Carpenter sceglie come tema filosofico di questo film il conflitto tra religione e scienza, tentando di mantenersi equidistante tra le due posizioni. La scelta di introdurre un dibattito così potente in un horror da un'ora e mezza mette in luce il grande problema della pellicola, ovvero i dialoghi arrampicati che i protagonisti sono costretti ad affrontare.
Il regista statunitense sembra consapevole del pericolo che si annida tra le pagine della sua sceneggiatura e decide di affidare ai due anziani del gruppo il ruolo dei saggi, lasciando loro il compito di sviscerare le tematiche della storia. Così mentre Pleasance e Wong si complicano la vita con improbabili teorie, il resto della truppa è disponibile a farsi scannare dall'entità liquida che rappresenta il cattivo del film.
Carpenter punta le sue carte migliori sulla tensione, abbassando il ritmo il più possibile e caricando l'atmosfera con una musica (composta dallo stesso regista) in grado di coinvolgere e sostenere le azioni sullo schermo. Il film cattura lo spettatore, lasciandogli come sfogo solo le brevissime sequenze in cui il mostro in qualche modo si manifesta.
E' una tecnica che ha i suoi rischi, ma il vecchio John non è nato ieri e sa benissimo dosare il mixer emotivo. Batte strade conosciute, rispolverando i classici assedianti e la fusione tra realtà e dimensione onirica. Il risultato è una pellicola che si lascia guardare e che mantiene una sua coerenza fino al finale aperto.
L'impressione, al termine della visione, è quella di aver assistito a un buon horror, costruito su basi abbastanza solide, seppur minato da una certa tendenza a voler caricare un po' troppo di argomenti la storia. Il tema dello scontro tra materialismo e spiritualità, il desiderio di fornire alla fisica quantistica una dose di esoterismo, il fatto che non sempre chi dice le cose dovrebbe farlo e una certa laboriosità nell'incedere dei dialoghi, sono fattori che penalizzano la riuscita generale di un lavoro che forse chiede un filo troppo a se stesso.
Inoltre la meccanica narrativa legata alle possessioni sembra essere utilizzata da Carpenter un po' come gli comoda, lasciando dietro di se il dubbio su come effettivamente il temibile liquido verde agisca. Ma non è un particolare che pregiudica particolarmente la visione, visto che comunque a importare davvero è la motivazione che spinge questo blob.
Al di la dei vari inciampi di sceneggiatura, comunque, grazie alla sua mano calda il regista americano porta a casa un'opera più che dignitosa, forse non la più riuscita della sua cartucciera, ma comunque godibile per tutta la sua durata.
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