per aver lasciato Madame de Tourvel (la quale, nel frattempo, sta morendo per lui) si lascia letteralmente uccidere da Danceny, al quale consegna prima di spirare la corrispondenza che in quei mesi aveva avuto luogo tra lui e la Merteuil, corrispondenza che condanna definitivamente la Marchesa, smascherando i suoi perfidi intrighi dei quali ne erano divenuti vittima Cècile, Danceny, M.me de Tourvel, e lo stesso Valmont.
Altra differenza: alla fine del film Valmont dice a Danceny di riferire alla Signora de Tourvel quanto egli l’abbia amata e di come egli non sappia spiegarsi perché abbia dovuto interrompere la loro relazione ma che, dall’istante in cui si è separato da lei, la sua vita non ha avuto più alcun senso; nel romanzo, invece, ella viene a sapere della morte dell’uomo amato in una conversazione tra il medico e Madame de Volanges, la quale si trova al suo capezzale, subendo così il colpo finale che la porterà alla morte.
La tragica fine della Marchesa, che nel film è “limitata” alla distruzione totale della sua reputazione in società, nel romanzo assume toni più drammatici: si ammala di vaiolo, riesce a guarire, ma ne esce sfigurata, cosicché “la sua anima è ora dipinta sul suo volto” (particolare che mi fa balzare alla mente un altro grande capolavoro, “Il ritratto di Dorian Grey”), perde tutti i suoi beni nel processo cui ella fa riferimento in alcune lettere, e fugge in Olanda.
Ma, per tutto il resto, il film è fedelissimo al romanzo, ed alla fedeltà della riproduzione cinematografica hanno contribuito senz’altro l’abilità di un grande regista (Stephen Frears), la bravura di tre attori eccezionali, ed una ricostruzione dell’epoca in cui vengono narrati i fatti (XVIII secolo) praticamente perfetta.
Credo che “Le Relazioni pericolose” sia ormai divenuto il mio film preferito; così come il romanzo è uno dei miei favoriti in assoluto; i suoi personaggi difficilmente si riescono a dimenticare e, personalmente, mai dimenticherò soprattutto la figura del Visconte de Valmont, libertino sarcastico ed egocentrico, ma ben più umano della Marchesa, vittima forse quanto gli altri delle spietate macchinazioni di quest’ultima, consapevole di non poter vivere senza l’unica donna che egli abbia mai amato in tutta la sua vita.
Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino. Ma forse Valmont non si rende conto neanche lui di quanto fosse innamorato: difatti, ha sempre cura di sostenere il contrario, ogni qual volta la Marchesa gli rinfaccia che ne è pazzo, anche dopo la consegna della famosa lettera di rottura (che nel film diventa un tragico colloquio tra lui e la Presidentessa, di cui è emblema la significativa frase “Trascende ogni mio controllo”).
Forse, nel film possiamo notare una Marchesa più “umana” rispetto al romanzo, una donna che, oltre ad essere capace di ordire intrighi infami solo per il gusto di nuocere alle sue vittime, è anche capace di debolezze e di sentimenti umani; più di una volta appare chiaro quanto ella sia attratta da Valmont, anzi, in una frase lo esprime chiaramente: “Io vi volevo ancor prima di conoscervi. Lo esigeva la mia presunzione. Poi quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire. La sola volta che mi sono sentita dominata dal mio desiderio... in una singolar tenzone.”; come dimenticare, poi, la scena di costernante disperazione che ci offre una magistrale Glenn Close (la quale ammiriamo per tutto il tempo in una delle sue interpretazioni cinematografiche meglio riuscite), quando la machiavellica Marchesa viene a sapere della morte del Visconte.
La scena più struggente è senz’altro quella del duello e della conseguente morte di Valmont: qui notiamo un’ulteriore differenza, rispetto all’opera di De Laclos: in quest’ultima non sono riportati i particolari del duello, ma nel lungometraggio notiamo chiaramente come Valmont, sopraffatto dai rimorsi per aver lasciato Madame de Tourvel (la quale, nel frattempo, sta morendo per lui) si lascia letteralmente uccidere da Danceny, al quale consegna prima di spirare la corrispondenza che in quei mesi aveva avuto luogo tra lui e la Merteuil, corrispondenza che condanna definitivamente la Marchesa, smascherando i suoi perfidi intrighi dei quali ne erano divenuti vittima Cècile, Danceny, M.me de Tourvel, e lo stesso Valmont.
Altra differenza: alla fine del film Valmont dice a Danceny di riferire alla Signora de Tourvel quanto egli l’abbia amata e di come egli non sappia spiegarsi perché abbia dovuto interrompere la loro relazione ma che, dall’istante in cui si è separato da lei, la sua vita non ha avuto più alcun senso; nel romanzo, invece, ella viene a sapere della morte dell’uomo amato in una conversazione tra il medico e Madame de Volanges, la quale si trova al suo capezzale, subendo così il colpo finale che la porterà alla morte.
La tragica fine della Marchesa, che nel film è “limitata” alla distruzione totale della sua reputazione in società, nel romanzo assume toni più drammatici: si ammala di vaiolo, riesce a guarire, ma ne esce sfigurata, cosicché “la sua anima è ora dipinta sul suo volto” (particolare che mi fa balzare alla mente un altro grande capolavoro, “Il ritratto di Dorian Grey”), perde tutti i suoi beni nel processo cui ella fa riferimento in alcune lettere, e fugge in Olanda.
Ma, per tutto il resto, il film è fedelissimo al romanzo, ed alla fedeltà della riproduzione cinematografica hanno contribuito senz’altro l’abilità di un grande regista (Stephen Frears), la bravura di tre attori eccezionali, ed una ricostruzione dell’epoca in cui vengono narrati i fatti (XVIII secolo) praticamente perfetta.
Credo che “Le Relazioni pericolose” sia ormai divenuto il mio film preferito; così come il romanzo è uno dei miei favoriti in assoluto; i suoi personaggi difficilmente si riescono a dimenticare e, personalmente, mai dimenticherò soprattutto la figura del Visconte de Valmont, libertino sarcastico ed egocentrico, ma ben più umano della Marchesa, vittima forse quanto gli altri delle spietate macchinazioni di quest’ultima, consapevole di non poter vivere senza l’unica donna che egli abbia mai amato in tutta la sua vita.
Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino. Ma forse Valmont non si rende conto neanche lui di quanto fosse innamorato: difatti, ha sempre cura di sostenere il contrario, ogni qual volta la Marchesa gli rinfaccia che ne è pazzo, anche dopo la consegna della famosa lettera di rottura (che nel film diventa un tragico colloquio tra lui e la Presidentessa, di cui è emblema la significativa frase “Trascende ogni mio controllo”).
Forse, nel film possiamo notare una Marchesa più “umana” rispetto al romanzo, una donna che, oltre ad essere capace di ordire intrighi infami solo per il gusto di nuocere alle sue vittime, è anche capace di debolezze e di sentimenti umani; più di una volta appare chiaro quanto ella sia attratta da Valmont, anzi, in una frase lo esprime chiaramente: “Io vi volevo ancor prima di conoscervi. Lo esigeva la mia presunzione. Poi quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire. La sola volta che mi sono sentita dominata dal mio desiderio... in una singolar tenzone.”; come dimenticare, poi, la scena di costernante disperazione che ci offre una magistrale Glenn Close (la quale ammiriamo per tutto il tempo in una delle sue interpretazioni cinematografiche meglio riuscite), quando la machiavellica Marchesa viene a sapere della morte del Visconte.
La scena più struggente è senz’altro quella del duello e della conseguente morte di Valmont: qui notiamo un’ulteriore differenza, rispetto all’opera di De Laclos: in quest’ultima non sono riportati i particolari del duello, ma nel lungometraggio notiamo chiaramente come Valmont, sopraffatto dai rimorsi per aver lasciato Madame de Tourvel (la quale, nel frattempo, sta morendo per lui) si lascia letteralmente uccidere da Danceny, al quale consegna prima di spirare la corrispondenza che in quei mesi aveva avuto luogo tra lui e la Merteuil, corrispondenza che condanna definitivamente la Marchesa, smascherando i suoi perfidi intrighi dei quali ne erano divenuti vittima Cècile, Danceny, M.me de Tourvel, e lo stesso Valmont.
Altra differenza: alla fine del film Valmont dice a Danceny di riferire alla Signora de Tourvel quanto egli l’abbia amata e di come egli non sappia spiegarsi perché abbia dovuto interrompere la loro relazione ma che, dall’istante in cui si è separato da lei, la sua vita non ha avuto più alcun senso; nel romanzo, invece, ella viene a sapere della morte dell’uomo amato in una conversazione tra il medico e Madame de Volanges, la quale si trova al suo capezzale, subendo così il colpo finale che la porterà alla morte.
La tragica fine della Marchesa, che nel film è “limitata” alla distruzione totale della sua reputazione in società, nel romanzo assume toni più drammatici: si ammala di vaiolo, riesce a guarire, ma ne esce sfigurata, cosicché “la sua anima è ora dipinta sul suo volto” (particolare che mi fa balzare alla mente un altro grande capolavoro, “Il ritratto di Dorian Grey”), perde tutti i suoi beni nel processo cui ella fa riferimento in alcune lettere, e fugge in Olanda.
Ma, per tutto il resto, il film è fedelissimo al romanzo, ed alla fedeltà della riproduzione cinematografica hanno contribuito senz’altro l’abilità di un grande regista (Stephen Frears), la bravura di tre attori eccezionali, ed una ricostruzione dell’epoca in cui vengono narrati i fatti (XVIII secolo) praticamente perfetta.
Credo che “Le Relazioni pericolose” sia ormai divenuto il mio film preferito; così come il romanzo è uno dei miei favoriti in assoluto; i suoi personaggi difficilmente si riescono a dimenticare e, personalmente, mai dimenticherò soprattutto la figura del Visconte de Valmont, libertino sarcastico ed egocentrico, ma ben più umano della Marchesa, vittima forse quanto gli altri delle spietate macchinazioni di quest’ultima, consapevole di non poter vivere senza l’unica donna che egli abbia mai amato in tutta la sua vita.
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thomàs
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lunedì 8 agosto 2011
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viaggio al centro della psiche umana
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E' un fiume in piena, che trascina e spazza via qulunque forma di resistenza. Malkovich, la Pfeiffer e Glenn Close non sbagliano un colpo, interpeti perfetti di per stati d'animo e personalità incredibilmente delineati. i volti sono l'esatta faccia per l'esatto sentimento. La gelosia, la rabbia, l'innocenza, l'amore, l'imponderabile sono gestiti con maestria, nel loro processo di nascita, sviluppo, ingigantimento fino alla perdita di controllo degli stessi.
E' lapoteosi di cosa può fare la mancanza di controllo umana sul libero arbitrio, nucleo poratane della libertà.
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davo93
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martedì 4 ottobre 2011
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tematica moderna per un film "settecentesco"
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Vincere o morire. La filosofia di Madame de Merteuil e del Visconte di Valmont non lascia spazio a indecisioni, non lascia spazio a pietà. Vendetta e passione, gli istinti che dominano. Spietati e cinici, il nobile e la ricca vedova si lanciano in un appassionante gioco di manipolazione che vede come vittime due ragazzini ingenui e innocenti. Il Visconte però non si accontenta di circuire la giovane Cecile, interpretata da un ottima seppur acerba e giovane Uma Thurman, ma punta a un traguardo più ambizioso, riuscire a raggirare Madame de Tourvel, che lo colpisce con il suo candore e la sua bellezza.
Il gioco di passione è spesso un’arma a doppio taglio che può ferire chiunque e in qualunque modo.
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Vincere o morire. La filosofia di Madame de Merteuil e del Visconte di Valmont non lascia spazio a indecisioni, non lascia spazio a pietà. Vendetta e passione, gli istinti che dominano. Spietati e cinici, il nobile e la ricca vedova si lanciano in un appassionante gioco di manipolazione che vede come vittime due ragazzini ingenui e innocenti. Il Visconte però non si accontenta di circuire la giovane Cecile, interpretata da un ottima seppur acerba e giovane Uma Thurman, ma punta a un traguardo più ambizioso, riuscire a raggirare Madame de Tourvel, che lo colpisce con il suo candore e la sua bellezza.
Il gioco di passione è spesso un’arma a doppio taglio che può ferire chiunque e in qualunque modo.
La voglia di vendetta e la perfetta conoscenza dell’animo umano di Madame de Merteuil rende il tutto ancor più complicato e “squisitamente” diabolico. I due scommettitori si renderanno conto però, al termine del film, di essersi innamorati dei loro stessi burattini lasciando spazio a un finale tragico e passionale.
L’interpretazione poco settecentesca di John Malkovich getta nell’impasto di un film quasi perfetto anche l’idea di una sensualità moderna. La battaglia dai sessi, dominata da potere e denaro, da puro piacere e cinica crudeltà, tema sempre in auge, rende il tutto molto più attuale.
Di grandissimo rilievo la scena della morte di Valmont, ma ancor più denso e teso è l’ultimo primo piano di Glenn Close in cui Stephen Frears con tocco magistrale mette tutta la disperazione di una donna che pur avendo vinto un gioco, una guerra fatta di vendette e raggiri, ha perso l’amore, anzi ha perso tutto e un’unica lacrima è il segno della rottura di quel mantello che con estrema cura aveva tessuto tutt’intorno.
A rendere la pellicola ancor più sublime è la ricostruzione della Francia del XVIII secolo, in cui costumi e scenografie esplicano e rendono al meglio lo sfarzo decadente della nobiltà francesce poco prima della rivoluzione.
L’interpretazione degli attori è magistrale e altissima caratura, a partire dalla crudele e machiavellica Madame de Merteuil, che Glenn Close interpreta con tutta se stessa, dando al personaggio spessore e raffinata crudeltà, per finire con uno strepitoso John Malkovich che riesce con le sue singolari espressioni a rendere quasi tangibile l’amore che pian piano, “trascendendo ogni suo controllo” si innalza tra il suo personaggio e quello di Michelle Pfeiffer.
Un film che va ben oltre il semplice erotismo, ben oltre la classica seduzione, un film che, privo di parti morte, non annoia mai e riesce con esemplare virtuosismo psicologico a tracciare profili da thriller. La cellulosa ha anche il merito di cominciare a dare risalto internazionale a un giovanissimo Keanu Reeves e un’altrettanto giovane Uma Thurman che si trovano affiancati a senatori della “pizza” come Malkovich, Close e Pfeiffer.
Ottimo esordio internazionale di Stephen Frears che presenta ai cinema di tutto il mondo un film da lode che non pecca sotto nessun aspetto.
“Quando una donna mira al cuore di un'altra raramente lo manca, e la ferita è invariabilmente fatale.”
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